“Façade” di Walton ha inaugurato la stagione della Filarmonica Romana
Una novità assoluta di Pasquale Punzo completava il programma diretto da Pasquale Corrado
La stagione dell’Accademia Filarmonica Romana ha preso il via nello storico Teatro Argentina, dove fino al 16 maggio si svolgeranno undici concreti, mentre una miriade di altri concerti, lezioni-concerto e incontri si svolgeranno nella Sala Casella, i concerti d’organo nella sala del Conservatorio e gli spettacoli di danza e i musical al Teatro Olimpico.
Il via alla stagione ufficiale l’ha dato un concerto imperniato su Façade, che il giovane (veramente giovane: appena vent’anni) William Walton compose nel 1922 sui ventuno poesie di Edith Sitwell, rampolla anticonformista di una nobile famiglia inglese. I versi della Sitwell vengono spesso considerati vicini al Dada o al surrealismo o ai nonsense di Edward Lear, ma in realtà - come osserva Oreste Bossini nel programma di sala - celano riferimenti facilmente riconoscibili alla storia personale dell’autrice, ribelle al perbenismo della famiglia e della società in cui viveva: sono insomma libere e irreverenti, ma non hanno molto a che vedere con i rivoluzionari movimenti dell’avanguardia artistica di quegli anni. Non turbano il lettore e/o ascoltatore ma piuttosto lo sorprendono e lo divertono con l’assurdità e la stravaganza degli accostamenti di parole e con le bizzarre assonanze.
È esattamente questo che vi vide Walton, infatti diede a Façade il disimpegnato sottotitolo An Entertainment e scrisse una musica scatenata e divertente, che si tiene lontana da ogni tentazione di dare un senso e tantomeno un’inflessione espressiva al testo e scorre liberamente e autonomamente, se non per alcuni contatti puramente esteriori, come riprendere i ritmi di danza suggeriti dai i titoli “Tango-Pasodoble” e “Tarantella”. Il piccolo gruppo strumentale si muove in modo imprevedibile, infilando l’una dopo l’altra tante brevi idee musicali, basate al novanta per cento su sonorità graffianti, dissonanze in libertà e ritmi spigolosi. Volendo trovargli per forza delle parentele, si potrebbe pensare da un lato ad alcuni lavori per piccoli gruppi strumentali dello Stravinskij neoclassico, dall’altro al cabaret.
In realtà Façade è un unicum senza precedenti e successori. Walton è qui spregiudicato e irriverente e non guarda in faccia nessuno. Bisogna aggiungere che Façade è un ritratto dell’artista da giovane, in cui Walton stesso non si sarebbe più riconosciuto alcuni anni dopo, quando divenne una sorta di novello Elgar, autore di marce e inni per l’incoronazione e di sinfonie, concerti ed oratori in un old-fashioned stile neoromantico. Ma non è detto che questi lavori successivi siano di qualità inferiore al giovanile scherzo di Façade.
Ottima l’esecuzione, a cui si può fare l’unico appunto di un’amplificazione eccessiva delle due voci a scapito della parte strumentale, che è l’aspetto più vario e interessante di Façade. Bravissime le due voci recitanti, che erano Carlotta Proietti e Claudio Gregori (il Greg del duo Lillo e Greg). Entrambi sono sia attori che cantanti (e Greg anche compositore) ed in effetti è necessario conoscere bene la musica per andare a tempo con lo scatenato gruppo strumentale. Sebbene la loro parte sia esclusivamente recitata, hanno anche accennato a cantare qua e là, come Walton stesso concedeva: per esempio, Greg ha imitato un jazzista dalla voce roca (chiaramente Luis Armstrong) e la Proietti ha intonato un canto alpino in Jodelling Song. Greg ha anche disegnato ventuno siparietti (Walton ne prevedeva uno solo) per accompagnare ciascuna delle ventuno poesie con immagini leggere e fantasiose. L’eclettico Pasquale Corrado, direttore d’orchestra, compositore (vorremmo riascoltare qualcosa di suo a Roma dopo l’ottimo esito di Solo il tempo e anche produttore, ha diretto con spirito e precisione (ma con tempi spesso troppo rapidi, se confrontati con le incisioni di riferimento, approvate da Walton stesso) gli ottimi sei strumentisti del Syntax Ensemble.
La serata si era aperta con Rilùcere, una novità assoluta commissionata dalla Filarmonica a Pasquale Punzo per abbinarla a Façade. Per questo motivo il trentaseienne compositore napoletano ha utilizzato lo stesso organico strumentale di Façade, ovvero flauto (anche ottavino), clarinetto (anche clarinetto basso), sax, tromba, violoncello e percussioni. E, come egli stesso afferma, ha anche preso alcuni precisi spunti da Façade, che tuttavia all’ascolto sono difficilmente rintacciabili. Inizia con un “gesto” quasi esplosivo per dinamismo ma dal volume contenutissimo, cui segue una sezione in pianissimo, in cui gli strumenti producono suoni appena udibili, sospiri labili, mormorii, borbottii: questo potrebbe far pensare a Sciarrino ma il suono di Punzo, nonostante il pianissimo, è materico e concreto, non astratto e utopico. L’interesse principale di Rilùcere consiste nella continua scoperta di timbri, colori e sonorità nuovi, inauditi e inimmaginabili, che – raggiunte ormai la libertà totale delle dissonanze e la dissoluzione della forma – è diventato il principale fine della musica di questi anni. Dai diversi timbri nascono anche piccoli dialoghi tragicomici tra i sei strumenti, in cui si può effettivamente avvertire qualcosa dello spirito di Façade. In definitiva un brano che si fa ascoltare con attenzione ed interesse ed ha avuto un’accoglienza calorosa da parte del pubblico, che è diventata calorosissima per Walton, al punto da esplodere un po’ impropriamente in applausi anche tra una poesia e l’altra.
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