Cavalleria e Pagliacci al femminile
A Reggio Emilia apprezzate le letture di Dante e Sinigaglia, così come le voci di Ganassi e Remigio
Due letture registiche al femminile hanno caratterizzato il dittico andato in scena lo scorso venerdì 7 febbraio al Teatro Valli di Reggio Emilia, con l’allestimento di Cavalleria Rusticana ideato da Emma Dante e la messa in scena di Pagliacci concepita da Serena Sinigaglia.
L’opera di Mascagni ha offerto la ripresa – curata in questa occasione da Gianni Marras – di una produzione del Teatro Comunale di Bologna di due anni fa, all’epoca proposta in accoppiata con La voix humaine di Poulenc, che noi abbiamo seguito nella sua tappa a Bolzano. Come in quella occasione, la visione di Emma Dante ha confermato l’equilibrio di un impianto asciutto, fondato sulla valenza simbolica di elementi capaci di evocare la Sicilia di Verga senza retorica. Una caratterizzazione che ha ribadito il suo valore aggiunto nei momenti nei quali i riferimenti pittorici rievocavano plasticamente il dolore, anzi la passione delle donne protagoniste della vicenda: da una parte Santuzza, sedotta e abbandonata, dall’altra Lucia, madre addolorata per la morte (ma forse, anche per il comportamento) del figlio.
Due donne in qualche modo ferite dallo stesso uomo – per l’una l’amante e per l’altra, appunto, il figlio – attorno alle quali ruota una vicenda che ha trovato nella compagine vocale un assieme efficace nel suo equilibrio, a partire dalla Santuzza di Sonia Ganassi, generosa nel restituire il suo personaggio attraverso una vocalità segnata da una drammaticità a tratti oltremodo esposta. La Lucia di Claudia Marchi è emersa per la misura con la quale ha attraversato l’evolversi del dramma, assecondando per contrasto il carattere spavaldo che la voce di Angelo Villari ha consegnato al suo Turiddu. Adeguata la Lola di Alessia Nadin e solido l’Alfio di Stefano Meo.
Passando a Pagliacci – nuova produzione del Teatro Comunale con Grand-Théâtre de Genève – l’atmosfera scaturita dal fatto di cronaca nera realmente accaduto in un paesino della Basilicata di fine Ottocento e che ha ispirato lo stesso Leoncavallo, ha trovato corpo sul palcoscenico del Valli grazie a una regia che Serena Sinigaglia ha immaginato tratteggiata con misura, immersa in una sorta di favola popolare, in una campagna abitata da contadini e visitata dalla compagnia di attori quasi burattini impegnati a mettere in scena il dramma. Una lettura se vogliamo un poco didascalica, alla quale hanno contributo con funzionalità le scene di Maria Spazzi, i costumi di Carla Teti e le luci Claudio De Pace.
La Nedda di Carmela Remigio è emersa per pregnanza vocale ed efficacia scenica, mentre Stefano La Colla ha tratteggiato un Canio dal carattere marcato, affiancato con buon impegno da Stefano Meo nei panni di Tonio, oltre a Paolo Antognetti (Beppe) e Vincenzo Nizzardo (Silvio). Frédéric Chaslin ha guidato le compagini di Orchestra e Coro del Teatro Comunale di Bologna con sostanziale correttezza.
Il pubblico ha applaudito entrambi gli allestimenti, riservando un calore particolare alle interpretazioni di Ganassi e Remigio.
Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche
A Colonia l’Orlando di Händel tratta dall’Ariosto e l’Orlando di Virginia Woolf si fondono nel singolare allestimento firmato da Rafael Villalobos con Xavier Sabata protagonista
Jonas di Carissimi e Vanitas di cinque compositori contemporanei hanno chiuso le celebrazioni per i trecentocinquanta anni dalla morte del grande maestro del Seicento