I Brandeburghesi inaugurano la stagione cameristica di Santa Cecilia
Dalla Freiburger Barockorchester un’esecuzione di buon livello tecnico ma piuttosto meccanica e uniforme
Inaugurazione della stagione cameristica dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia con i sei Concerti Brandeburghesi di J. S. Bach nella Sala Sinopoli del Parco della Musica, i cui milleduecento posti erano tutti occupati, tranne qualche sporadica poltrona rimasta vuota. Un bell’inizio, che consacra il ritorno del pubblico, anche oltre i livelli ante Covid19, e un suo ringiovanimento generale riconoscibile ad occhio.
Sul palco stava la Freiburger Barockorchester, un complesso di primo piano nell’ambito della musica barocca, che ha trent’anni di storia alle spalle ed è formato da musicisti prevalentemente tedeschi ma anche italiani, spagnoli, francesi, britannici, olandesi ecc. Lo dirigono alternativamente i due primi violini Cecilia Bernardini e Gottfried von der Goltz, per rispettare la filologia, perché un tempo il direttore d’orchestra non esisteva ed era il Konzertmeister a dare alle piccole orchestre del periodo barocco le indicazioni necessarie per andare insieme. Andare tutti insieme a tempo non è certamente un problema per la Freiburger Barockorchester, tranne in rari momenti leggermente confusi, per esempio all’inizio del primo Brandeburghese. Il vero problema è che l’esecuzione era precisa ma piatta e monotona.
I due Konzertmeister solo raramente si sono rivolti all’orchestra e, quando lo hanno fatto, si direbbe che fosse più ad uso del pubblico che dell’orchestra stessa. Tutta l’esecuzione risentiva pesantemente della mancanza di qualcuno che dosasse i rapporti e le dinamiche tra i vari strumenti e di conseguenza gli intrecci contrappuntistici che ne nascono. E che imprimesse tempi meno metronomici, perché i movimenti veloci (nei movimenti lenti questa metronomicità infastidiva meno) scorrevano dall’inizio alla fine senza un rallentando o un respiro, come un implacabile ingranaggio meccanico. E questo non è assolutamente filologico. Paradossalmente sarebbe stato più filologico un direttore sul podio che desse vita a quest’esecuzione così meccanica, per evitare che ognuno guardasse il proprio spartito, limitandosi ad andare a tempo e senza integrarsi in un discorso concorde e armonioso con gli altri. In fin dei conti non tutte le invenzioni moderne sono da rigettare e in certi casi l’antifilologico direttore d’orchestra potrebbe aiutare!
Non sono però mancati alcuni movimenti di perfetta bellezza, non per caso tutti in tempo lento ed affidati ad un colloquio cameristico tra tre o quattro solisti che sapevano come autoregolarsi: pensiamo all’Adagio del primo concerto, all’Andante del secondo, all’Affettuoso del quinto.
In definitiva la Freiburger Barockorchester è indiscutibilmente un’orchestra di alto livello (le difficoltà dei due corni da caccia sono organiche a questo strumento e non vanno drammatizzate) ma ha reso uniformi e monotoni i sei Concerti Brandeburghesi, che, nonostante siano nei tipici tre movimenti veloce-lento-veloce con appena un paio di varianti, sono diversissimi tra loro per il numero e il tipo dei solisti, per l’organico orchestrale e quindi per il colore e soprattutto per il colloquio che si stabilisce tra le linee dei vari strumenti. il pubblico non è stato dello stesso avviso – d’altronde questi capolavori di Bach risplendono sempre e comunque – ed ha applaudito calorosamente gli ospiti arrivati dalla Germania.
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