Il triplete di Martina Franca
Al Festival della Valle d'Itria: Beatrice di Tenda, Le joueur e Xerse
La serenità di Beatrice davanti al patibolo, l’ossessione di Alexis, il dolore di Xerse innamorato: sono questi i momenti che mi rimarranno impressi nella memoria dopo aver assistito a tre opere alla quarantottesima edizione del Festival della Valle d’Itria di Martina Franca.
Beatrice di Tenda di Bellini non gode di una forte drammaturgia e quindi la versione in forma da concerto non le nuoce: un plauso speciale va al coraggio e alla tempra di Michele Spotti chiamato solo tre giorni prima della prima a sostituire l’indisposto Fabio Luisi. Spotti è attento a ogni particolare, a ogni pianissimo, a ogni variazione dinamica e l’Orchestra del Teatro Petruzzelli di Bari gli risponde con un’ ottima prova. Giuliana Gianfaldoni disegna una Beatrice mai debole, mai doma e il suo finale è una grandissima prova di interprete, più opache le prove di Theresa Kronthaler (Agnese) e Celso Albelo (Orombello).
Lo spettacolo perfetto è Le joueur di Prokofiev ovvero Il giocatore presentato nella versione francese con la quale debuttò nel 1929 a Bruxelles. I costumi di Leila Fteita si rifanno all’avanguardia di Malevich: abiti bianchi e colorati, le maschere, gli schienali delle sedie con le sagome umane senza volto e il regista David Pountney estremizza la nevrosi ludopatica di ogni personaggio trasformandolo in una sorta di burattino che si muove meccanicamente. La scena, con un grande specchio come soffitto che serve a duplicare l'azione, riprende i numeri della roulette e il divano centrale sembra proprio il centro della roulette, azzeccatissime le luci di Alessandro Carletti, livide e scure per la stanza di Alexis, verdi e sfacciate per il Casino di Roulettenburg. L'ansia di vincere domina tutti, non c'è spazio per altro, non c'è spazio nemmeno per sperare in un futuro lontano, insieme, per Aleksej e Pauline perchè il loro è un amore (un amore?) malato. E il cinismo ha la meglio su qualsiasi sentimento: il generale spera solo di ricevere la notizia della morte della nonnetta e invece lei appare, sanissima, in sieda a rotelle e sperpera tutto. Lei, la Baboulenka, è una bravissima Silvia Beltrami, ma ogni personaggio è perfettamente scolpito nel proprio ruolo anche il più semplice giocatore che dice solo una battuta. Superano brillantemente la prova la Pauline di Martina Tampakopoulos (una voce da riascoltare) e l'Alexis di Sergej Radchenko (capace di passare con disinvoltura dalla passione amorosa alla passione per il gioco). Jan Latham- Koenig è perfettamente a suo agio nella spigolosa partitura di Prokofiev assecondato dall'Orchestra del Teatro Petruzzelli di Bari in ottima forma.
Difficile mettere in scena la complicatissima trama del Xerse di Cavalli: si parte dal re innamorato di un platano (è Xerse a cantare "Ombra mai fu" che verrà poi ripresa da Haendel) e si arriva al lieto fine con due matrimoni, così Leo Muscato sceglie la strada della commedia dell'arte con momenti irresistibili come "Chi voler fiora di bella giardina" intonata da Elviro al toccante duetto d'amore tra Arsamene e Romilda tra le lampade accese. Ma la scelta di sottolineare gli "a parte" con un battito di mani e lo stop dell'azione alla lunga nuoce alla musica e allo spettacolo. Sul podio dell'Orchestra Barocca Modo Antiquo c'è uno specialista come Federico Maria Sardelli (la partitura è stata molto tagliata), il controtenore Carlo Vistoli declina in maniera toccante la sua aria finale "Lasciatemi morir, stelle spietate", dimostrando che quel gaglioffo di un re ha anche un cuore che soffre e nel folto cast va sottolineata l'ottima prova di Gaia Petrone perfetto Arsamene innamorato e combattivo.
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