Casa di bambola, anzi, di vecchio celibatario: la scena del "Don Pasquale" andato su con buon successo a Firenze è la copia di una casa delle bambole tedesca di fine Seicento, con i suoi vani-scatole-luoghi deputati ben definiti che ci fanno sembrare i personaggi, appunto, bambole, o forse le cavie di "Mon oncle d'Amerique" bloccate in un interno ottocentesco (in questa reinvenzione, anche Norina già vive in clandestinità negli appartamenti di Ernesto), e sono tutte da godersi le controscene nelle cucine e nelle soffitte, tra i servi a cui la musica dà voce nel coro famoso del terz'atto ma che qui sono presenti fin dall'inizio (e fra i bei costumi di Isabella Bywater, che firma anche le scene, il più bello, culminante in una fantastica cuffia tra suora o fata vecchia, ce l'ha la cuoca). Ma non è uno spettacolo sopra le righe, tutt'altro, anzi è molto inglese: il ritmo della regia, agile ma arioso, un elegante e un po' distaccato tono di commedia, ma anche l'intima qualità teatrale, la capacità di provocare la costruzione dei personaggi dall'interno degli interpreti, sono tipici di Jonathan Miller. Certo i cantanti, confinati in quella casa-scatola, sono lontani da orchestra e direttore, e gli equilibri sonori e l'appiombo talvolta ne soffrono, soprattutto, com'è inevitabile, nei concertati. La direzione di Oleg Caetani risulta peraltro interessantissima: una rilettura che sottolinea gli aspetti malinconici e sognanti della vicenda, (squisita, ad esempio, la concertazione delle arie di Ernesto) e l'eleganza tutta francese dell'orchestrazione di quest'opera scritta per Parigi, senza mancare nel complesso, tutt'altro, il carattere anch'esso francese della brillantezza (deliziosa da questo punto di vista la varietà di tempi dell'ouverture), ma distinguendo nettamente questo maturo e ombreggiato registro comico donizettiano da quello delle farse o dell'opera buffa rossiniana. Per Caetani questo era il primo "Don Pasquale" ed è innegabile che, in pagine come il finale del secondo atto o il duetto di Don Pasquale e Malatesta, gli facesse un po' difetto lo scatto comico disinibito, per così dire rettilineo, che qui ci vorrebbe; ma ci è piaciuto comunque. Il cast era perfetto per questa linea interpretativa: la vocalità fresca, spontanea e naturalmente elegante di Eva Mei, una Norina meno viperina e soubrette del solito, la singolare e signorile felicità nel registro comico; la musicalità e la perfetta dizione di Alessandro Corbelli come Malatesta; nel ruolo tenorile di Ernesto Matthew Polenzani, dalla linea vocale classica e composta ma anche capace di intensità oltre che di grazia, e come protagonista, al debutto nel ruolo, Giorgio Surian, un Pasquale meno vecchio e artritico del consueto, che dello scapolone donizettiano ha saputo mettere in rilievo, con vis comica autentica e sorniona, soprattutto i pruriti e le speranze amorose del primo atto: il resto verrà, crediamo, in seguito.
Note: nuovo all.
Interpreti: Surian, Romero, Mei/Lisnic, Polenzani/Iuliano, Corbelli/Vassallo, Ricci
Regia: Jonathan Miller
Scene: Isabella Bywater
Costumi: Isabella Bywater
Orchestra: Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino
Direttore: Oleg Caetani
Coro: Coro del Maggio Musicale Fiorentino
Maestro Coro: José Luis Basso