Circola già da qualche anno ma l’abbiamo ritrovato ancora in ottima forma questo “Affare Makropulos”, tornato sulla scena di Strasburgo a cinque anni di distanza e dopo le tappe di Venezia e Norimberga. È rimasto intatto l’incanto del gioco di specchi così metateatrale concepito da Robert Carsen con la complicità di Radu Boruzescu per le immaginifiche scene di illusionistica immaterialità e della moglie Miruna (scomparsa nel 2014 e dedicataria di questa ripresa) per il prezioso trovarobato citazionista dei costumi sfacciatamente teatrali. Il segreto di questa longevità non sta in nessun elisir di lunga vita ma nella capacità di costruire immagini nitide e taglienti grazie specialmente al favoloso disegno delle luci dello stesso Carsen con Peter Van Praet. Immagini che restano incise nella memoria dello spettatore come quel lancinante monologo nel finale recitato dalla pluricentenaria Elina Makropulos sulla scena vuota sotto una luce tagliente e il suo movimento verso il fondoscena fra le luci di uno spettacolo che termina per ricominciare forse, rinnovando ancora una volta l’incanto dell’illusione teatrale.
Quasi interamente rinnovata la locandina musicale, che per questa ripresa è guidata dal direttore musicale del teatro, Marko Letonja. Questo “Makropulos” è soprattutto la conferma della grande sintonia del direttore sloveno con la ricchezza della tavolozza musicale di Janácek e della sua sapienza teatrale. Qualche appunto va fatto all’orchestra, buona nel complesso, ma talvolta imprecisa nell’intonazione (specie gli archi) e negli attacchi. Come già a Venezia, a vestire i molti abiti della protagonista si ritrova Ángeles Blancas Gulín, consumata attrice (e qui ci vuole davvero) dalla buona tenuta vocale, a parte qualche forzatura nel registro acuto. Nel grande monologo del finale, comunque, sfodera la tempra della grande interprete. Nel variegato gruppo dei suoi spasimanti, più che l’Albert Gregor decisamente sottotono di Raymond Very, si fanno notare particolarmente lo Jaroslav Prus autorevolmente interpretato da Martin Bárta e lo stralunato Hauk-Sendorf dell’estroso Andreas Jaeggi. Il successo non manca per uno spettacolo collaudato che si spera possa restare ancora a lungo sulle scene.
Note: Ripresa dell’allestimento dell’Opéra national du Rhin (2011) in coproduzione con lo Staatstheater Nürnberg e il Teatro La Fenice di Venezia. Date rappresentazioni: 7, 9, 13, 16, 18 febbraio 2016; 27 febbraio a Mulhouse (La Filature).
Interpreti: Ángeles Blancas Gulín (Emilia Marty), Raymond Very (Albert Gregor), Enric Martinez-Castignani (Dr Kolenatý), Guy de Mey (Vitek), Sophie Marilley (Krista), Martin Bárta (Jaroslav Prus), Enrico Casari (Janek), Andreas Jaeggi (Hauk-Šendorf), Peter Longauer (Il macchinista)
Regia: Robert Carsen (ripresa a cura di Laurie Feldman)
Scene: Radu Boruzescu
Costumi: Miruna Boruzescu
Orchestra: Orchestre philharmonique de Strasbourg
Direttore: Marko Letonja
Coro: Choeurs de l'Opéra national du Rhin
Maestro Coro: Sandrine Abello
Luci: Robert Carsen e Peter Van Praet