Carmen secondo Brook
La tragédie de Carmen di Peter Brook alle Muse di Ancona
E’ andata in scena ad Ancona, sul palcoscenico del Teatro delle Muse “Franco Corelli”, La tragédie de Carmen, adattamento dell’opera bizetiana da una idea di Peter Brook del 1981, in collaborazione con Jean-Claude Carrière, che rivisitò il libretto, e Marius Constant, che ridusse la partitura bizetiana in un atto unico e l’organico originale ad una orchestra da camera di 15 elementi più il pianoforte. Constant e Carrière inoltre eliminarono le scene corali mantenendo le arie principali: ne nacque un lavoro sfrondato dei tratti di colore e focalizzato invece sugli aspetti più crudi della storia, sui conflitti e sulle vicende sentimentali vissuti dai quattro protagonisti (Carmen, Micaela, Don Josè ed Escamillo) che sono anche gli unici ad avere parti cantate. Rispetto a Bizet risulta anche variata la trama, più aderente per alcuni aspetti alla novella di Prosper Mérimée, fonte del libretto intonato da Bizet: ad esempio Don José si macchia di duplice omicidio, uccidendo prima Zuniga e poi il marito di Carmen (personaggio inesistente in Bizet) e Escamillo muore nell’arena. D’altra parte Carrière mantiene il personaggio di Micaela, non presente nella novella.
Opera di straordinario successo (si contano più di 300 repliche) La tragédie andò in scena la prima volta al Théâtre des Bouffes du Nord di Parigi, diretto da Brook per oltre trent’anni.
Ad Ancona ne è stato presentato un nuovo allestimento di grande impatto emotivo, nella regia di Francesca Lattuada, che è scesa nelle profondità della rivisitazione del drammaturgo inglese esaltandone i significati. L’eliminazione della couleur locale, il focus su temi altri rispetto a quello della libertà e dell’erotismo, propri della versione “originale” dell’opera, caratterizzano questa pièce: già dal titolo è chiaro che la fascinazione del personaggio di Carmen per Brook sta nella ineluttabilità del suo destino, un destino segnato fin dall’inizio, fatto di amore, violenza e morte. La regia di Lattuada ha esaltato proprio questi aspetti, rendendo Carmen la protagonista di una tragedia antica, dominata da una Ananke ineluttabile, tutta chiusa in se stessa anche nelle danze di seduzione: i personaggi non si guardano, ma ruotano intorno agli altri senza incontrarsi; l’incedere è ieratico; le colluttazioni e gli omicidi sono rituali simbolici ed evocativi, resi con movimenti che ricordano le antiche danze pirriche. Una dimensione senza spazio né tempo, costituita dalle tappe di un fato che si compie lentamente e il cui epilogo tutti conoscono. Ma Carmen è un’anima complessa, passionale e violenta, che si esprime attraverso due contorsioniste (Lise Pauton e Elodie Chan) che ne intrepretano, affiancandola, le pulsioni: aprono l’opera avvinghiate in posizione fetale, dipanandosi e sciogliendosi poi, per diventare feroci come Erinni quando lottano con Micaela, e inquietanti come arpie quando si avvicina il momento fatale.
I costumi in total white di Bruno Fatalot e la scena di Lucio Diana, fissa, fatta di un lungo specchio grigio e offuscato e appena modificata dal rosso delle luci che sottolineano il sangue degli omicidi, si sposano bene con la lettura di Lattuada e creano il luogo neutro e asettico in cui si dipana la tragedia.
Sul piano vocale si sono apprezzate le voci di Martiniana Antonie nel ruolo della protagonista e di Lucrezia Drei in quello di Micaela, formatesi entrambe all’Accademia Rossiniana di Pesaro, ed entrambe molto brave e nella parte; Diego Godoy è stato un buon Don José; qualche incertezza nel registro acuto per Gianluca Margheri in Escamillo, ma forse perché la sua voce per tessitura e timbro non è ideale per il ruolo. Filippo Gonnella ha interpretato con un francese non ineccepibile le parti recitate di Zuniga, Lillas Pastia e Garcia; ma al di là della pronuncia è risultato molto versatile. L’orchestra era composta da membri dell’Orchestra Sinfonia “G. Rossini” e diretta dalla argentina Natalia Salinas, al suo debutto italiano. Buona la direzione, anche se la scrittura cameristica ha messo in evidenza qualche défaillance degli strumentisti.
Molti gli applausi per gli artisti da parte del pubblico, diviso tra entusiasti e disorientati per un allestimento entrato indubbiamente in collisione con la sensibilità di ognuno.
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