A casa di Alice
A Zurigo va in scena in prima europea Alice nel paese delle meraviglie di Pierangelo Valtinoni su libretto di Paolo Madron
Non è passato nemmeno un mese dalla prima del Piccolo principe al Teatro alla Scala e poco più di un paio da Pigafetta e il primo viaggio intorno al mondo al Teatro Comunale di Vicenza, e ora l’Opernhaus di Zurigo presenta Alice nel paese delle meraviglie. Già annunciata nel novembre 2020 e rinviata a causa della chiusura del teatro per la pandemia, l’opera di Pierangelo Valtinoni arriva ora in prima europea nella città svizzera in una versione tedesca curata da Hanna Francesconi, dopo aver ceduto la prima assoluta ad Hong Kong che l’ha presentata nell’aprile del 2021 in un coloratissimo allestimento curato da Yankov Wong. A Zurigo è invece Nadja Loschky a firmare un allestimento sulla scena principale del teatro, assolutamente comparabile a una produzione maggiore per i mezzi impiegati. Lo scenografo Etienne Pluss costruisce sul palcoscenico rotante la casa di Alice con i suoi diversi ambienti, dal salotto, dove la madre celebra i propri riti sociali, l’ingresso, lo studio dove trova rifugio il padre, il bagno con lavatrice, la cucina e la stanza dello studio presidiata dall’arcigna maestra. Violate le regole del bon ton, Alice viene cacciata dalla madre e cerca vanamente rifugio nelle diverse stanze, accompagnata dal fedele coniglio di pelouche, finché l’animale non viene sbattuto in una lavatrice impazzita e prende vita come bianconiglio. Da quel momento la sua casa si trasforma in un luogo di sogno nel quale Alice si imbatte nei vari personaggi del celebre racconto di Lewis Carrol, che sono gli stessi abitanti della casa trasfigurati dalla fantasia della bambina (e dallo straordinario lavoro della costumista Irina Spreckelmeyer, un vero inno alla fantasia nelle forme e nei colori). Nell’intelligente disegno registico è chiara l’intenzione di leggere l’affannosa corsa di Alice senza una meta precisa e continuamente sollecitata dal bianconiglio come una sorta di romanzo di formazione, un’allegoria del diventare grandi ma soprattutto dell’essere fedeli a se stessi, come le insegna il bruco nel suo canto dalle sinuose linee melodiche orientaleggianti: “Tu sei come sei ed è questo che conta.”
Divisa in due atti articolati su nove scene, racchiuse simmetricamente fra due momenti solo strumentali e con un intermezzo fra i due atti di gusto surreale affidato agli stravaganti Tweedledum and Tweedleedee, l’opera di Pierangelo Valtinoni su libretto in rima di Paolo Madron tratto dai due libri di Lewis Carrol con protagonista Alice applica ancora una volta la ricetta che ha decretato il successo planetario del compositore vicentino presso il pubblico tutt’altro che facile dei ragazzi (ma non solo): una struttura classica con recitativi, arie e recitativi in forma chiusa, un marcato polistilismo del linguaggio musicale che si rifà a varie esperienze del Novecento musicale (con qualche strizzata d’occhio anche al musical) e che si sposa bene con la necessità di variare situazioni e umori, una strumentazione leggera e trasparente che lascia esprimere il canto attraverso linee melodiche sempre accattivanti.
Se a Zurigo non si è lesinato sulla parte scenica, ancora meno lo si è fatto per la parte musicale che vedeva impegnati tutti i complessi del teatro, in buca la Philharmonia Zürich diretta con piglio brillante e vario da Michael Richter e sul palcoscenico le voci femminili del Coro dell’Opera di Zurigo e il Coro di voci biancheistruiti da Ernst Raffelsberger. In scena un cast molto ben assortito, che ha in Sandra Hamaoui una protagonista perfettamente calata nel ruolo di Alice e molto abile nel dare corpo alla dimensione più lirica e sognante. Irresistibile Ruben Drole negli abiti femminili della duchessa (la maestra nella vita reale) e del bruco, ma molto intonata al ruolo è anche Irène Friedli, la spiritata e crudelissima regina di cuori (l’arcigna madre di Alice nella realtà). Riuscite anche le prove di Omer Kobiljak come cappellaio matto, di Andrei Skliarenko nel doppio ruolo della lepre marzolina e dell’obesissimo Tweedledum, e di Valeriy Murga come ghiro e il gemello Tweedleedee. Invisibili dietro le loro maschere Daniel Hajdu è il bianconiglio e Kjell Brutscheidt il gatto del Cheshire. Di grande rilievo le prove anche dei piccoli Helen Wills, il valletto rana, e Olivia Minder, il valletto pesce.
Successone alla prima con un pubblico fatto per una buona metà di bambini. Numerose le repliche in programma all’Opernhaus fino a gennaio, mentre già sono annunciati nuovi allestimenti nella tedesca Hildesheim in dicembre e alla Tulsa Youth Opera in Oklahoma nel giugno del 2023. E in Italia?
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