Il posto delle fragole che suonano
Time of Music II parte
Recensione
classica
Time of Music ha chiuso i battenti domenica, con una giornata dedicata ai giovani talenti: dal concerto conclusivo del corso di improvvisazione di George E. Lewis, ai concerti di Nikel, Looptail e Diotima, con le prime degli allievi di Birtwistle e Ferneyhough. Ultimo atto il mitico Drumming di Steve Reich, con gli studenti del corso di percussione di Steven Schick e due cantanti del Coro da Camera di Helsinki.
Giovedì siamo tornati nella chiesa sul lago, questa volta per ascoltare qualcosa di inatteso in un luogo del genere: la big band UMO, un´ottima formazione attiva a Helsinki da diversi anni. Nel 2001-02 UMO ha commissionato dei nuovi pezzi a dei compositori finlandesi, che abbiamo potuto riascoltare l´altra sera. Dei pezzi riecheggianti i classici per big band, tra i migliori Song di Perttu Haapanen e Style di Sampo Haapamäki. Nella seconda parte musiche di George Lewis, dall'arrangiamento jazz di December 4th, ai brani contemporanei Fractals e Triangle. Molto bello quest´ultimo, in cui il triangolo spicca sugli ottoni e si sposa col pianoforte in regione acuta, con un bellissimo solo in diminuendo alla fine.
La giornata si è conclusa con l´Ensemble Modern diretto da Franck Ollu. Notevole Cortege di Birtwistle: dalla collettività dei musicisti, disposti in semicerchio, degli individui si staccano e camminano verso il centro di volta in volta, dando origine a dei soli e a dei duetti particolari - violino e fagotto, tromba e flauto, e così via. Non per niente il sottotitolo è "a ceremony for 14 musicians". Il brano, del 2007, è dedicato alla memoria del primo direttore artistico della London Sinfonietta, Micheal Vyner, scomparso a soli 46 anni. Molto bello riss di Mark André: una musica sensibile, al confine col silenzio, un bel contrasto in una settimana dominata da musiche in movimento senza posa, dalla verve teatrale di Birtwistle alle inflessibili strutture di Ferneyhough: che hanno chiuso il concerto con Chronos-Aion, uno studio sul tempo, un confronto tra tempo orientato a un fine e tempo come flusso.
Una ventata di frescehzza è arrivata col nuovo ensemble olandese Looptail, con brani dalle sonorità originali: dalle bottiglie di birra usate come strumenti a fiato nel pezzo di Benjamin Scheuer, al pianoforte giocattolo di Yu Oda (direttore artistico dell´ensemble), solo per citare quelli più vistosi. Altra particolarità, un paio dei pezzi si riferivano alle arti visive, Appel, Mondrian e Rembrandt per Giuliano Bracci, Escher, van Gogh e Bosch per Noriko Koide. Tra i migliori quest´ultimo, ricco delle sonorità inconsuete a cui Koide ci ha abituati, con un che di ipnotico e di giocoso: nell´ultimo quadro, Il giardino delle delizie di Bosch, la percussionista addenta con voluttà un paio di fragole (e le è andata bene, viste le favolose fragole scandinave che si colgono proprio ora qui al nord). Belli anche i pezzi di Marina Poleukhina e di Oda: in Behind the scene pianoforte e strumento giocattolo si timbrano a vicenda, e le due musiciste fanno anche sentire la loro voce, in modo tutt´altro che scontato.
Altre voci hanno risuonato nella chiesa, dove si è tenuto il bel concerto del Coro da Camera di Helsinki (un altro bel respiro in un festival con molta musica strumentale): accanto a Ommel (Punto di sutura) di Lotta Wennäkoski, Omakuva (Autoritratto), il nuovo brano di Heinz-Juhani Hofmann, una delle rare commissioni del festival: brano che ha creato una certa attesa, visto che si sapeva che il testo, del compositore stesso, sarebbe stato in gran parte letto e non cantato. Non è la prima volta che Hoffmann, finlandese di origine tedesca, scrive qualcosa di autobiografico, anni fa aveva scritto un pezzo impressionante, per voce e violoncello (un solo esecutore), sul momento della morte del padre. Per otto voci, è un brano diaristico, che parte da stralci di email tra l´autore e il committente, per passare poi a questioni più profonde, che cosa significa confontarsi col padre, se è possibile o meno diventare un uomo adulto, di che cosa ha bisogno un bambino (e qui appaiono ricordi d'infanzia non proprio rosei), che padre diventare (non volendo essere il padre umiliante della propria storia etc.). Musicalmente la scelta è radicale, le voci parlano senza posa, con crescendi e accelerandi, il senso, che per il compositore è comunque al centro dell´attenzione, appare qua e là, raramente sottolineato da brevissime frasi musicali. Purtroppo la lingua, pur interessante nella sua essenza ritmica, rimane incomprensibile per i più. Last but not least, è stato particolare riascoltare Stelae for Failed Time in uno spazio come quello della chiesa di Viitasaari: brano conclusivo dell´opera di Ferneyhough sulla vita di Benjamin, Stelae impegna coro e elettronica in un gioco di rimandi tra canto e voce parlata, con un sapiente uso della spazializzazione. Ancora un contrasto vincente tra musica e architettura, dalla sala a struttura modificabile dell´Ircam a una struttura in legno di fine ´800, al centro di un´isola in un grande lago. Molto bella l´interpretazione del coro finlandese, diretto da Nils Schweckendiek.
In tarda serata (come fosse pomeriggio nella luce dell´estate nordica), ancora una voce con Pulse Shadow, uno dei momenti più intensi del festival: meditazione per soprano e due gruppi strumentali, che Birtwistle ha scritto nel ´96, su testi di Paul Celan. La voce, della bravissima Tony Arnold, è accompagnata da due clarinetti, viola, violoncello e contrabbasso (dall´ensemble finlandese Uusinta). Ma la particolarità del brano è l´alternanza tra poesie e meditazioni (che l' autore chiama Fantasie o Friezes), introduzioni e commenti al testo, affidati al quartetto d´archi: e qui il Quatuor Diotima dà il meglio di sé, per sensibilità dell´interpretazione, gioco di attese e liberazioni di energie, musica da camera al suo più alto livello.
Quartetto che riascoltiamo il giorno seguente, nella suggestiva Cappella, piccola struttura di legno su un´altra sponda del Keitele, il lago di Viitasaari. In un concerto dedicato a Ferneyhough e al pianoforte di Nicolas Hodges. In Opus Contra Naturam (2000) Hodge sfoggia il suo virtuosismo, in un pezzo che richiede al pianista di parlare e suonare allo stesso tempo, in una sezione persino sillaba contro nota, con ritmi (in)naturalmente più che complessi. Il testo, in parte del compositore, riflette sulla realtà, la natura del tempo e altri quesiti filosofici. I Diotima hanno reinterpretato il Secondo Quartetto: è stato molto bello riascoltarlo, un´ottima idea di Tallgren, far riascoltare un brano ricco e complesso dando al pubblico una seconda chance di seguirlo. E con un´interpretazione chiara e fluida, che lo ha fatto risaltare in tutte le sue angolazioni. Infine il recente Schatten aus Wasser und Stein , per oboe in quarti di tono e quartetto d´archi: interessante il punto di partenza, il nuovo strumento costruito per l´oboista Christopher Redgate; peccato che la scrittura, cellulare e costantemente in rapido movimento, non ne metta in risalto le caratteristiche timbriche.
Notevole l´ultimo concerto dell´Ensemble Modern, con For O, for O, the Hobby-Horse is Forgot , di Birtwistle: cerimonia per sei percussionisti, è un brano energetico e ipnotico, in cui i sei musicisti, disposti nello spazio a coppie di due (due coppie una di fronte all´altra, più una posta lateralmente), si confrontano, sia suonando sia eseguendo gesti ritmici nello spazio (ad esempio l´uno mimando il gesto di quello che l´altro sta suonando). E sono sei grancasse, sei set di temple-blocks, sei set di campanacci etc. Un ritorno ai fondamentali della musica, rituale e tellurico. Originale anche fix, il nuovo brano di Lauri Supponen, altra commisssione del festival: il giovane finlandese, interessato alla musica sperimentale e a tutto ciò che ci può essere di anticonvenzionale, ha scritto un brano interessante, ricco di idee timbriche e abbinamenti inconsueti. Nonostante il materiale completamente altro, c´è qualcosa alla Satie nel suo porsi contro con leggerezza e ironia, e la libertà della forma ne è un altro indizio. Non per niente Supponen è cresciuto in Belgio da una famiglia finlandese poi rientrata a Helsinki.
Theseus Game di Birtwistle dà infine modo al grande Ensemble Modern, affiancato dai suoi più promettenti giovani allievi, nonché ai due direttori (Ollu e Schick) di fare sfoggio del loro virtuosimo: ritroviamo il gioco di soli e tutti di Cortege, questa volta su grande scala; sempre interessante il gioco nello spazio (per inciso una grande palestra con un´ottima acustica), peccato che rimanga però un gioco un po´ fine a se stesso.
Così si è concluso anche quest´anno l´appuntamento annuale con la nuova musica nella Finlandia centrale. Un altro punto segnato dal festival, che quest´anno ha avuto il prestigioso riconoscimento europeo EFFE (Europe for Festivals, Festivals for Europe); e dal pubblico (oltre 1700 spettatori) e dagli ospiti stranieri, isolati dal mondo per una settimana, in un posto praticamente senza ristoranti, dagli scenari suggestivi ma ahimé pieni di zanzare. Un piccolo corso di sopravvivenza che vale però sempre la pena.
Giovedì siamo tornati nella chiesa sul lago, questa volta per ascoltare qualcosa di inatteso in un luogo del genere: la big band UMO, un´ottima formazione attiva a Helsinki da diversi anni. Nel 2001-02 UMO ha commissionato dei nuovi pezzi a dei compositori finlandesi, che abbiamo potuto riascoltare l´altra sera. Dei pezzi riecheggianti i classici per big band, tra i migliori Song di Perttu Haapanen e Style di Sampo Haapamäki. Nella seconda parte musiche di George Lewis, dall'arrangiamento jazz di December 4th, ai brani contemporanei Fractals e Triangle. Molto bello quest´ultimo, in cui il triangolo spicca sugli ottoni e si sposa col pianoforte in regione acuta, con un bellissimo solo in diminuendo alla fine.
La giornata si è conclusa con l´Ensemble Modern diretto da Franck Ollu. Notevole Cortege di Birtwistle: dalla collettività dei musicisti, disposti in semicerchio, degli individui si staccano e camminano verso il centro di volta in volta, dando origine a dei soli e a dei duetti particolari - violino e fagotto, tromba e flauto, e così via. Non per niente il sottotitolo è "a ceremony for 14 musicians". Il brano, del 2007, è dedicato alla memoria del primo direttore artistico della London Sinfonietta, Micheal Vyner, scomparso a soli 46 anni. Molto bello riss di Mark André: una musica sensibile, al confine col silenzio, un bel contrasto in una settimana dominata da musiche in movimento senza posa, dalla verve teatrale di Birtwistle alle inflessibili strutture di Ferneyhough: che hanno chiuso il concerto con Chronos-Aion, uno studio sul tempo, un confronto tra tempo orientato a un fine e tempo come flusso.
Una ventata di frescehzza è arrivata col nuovo ensemble olandese Looptail, con brani dalle sonorità originali: dalle bottiglie di birra usate come strumenti a fiato nel pezzo di Benjamin Scheuer, al pianoforte giocattolo di Yu Oda (direttore artistico dell´ensemble), solo per citare quelli più vistosi. Altra particolarità, un paio dei pezzi si riferivano alle arti visive, Appel, Mondrian e Rembrandt per Giuliano Bracci, Escher, van Gogh e Bosch per Noriko Koide. Tra i migliori quest´ultimo, ricco delle sonorità inconsuete a cui Koide ci ha abituati, con un che di ipnotico e di giocoso: nell´ultimo quadro, Il giardino delle delizie di Bosch, la percussionista addenta con voluttà un paio di fragole (e le è andata bene, viste le favolose fragole scandinave che si colgono proprio ora qui al nord). Belli anche i pezzi di Marina Poleukhina e di Oda: in Behind the scene pianoforte e strumento giocattolo si timbrano a vicenda, e le due musiciste fanno anche sentire la loro voce, in modo tutt´altro che scontato.
Altre voci hanno risuonato nella chiesa, dove si è tenuto il bel concerto del Coro da Camera di Helsinki (un altro bel respiro in un festival con molta musica strumentale): accanto a Ommel (Punto di sutura) di Lotta Wennäkoski, Omakuva (Autoritratto), il nuovo brano di Heinz-Juhani Hofmann, una delle rare commissioni del festival: brano che ha creato una certa attesa, visto che si sapeva che il testo, del compositore stesso, sarebbe stato in gran parte letto e non cantato. Non è la prima volta che Hoffmann, finlandese di origine tedesca, scrive qualcosa di autobiografico, anni fa aveva scritto un pezzo impressionante, per voce e violoncello (un solo esecutore), sul momento della morte del padre. Per otto voci, è un brano diaristico, che parte da stralci di email tra l´autore e il committente, per passare poi a questioni più profonde, che cosa significa confontarsi col padre, se è possibile o meno diventare un uomo adulto, di che cosa ha bisogno un bambino (e qui appaiono ricordi d'infanzia non proprio rosei), che padre diventare (non volendo essere il padre umiliante della propria storia etc.). Musicalmente la scelta è radicale, le voci parlano senza posa, con crescendi e accelerandi, il senso, che per il compositore è comunque al centro dell´attenzione, appare qua e là, raramente sottolineato da brevissime frasi musicali. Purtroppo la lingua, pur interessante nella sua essenza ritmica, rimane incomprensibile per i più. Last but not least, è stato particolare riascoltare Stelae for Failed Time in uno spazio come quello della chiesa di Viitasaari: brano conclusivo dell´opera di Ferneyhough sulla vita di Benjamin, Stelae impegna coro e elettronica in un gioco di rimandi tra canto e voce parlata, con un sapiente uso della spazializzazione. Ancora un contrasto vincente tra musica e architettura, dalla sala a struttura modificabile dell´Ircam a una struttura in legno di fine ´800, al centro di un´isola in un grande lago. Molto bella l´interpretazione del coro finlandese, diretto da Nils Schweckendiek.
In tarda serata (come fosse pomeriggio nella luce dell´estate nordica), ancora una voce con Pulse Shadow, uno dei momenti più intensi del festival: meditazione per soprano e due gruppi strumentali, che Birtwistle ha scritto nel ´96, su testi di Paul Celan. La voce, della bravissima Tony Arnold, è accompagnata da due clarinetti, viola, violoncello e contrabbasso (dall´ensemble finlandese Uusinta). Ma la particolarità del brano è l´alternanza tra poesie e meditazioni (che l' autore chiama Fantasie o Friezes), introduzioni e commenti al testo, affidati al quartetto d´archi: e qui il Quatuor Diotima dà il meglio di sé, per sensibilità dell´interpretazione, gioco di attese e liberazioni di energie, musica da camera al suo più alto livello.
Quartetto che riascoltiamo il giorno seguente, nella suggestiva Cappella, piccola struttura di legno su un´altra sponda del Keitele, il lago di Viitasaari. In un concerto dedicato a Ferneyhough e al pianoforte di Nicolas Hodges. In Opus Contra Naturam (2000) Hodge sfoggia il suo virtuosismo, in un pezzo che richiede al pianista di parlare e suonare allo stesso tempo, in una sezione persino sillaba contro nota, con ritmi (in)naturalmente più che complessi. Il testo, in parte del compositore, riflette sulla realtà, la natura del tempo e altri quesiti filosofici. I Diotima hanno reinterpretato il Secondo Quartetto: è stato molto bello riascoltarlo, un´ottima idea di Tallgren, far riascoltare un brano ricco e complesso dando al pubblico una seconda chance di seguirlo. E con un´interpretazione chiara e fluida, che lo ha fatto risaltare in tutte le sue angolazioni. Infine il recente Schatten aus Wasser und Stein , per oboe in quarti di tono e quartetto d´archi: interessante il punto di partenza, il nuovo strumento costruito per l´oboista Christopher Redgate; peccato che la scrittura, cellulare e costantemente in rapido movimento, non ne metta in risalto le caratteristiche timbriche.
Notevole l´ultimo concerto dell´Ensemble Modern, con For O, for O, the Hobby-Horse is Forgot , di Birtwistle: cerimonia per sei percussionisti, è un brano energetico e ipnotico, in cui i sei musicisti, disposti nello spazio a coppie di due (due coppie una di fronte all´altra, più una posta lateralmente), si confrontano, sia suonando sia eseguendo gesti ritmici nello spazio (ad esempio l´uno mimando il gesto di quello che l´altro sta suonando). E sono sei grancasse, sei set di temple-blocks, sei set di campanacci etc. Un ritorno ai fondamentali della musica, rituale e tellurico. Originale anche fix, il nuovo brano di Lauri Supponen, altra commisssione del festival: il giovane finlandese, interessato alla musica sperimentale e a tutto ciò che ci può essere di anticonvenzionale, ha scritto un brano interessante, ricco di idee timbriche e abbinamenti inconsueti. Nonostante il materiale completamente altro, c´è qualcosa alla Satie nel suo porsi contro con leggerezza e ironia, e la libertà della forma ne è un altro indizio. Non per niente Supponen è cresciuto in Belgio da una famiglia finlandese poi rientrata a Helsinki.
Theseus Game di Birtwistle dà infine modo al grande Ensemble Modern, affiancato dai suoi più promettenti giovani allievi, nonché ai due direttori (Ollu e Schick) di fare sfoggio del loro virtuosimo: ritroviamo il gioco di soli e tutti di Cortege, questa volta su grande scala; sempre interessante il gioco nello spazio (per inciso una grande palestra con un´ottima acustica), peccato che rimanga però un gioco un po´ fine a se stesso.
Così si è concluso anche quest´anno l´appuntamento annuale con la nuova musica nella Finlandia centrale. Un altro punto segnato dal festival, che quest´anno ha avuto il prestigioso riconoscimento europeo EFFE (Europe for Festivals, Festivals for Europe); e dal pubblico (oltre 1700 spettatori) e dagli ospiti stranieri, isolati dal mondo per una settimana, in un posto praticamente senza ristoranti, dagli scenari suggestivi ma ahimé pieni di zanzare. Un piccolo corso di sopravvivenza che vale però sempre la pena.
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