Dusapin e Dante

A Parigi piace Il Viaggio, Dante di Pascal Dusapin, ottima direzione di Kent Nagano, regia di Claus Guth

Il Viaggio, Dante (Foto Berdt Uhilig/Odp)
Il Viaggio, Dante (Foto Berdt Uhilig/Odp)
Recensione
classica
Palais Garnier, Parigi
Il Viaggio, Dante
21 Marzo 2025 - 09 Aprile 2025

Pascal Dusapin ha una formazione d’organista ed è da sempre attratto dalla riflessione sull’esistenza e sulla dimensione spirituale della vita. Non meraviglia dunque che si sia interessato presto a Dante, già presente in altri suoi precedenti lavori, e mettere in scena la Divina Commedia è dunque un sogno lungamente accarezzato. Nello specifico ha cominciato a prendere concretamente forma quando Dusapin ha letto una nuova versione della sua traduzione, mentre stava lavorando alla sua precedente opera, Macbeth Underworld, scritta per l’Opéra Comique e la Monnaie, librettista Frédéric Boyer, lo stesso che ha accettato la sfida di scrivere il testo per la Divina Commedia in forma lirica, lavoro commissionato stavolta dal Festival di Aix-en-Provence, dove ha debuttato nel 2022 con tutt’altro cast d’interpreti, e dall'Opéra di Parigi dove è adesso andato in scena con successo sotto l’ottima direzione musicale del maestro Kent Nagano. La Divina Commedia è un'opera monumentale, ma Dusapin non ha voluto che il suo lavoro durasse più di due ore e, in più, il libretto fa anche riferimento alla “Vita nuova", la prima opera di Dante, scritta tra il 1293 e il 1295 per raccontare, in versi e in prosa, il suo amore per Beatrice prima della morte prematura di quest’ultima. E ancora, il regista  Claus Guth attualizza la storia, aggiunge narrativa a narrativa, nella specie un incidente d’auto in un bosco nella notte, la “selva oscura”, e mette contemporaneamente in scena il giovane e l’adulto Dante. Può sembrare, sulla carta, troppo, invece funziona bene: in tal modo si avvicina una storia medievale al pubblico odierno e la si rende più comprensibile mostrando contemporaneamente i diversi momenti che si sono intrecciati per fare vita ad un dato avvenimento. Tutto inizia con i bei video di Roland Horvath/rocafilm che mostrano un uomo che si schianta in auto su un albero, c’è una figura femminile che vaga intorno come uno spirito ma è anche seduta nell’auto, morta. Sono, evidentemente Dante e Beatrice, interpretati rispettivamente dal baritono danese Bo Skovhus e dal soprano britannico Jennifer France. Li ritroviamo presto, stavolta in carne ed ossa, in una stanza che presto si aprirà in modo inaspettato, funzionano molto bene anche le scene di Étienne Pluss esaltate dalle luci di Fabrice Kebour. Dante ha tutta la camicia rossa di sangue, nella stanza appare presto il suo doppio giovane, interpretato en travesti dal mezzo tedesco Christel Loetzsch, è lui che canta la Vita Nuova, di come si è innamorato di Beatrice. Funziona mescolare vivi e morti, come del resto fa lo stesso Dante. Dusapin ed il librettista Boyer hanno deciso di scrivere l’opera in italiano per mantenere la musicalità della prosodia del poeta e della lingua italiana, peccato che la maggior parte dei cantanti interpretano in modo intenso i loro ruoli ma non scandiscono bene la parole e pure un italiano deve guardare spesso i sottotitoli in francese e inglese per comprendere quello che stanno cantando. Ma per fortuna c’è anche un narratore, vestito di paillettes come un presentatore di varietà, il basso Giovanni Battista Parodi, che da bravo attore-cantante italiano recita meravigliosamente i versi di Dante e ne fa godere tutta la bellezza. Colpisce poi subito per l’interpretazione il soprano di coloratura greco Danae Kontora come Lucia, personaggio a cui Dusapin e Boyer hanno voluto dare più spazio, perché è la santa della luce, della speranza, della grazia illuminante, e che si presenta qui come una donna un po’ strana, vestita di nero ma con coroncina bianca luminosa, che entra dalla finestra muovendosi sempre a scatti. Così come perfetto per la parte, ironico e divertentissimo, appare il controtenore Dominique Visse che interpreta la voce dei dannati vestita di rosso come Beatrice ma da anziana drag queen. I costumi sono di Gesine Völlm e non aiutano spesso a comprendere i personaggi e la storia. Non incisivo anche il Virgilio del basso David Leigh, bel timbro ma che non appare abbastanza maturo e carismatico per la parte della guida di Dante nel viaggio agli Inferi. Ma protagonista della serata è innanzitutto la direzione molto precisa del maestro Kent Nagano, attuale direttore musicale della Staatsoper di Amburgo, che si fa ammirare, sin dalle prime battute, per come controlla e bilancia alla perfezione l’orchestra, le voci e gli effetti speciali molto utilizzati da Dusapin, qui resi dai dispositivi elettroacustici di Thierry Coduys, che ha voluto così rendere omaggio alle tante descrizioni di suoni che ci sono, come si sa, nella Divina Commedia, della natura e degli ambienti sonoro propri di ogni girone e delle sue pene. L’organico orchestrale è piccolo, solo una quarantina di musicisti, tra cui anche un organo e una glassarmonica, ma anche il coro è posizionato nella fossa e può cantare come una sola voce, o accompagnare i protagonisti oppure l'orchestra. La partitura di Dusapin, sotto la sapiente bacchetta di Nagano, appare semplice, misteriosa ma scorrevole, sino all’apoteosi rarefatta e, alla stesso tempo, maestosa  del finale, nascondendo dietro la bella esecuzione compatta dell’Orchestre e Chœurs de l'Opéra de Paris una complessità di costruzione matematica e di riferimenti di stili musicali che risale sino ai tempi di Dante stesso. Tutto lo spettacolo è fruibile a diversi livelli, piacevolissimo all’orecchio e moderno per i più, denso di riferimenti dotti per i conoscitori, va ascoltato più volte per apprezzarne tutta la complessità. Non tutte le parti convincono in pieno, i gironi ci sono tutti ma alcuni, necessariamente, sono solo citati e di altri la messa in scena appare un po’ troppo semplicistica, anche se simpatica come la sala d’aspetto. Nel complesso una trasposizione lirica affascinante e riuscita del percorso iniziatico attraverso la morte verso la luce, o alla ricerca di sé stessi, che è il viaggio per eccellenza. 

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