Descostruzione di stili, riunificazione di impressioni sonore
Maria Bellocchio suona Kurtág per Bologna Festival

Per il secondo concerto della rassegna “Il Nuovo L’Antico” di Bologna Festival, Maria Grazia Bellocchio si è esibita al pianoforte nell’Oratorio di San Filippo Neri, il quale, con i sui stucchi barocchi stroncati dai bombardamenti del ‘44 e il suggestivo restauro che ne lascia visibili le ferite, è come sempre luogo eletto per ospitarne gli appuntamenti. Il programma, circolare (inizia e finisce con preludi di Couperin), si snoda con l’innocenza e la puerilità di un bimbo che, lasciato solo a compitare sulla tastiera i brani di grandi Maestri (Bach, Scarlatti, Schubert) decide di divertirsi con i tasti e intervalla momenti di gioco a quelli di esercizio. I giochi sono micro brani di Kurtág, tratti dal suo Játétok (= giochi, appunto), nei quali il suono è destrutturato, reiterato, i tasti usati fuori dalle regole della tonalità, eppure mai “cattivi”, mai duri di dissonanze all’orecchio. A questi fanno da contraltare brani di Couperin, Scarlatti, Schubert, Shostakovich, Čajkovski e Bach, intermezzi distensivi all’invece tesissimo gioco di Kurtág. Di quest’ultimo, la partitura è impervia, l’autore vi ha descritto il suo pensiero a modo suo, inventando anche la grafia e i segni notazionali: per dire quello che avrebbe voluto lui non ve ne erano di adatti. Per questo la prova di Maria Bellocchio risulta preziosa e ricercata, personalissima nell’interpretazione del segno così come delle intenzioni dell’autore. Bellocchio, con grazia e determinazione riesce a riunire sulla tastiera opposti in dialogo, facendo della decostruzione di stili la propria forza espressiva.
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