Il primo “Faust” in musica in scena a Essen

Fausto (Foto Forster)
Fausto (Foto Forster)
Recensione
classica
Essen, Aalto Musiktheater
Fausto
27 Gennaio 2024 - 11 Giugno 2024

Il primo di una relativamente lunga serie di Faust in musica si deve a una donna: Louise Angélique Bertin. A rendere giustizia a uno dei primati meno riconosciuti nella storia dell’opera è stato, tanto per cambiare, il Palazzetto Bru Zane, che ha presentato l’opera di Louise Bertin nell’ambito del proprio festival parigino nello scorso giugno con Les Talents Lyriques e Christoph Rousset alla direzione e distribuito la registrazione in CD qualche mese fa. La palma della prima versione scenica a poco meno di duecento anni dalla prima spetta però all’Aalto Musiktheater di Essen, grazie a una coproduzione con lo stesso Palazzetto Bru Zane, incrollabilmente fedele al proprio mandato di recupero di composizioni ascrivibili al periodo romantico francese.

Nata nel 1805 non lontano da Parigi, a Bièvres, figlia di un giornalista e di una pianista, cresce in un ambiente ricco di stimoli artistici e letterari. Si forma alla musica con François-Joseph Fétis, che le insegna l’arte del canto e lo stile italiano e con Antoine Reicha, suo maestro di contrappunto, che vanta fra i suoi allievi Liszt e Berlioz. Faust, cioè Fausto per la precisione, è la sua terza opera, dopo Guy Mannering e Le loup-garou, e non godette di particolare fortuna nonostante un certo apprezzamento da parte della critica. Inizialmente annunciata nel 1830 al Théâtre des Italiens di Parigi (il che spiega la scelta di far tradurre il libretto in italiano da Luigi Balocchi), con la presenza del contralto Benedetta Rosmunda Pisaroni nel ruolo di Faust et di María Malibrán in quello di Margarita, l’opera viene annullata e rinviata alla stagione successiva con la rinuncia della Malibrán e la significativa trasformazione del protagonista in tenore. Il 7 febbraio 1831 si tiene la prima ma dopo sole tre recite l’opera scompare dal cartellone del teatro e definitivamente cancellata dalla memoria dopo il successo della più celebrata La Esmeralda su libretto di Victor Hugo tratto dal suo romanzo Notre-Dame de Paris composta per l’Opéra cinque anni dopo.

Non è inappropriato il paragone con Mozart che fecero molti critici dell’epoca (un’antologia si trova nel prezioso Mediabase del Palazzetto Bru Zane): già dall’ouverture sono evidenti i richiami al Don Giovanni, l’opera più sulfurea di Mozart, ma più in generale è la natura “semiseria” (dichiarata dalla compositrice) che la rende una sorellina naturale del più celebre “dramma giocoso” nella storia dell’opera. In questo Fausto è soprattutto il diavolo a somigliare e non poco a Leporello, anche se qui manca la grandezza della sua controparte, poiché qui Faust non è che un burattino nelle sue mani. Ciò detto la vicenda organizzata in quattro atti (“La tentazione”, “La felicità”, “Il misfatto” e “La pena”) segue piuttosto fedelmente quella della prima parte della tragedia di Goethe con l’aggiunta di cori infernali già alla fine del primo atto e nel concitato e frettoloso finale con il perdono della suicida Margarita e la dannazione eterna di Faust (con un qualche sospetto di rivalsa femminista da parte della compositrice).

Se la recente versione parigina registrata nel CD presenta la versione con l’eroe eponimo “en travesti” (la formidabile Karine Deshayes), nella versione di Essen si torna al Faust affidato a un tenore, un non memorabile Mirko Roschkowski, che se la cava a fatica con le asperità di un ruolo scritto per le doti non comuni di Domenico Donzelli. Molto meglio il resto del cast, a cominciare da Jessica Muirhead che di Margarita invece mette bene risalto i virtuosismi belcantistici ma senza sacrificare lo spessore tragica del ruolo, l’unico nell’opera. Decisamente spinto sul versante buffo, invece Almas Svilpa, Mefistofele sardonico che sembra il primo a non prendersi troppo sul serio come cattivo della situazione. Quanto al resto della snella locandina, George Vîrbanstrappa meritatamente l’applauso nell’unica scena riservata a Valentino, eliminato rapidamente da Faust con il fondamentale contributo del demonio, Baurzhan Anderzhanov è un Wagner di servizio, come Nataliia Kukhar, Catarina, e Natalija Radosavljevic, la strega nel finale del primo atto e Marta, sono poco più che funzionali. Notevole è, al contrario, la prova del Coro dell’Aalto Musiktheater istruito da Klaas-Jan de Groot, fondamentale soprattutto a dare il giusto respiro drammatico dei grandiosi finali del primo atto e del quarto. La vivace direzione di Andreas Spering non lascia sempre spazio alle voci ma fa sicuramente apprezzare lo spessore sinfonico della scrittura di Louise Bertin (notevole, in particolare, la concitata ouverture), ben resa all’ascolto dalla brillante esecuzione degli Essener Philharmoniker.

Resta da dire dell’allestimento di Tatjana Gürbaca, con le scene di design contemporaneo di Marc Weeger e i costumi banalmente contemporanei di Silke Willrett, che, lontanissima da qualsiasi tentativo di restaurazione filologica, propone i consueti schematismi didascalici (qui siamo in un laboratorio di analisi) adatti al Fausto di Louise Bertin come al Mefistofele di Boito, salvo aggiustamenti del caso.

Pubblico non foltissimo nell’ultima delle numerose recite in cartellone (la produzione ha debuttato nello scorso gennaio) ma generoso di applausi per tutti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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