La Scozia di Donizetti
Lucia firmata Vick torna all'Opera di Firenze
Recensione
classica
La “Lucia di Lammermoor” nata al vecchio Comunale nel 1996 con Zubin Mehta sul podio approda al nuovo Teatro dell'Opera, serbando intatto il fascino della messinscena firmata da Graham Vick (regìa efficacemente ripresa da Marina Bianchi), con le splendide scene e costumi di Paul Brown che evocano, inquadrandola in rigorose geometrie, la romantica ambientazione scozzese delle lande di erica in fiore e delle faide spietate tra clan. E stavolta, al posto della Lucia nobile e lunare di Mariella Devia, c'è la nuova star del belcanto, Jessica Pratt, che riscuote un autentico trionfo personale, motivato, ci sembra, su più piani: una ricerca del personaggio in una chiave tra ingenua e borderline, una perizia nelle agilità che è quella che sappiamo. Però, diremmo, con non marcata impronta e peso tragico, e qua e là con qualche sfumatura di leziosità. Ma è stato comunque, lo ripetiamo, un trionfo. Edgardo, Jean-François Borras, per una volta è proprio quello che deve essere, bella voce, accento vibrante, controllo tecnico e calibratura stilistica, e c'è un Enrico un po' troppo verdiano-verista ma sicuro e potente, Julian Kim. Bene anche il Raimondo di Riccardo Zanellato. Dal podio Fabrizio Maria Carminati non riusciva ad assicurare un risultato che andasse al di là di un Donizetti demodé, pre-verdiano, un po' fracassone e pressapochista, ma stavolta le colpe sono equamente da spartire con l'orchestra che suonava in modo poco elegante (con l'eccezione del bell'assolo d'arpa: Susanna Bertuccioli), come a vendicarsi dell'assenza di Zubin Mehta. E in effetti, e oramai da parecchio tempo, il podio resta la questione aperta nella gestione di questo teatro. Successo comunque ottimo e repliche con questo e altro cast fino al 30 settembre.
Note: Foto Pietro Paolini/Terra Project/Contrasto
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