Dalle pagine dei vecchi libri di Goebbels 

Allo Stadttheater di Gießen va in scena mit einem Namen aus einem alten Buch, antologico concerto scenico con testi e musiche di Heiner Goebbels

mit einem Namen aus einem alten Buch Szenisches Konzert von Heiner Goebbels (foto Rolf K. Wegst)
mit einem Namen aus einem alten Buch Szenisches Konzert von Heiner Goebbels (foto Rolf K. Wegst)
Recensione
classica
Stadttheater Gießen
mit einem Namen aus einem alten Buch. Szenisches Konzert von Heiner Goebbels
04 Maggio 2018 - 10 Giugno 2018

Anno particolare questo 2018 per Heiner Goebbels, che ha deciso di concentrarsi esclusivamente sulla propria attività artistica lasciando tutti gli incarichi ufficiali, compresa la ventennale docenza all’Istituto di Studi Teatrali Applicati dell’Università Justus Liebig di Gießen. E, in attesa del nuovo lavoro di grandi dimensioni Everything that happened and would happen annunciato per ottobre a Manchester, lo Stadttheater di Gießen presenta una piccola ma preziosa antologia di composizioni più o meno recenti del Goebbels compositore impaginate con la tradizionale cura scenica dal Goebbels regista. Il titolo per questo “concerto scenico”, da definizione dello stesso compositore, è mit einem Namen aus einem alten Buch (con un nome da un vecchio libro) prendendo a prestito da uno dei testi, Zement di Heiner Müller, che intersecano o piuttosto dialogano con pagine di musica nello spettacolo. Come spesso nelle creazioni di Goebbels, i testi sono di segno e temperie culturali molto lontani e caratterizzati, in questo caso, da un comune descrittivismo estremo e minuzioso che, fuori contesto, creano un paesaggio astratto di suoni dall’effetto straniante. Lontana è come sempre l’intenzione di una drammaturgia organica; semmai le parole vogliono essere soprattutto estensioni o appendici del discorso musicale o magari musica stessa, ma inevitabilmente sollecitano l’intelletto con bruschi cambi di prospettiva e vertiginosi salti temporali. 

L’apertura in proscenio è furiosa con e scena concertante di Befreiung (Liberazione) del 1989. Lisa Charlotte Friederich legge con ritmo frenetico, riflesso nella nervosa linea musicale, la futuristica sequenza di proclami del frammento dal dramma Krieg (Guerra) di Rainald Goetz. L’orchestra sprofonda e il registro cambia completamente per Der Wiederholung (La ripetizione) del 1995 con la miniatura di Scène da una delle Instantanés di Alain Robbe-Grillet recitata di spalle da David Bennent fra due libri appoggiati su una grande scrivania incorniciata fra due sipari rossi a fondo scena. Davanti, due pianoforti in movimento rotatorio emettono brandelli di fogli sparsi chopiniani e schubertiani, mentre un’enigmatica figura femminile di spalle assiste muta. Anche il gruppo di cinque ottoni e percussioni impegnato nel lungo Herakles 2 del 1992 dalla chiara ispirazione jazzistica ruotano sulla scena in un movimento amplificato dalle immagini proiettate su un sipario trasparente che interpretano l’ermetico vagare nella foresta che Bennent espone attraverso il frammento di Zement di Müller. Non meno irrisolto sono le parole tratte da La jalousie del 1991, ancora di Robbe-Grillet, letta sempre da Bennent accompagnato da tutti gli strumenti dietro quel sipario che le proiezioni trasformano in una grande persiana (la gelosia del titolo). Uno dei più grandi successi del Goebbels compositore è Surrogate Cities, da cui proviene il numero successivo, Surrogate che parla con le parole di Hugo Hamilton: la corsa di una donna attraverso le strade di una metropoli riprodotta con un impasto di parole, pronunciate ancora dalla Friedrich, e musica percussiva, ansimante, mozzafiato. Altro scarto spiazzante nella compostezza del classicismo pittorico di Nicolas Poussin, la cui Lettre et propos sur l’art spedita al Signore di Chambray il 1 marzo 1665 con i suoi precetti sull’arte e sul bello detti da Bennent è proiettata in brani verticali su una fuga di colonne in chiaroscuro. Chiude questo concerto scenico la musica di Songs of Wars I have seen del 2007, in cui i sospesi arabeschi della tromba solista rievocano quelli inquietanti dell’Unanswered question di Ives smussati qui dalle siderali sonorità delle numerose campane tibetane suonate da tutti gli interpreti disposti in un circolo dal carattere quasi rituale. 

Gronda sapienza e equilibrio la concezione e soprattutto la realizzazione scenica di Heiner Goebbels per questa antologia dal carattere, come sempre, molto autorale. Lontanissimo ogni approccio omogeneizzante tipo “Gesamkunstwerk”, qui vince il contrasto di momenti teatrali diversi ma risolti con grande sottigliezza e ironia sottile. Più che gli essenziali elementi scenici dello stesso Goebbels con la collaborazione di Monika Gora, fanno molto il disegno luci ancora di Goebbels con Jan Bregenzer e i video di René Liebert. Accanto ai due bravissimi recitanti, un ruolo fondamentale hanno i duttilissimi strumentisti della Philharmonisches Orchester di Gießen che si prestano al gioco scenico senta nulla togliere alla qualità dell’esecuzione. 

Pubblico molto numeroso e generoso di applausi per tutti i bravi interpreti. 

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