Il metronomo di Chailly
Scala: prosegue il viaggio beethoveniano

Prosegue il percorso beethoveniano di Chailly sul podio della Filarmonica della Scala, nell'ambito della stagione sinfonica del teatro. A inaugurare la serata dedicata all'Ottava e alla Quinta sinfonia è stata l'ouverture delle musiche di scena per Egmont, per la quale il direttore ha modellato sonorità brunite su un maestoso e aulico respiro. Di seguito ha applicato, come già aveva sperimentato a Lipsia, il metronomo originario di Beethoven all'Ottava che ha imposto tempi molto veloci. Tale diktat ha però finito per raggelare l'esecuzione, privilegiando una sorta di arida meccanicità e livellando i fraseggi. A farne le spese sono stati soprattutto gli strumenti bassi, dal fagotto, ai violoncelli ai contrabbassi; le voci di questi archi spesso non arrivavano in sala oppure arrivavano con affanno nel seguire i gesti dal podio. Per fortuna la Quinta non ha sofferto di questa impostazione, forse perché la prassi esecutiva consolidata ha in qualche modo fissato tempi non troppo discosti da quelli indicati dal compositore. L'esecuzione è insomma risultata più che convincente, tanti i momenti da ricordare, uno per tutti il lento crescendo dopo il pizzicato degli archi nel terzo movimento e l'esplosione del pieno d'orchestra dove ogni sezione è riuscita a conservare contorni netti.
A fine concerto applausi per Chailly e la Filarmonica, calorosissimi e insistiti.
Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche
La Fondazione Haydn propone un nuovo allestimento di “Satyricon” di Bruno Maderna a Bolzano e Trento
Roberto Abbado dirige a Roma una bella edizione dell’opera di Donizetti