Il debutto di Luisi con l'Osn Rai
Torino: la prima volta di Luisi con l'Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai
Quattro repliche (prima Torino, poi Piacenza, di nuovo Torino, infine Brescia) per questo concerto, che segnava indubbiamente un apice della corrente stagione dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, anche perché vedeva il debutto in loco di Fabio Luisi, che tra l’altro è l’unico (!) direttore italiano presente nei concerti in abbonamento. Il programma era imperniato su due poemi sinfonici di Richard Strauss, Don Juan ed Ein Heldenleben, brani di vero virtuosismo orchestrale, severi banchi di prova per direttore e orchestra.
Luisi è stato il direttore musicale della Staatskapelle di Dresda, che ha una antica e ben custodita tradizione straussiana, e questo era di per sé una garanzia. Infatti ha dimostrato una padronanza totale di queste complesse partiture, fin dall’attacco, che in entrambe è un temibile banco di prova, perché esige dall’orchestra un’impressionante potenza sonora da sollevatore di pesi e insieme uno scatto bruciante da saltatore in alto: dall’unione di questi due elementi deriva l’impatto indimenticabile di questi due incipit, che magnetizzano da subito l’attenzione degli ascoltatori. L’orchestra si è rivelata in forma smagliante, gettandosi con totale sicurezza nei gorghi della musica di Strauss, che continuamente si solleva in ondate travolgenti che richiedono la perfetta compattezza del tutti orchestrale e subito dopo ripiega in momenti di delicato lirismo, in cui si inseriscono spesso dei soli, talvolta brevi, talvolta ampi, ma sempre di grande difficoltà. Nei tutti l’orchestra ha dimostrato la compattezza e la potenza che fino a qualche anno fa noi italiani invidiavamo alle compagini tedesche ma che ora anche le nostre migliori orchestre sinfoniche hanno fatto proprie, come hanno dimostrato la lucente potenza degli ottoni e la poderosa e cupa massa degli archi gravi. Quanto ai soli, sono stati perfetti, con in più la cantabilità e il calore, la sensualità e la bellezza del suono, che sono da sempre qualità dei migliori strumentisti italiani. Citiamo almeno il violino Roberto Ranfaldi, che in Vita d’eroe ha un ruolo da vero solista, l’oboe di Francesco Pomarico e il flauto di Marco Jorino. Che, tra non so quante migliaia di note, un paio non siano state perfette rientra negli incidenti che possono capitare a tutti e che non contano molto.
Tra i due poderosi Strauss stava il Concerto K 466 di Mozart con Alexander Melnikov come solista. Tutta l’attenzione del pianista russo andava alla pulizia e alla limpidezza del suono, che erano effettivamente perfette, ma il risultato era un’interpretazione asettica del classicismo mozartiano, perché venivano accuratamente levigati gli imprevedibili scarti formali e le emergenze drammatiche, che sono particolarmente forti proprio in questo Concerto nella tormentata e cupa tonalità di re minore e che non possono essere elusi. Il successo, molto caloroso per Luisi, non è comunque mancato nemmeno a Melnikov.
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