Gli incubi contemporanei di Menotti
The Telephone e The Medium in scena a Modena con gli allievi di Raina Kabaivanska
Sono due facce della stessa deformata e deformante medaglia rappresentata dalla società contemporanea quelle messe in scena, grazie al nuovo allestimento dei due titoli The Telephone e The Medium di Gian Carlo Menotti – opera comica la prima, tragedia la seconda – proposte nell’ambito della stagione d’opera del Teatro comunale Luciano Pavarotti di Modena.
Presentati originariamente a New York tra il 1946 e l’anno successivo, questi due brevi esempi di teatro musicale novecentesco hanno rinnovato anche in questa occasione quell’alchimia scaturita da un lato dalla cifra musicale estremamente comunicativa nell’essere ancorata a un linguaggio saldamente tonale e, dall’altro, da quello sguardo ironico e criticamente inquietante che emerge dalla dimensione drammaturgico-narrativa che sottende i due testi.
Quali protagonisti sulla scena abbiamo trovato gli allievi della masterclass in “Tecnica vocale e Interpretazione del repertorio” dell’Istituto Superiore di Studi Musicali Vecchi-Tonelli, guidata da Raina Kabaivanska la cui esperienza ha plasmato le interpretazioni dei cantanti coinvolti con cura ed efficacia. La serata di venerdì scorso si è quindi aperta con The Telephone or L'Amour à trois, dove Elizabeth Hertzberg ha saputo restituire le diverse sfaccettature vocali ed espressive del personaggio di Lucy con buona varietà interpretativa, contribuendo a evidenziare la fragilità dei rapporti umani mediati, appunto, da un “medium” come il telefono, vero terzo incomodo nella sua relazione con Ben, qui interpretato da Lorenzo Grante. Lo stesso Grante lo abbiamo trovato in seguito impegnato in The Medium, capace di passare dal registro comico-ironico della prima parte della serata a quello tragico-inquietante della seconda, interpretando in questo caso Mr. Gobineau, il padre di un bambino morto anni prima che crede di rievocare, con sua moglie incarnata con efficace misura da Chiara Isotton, nel corso di sedute spiritiche che hanno come protagonista Madame Flora, la medium appunto, alla quale Julija Samsonova-Khayet ha saputo dare una forma interpretativa dalla drammaticità misurata. A completare il cast vocale Marily Santoro che ha offerto buon impegno nella sua interpretazione di Monica, figlia di Flora, e Roxana Herrera Diaz chiamata a dare voce al personaggio di Mrs. Nolan. Efficace Marco Frezza nel ruolo muto di Toby.
Se la regia essenziale ed efficiente di Stefano Monti ha immerso la Lucy di The Telephone in una vasca da bagno circondata da profumi e altri balocchi femminili come diverse paia di scarpe, in un’ambientazione tra anni Venti e astrazione postmoderna, la lettura ideata dallo stesso regista per The Medium ci ha accompagnati in una buia atmosfera con vaghi rimanti al cinema espressionista, concretizzati nell’andamento obliquo della scala stilizzata che faceva da cornice alle ombre inquietanti proiettate sullo sfondo. Flavio Emilio Scogna ha guidato con attenzione un’Orchestra Filarmonica Italiana il cui impegno non ha nascosto qualche incertezza. Ampio successo tributato a tutti gli artisti impegnati da parte di un pubblico che poteva essere più numeroso.
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