Ben ritrovata, Ort
L’Orchestra della Toscana diretta da John Axelrod, con Enrico Dindo solista ospite, ha aperto la sua stagione 2021-2022
Al massimo della capienza attualmente consentita e con un pubblico molto caloroso, il concerto di inaugurazione della stagione 2021 – 2022 dell'Orchestra della Toscana, questo venerdì al Teatro Verdi di Firenze, diretto da John Axelrod, si apriva con uno dei tre pezzi commissionati dall'Ort per il settimo centenario dantesco, Voci dal Purgatorio per orchestra del compositore newyorchese Richard Danielpur, presente in sala: una delicata e composta elegia dal linguaggio musicale legato alla tradizione tonale e a sonorità quiete e meditative (sul tipo dell'Adagio di Barber, per dare un sommario riferimento) che l’autore ha voluto dedicare “a quegli italiani che hanno sofferto e sopportato strenuamente questi tempi difficili".
Seguiva una trascinante esecuzione del concerto op. 104 per violoncello e orchestra di Dvorak, solista Enrico Dindo, di cui solista e orchestra hanno saputo mettere in rilievo il sontuoso e malioso fascino tipicamente dvorakiano, tra visioni campestri affioranti come in lontananza e il vitalismo catartico di fondo di questa bella e ricca partitura. Magnifico e festeggiatissimo Enrico Dindo, con un fuori programma diverso dal solito in cui, avvalendosi della collaborazione dell'orchestra e del direttore, Dindo ha proposto la sua orchestrazione di un Lied di Dvorak, “Lasciami solo” op. 82 n. 1, richiamato dal compositore nell’Adagio del concerto che era stato appena eseguito.
Il pezzo forte sinfonico nella seconda parte era costituito invece dalla prima versione, del 1841, della sinfonia di Schumann nota come Quarta, ma, in realtà, seconda se la si data a quell'anno, anche se ne è diventato celebre ed eseguito il rifacimento del 1851. Una prima versione che non ricordiamo di aver mai ascoltato dal vivo a Firenze, dunque più che meritevole di interesse, e legata ad una precisa scelta di Axelrod, che farà fra poco la versione più nota con l'orchestra Verdi di Milano. Il direttore americano definisce “florestaniana” questa prima versione e “eusebiana” la seconda, richiamando i due noti eteronimi-maschere psichiche del compositore, e rammentando anche l'autorevole predilezione di Brahms per questa versione forse acerba, certo sfortunata, ma, lo ribadiamo, prediletta da Brahms.
Il tipico rovello creativo di Schumann, uscire dalla forma classica e però restare legato ai suoi costrutti, qui, a questo ascolto, ci è apparsa nella sua modalità più estrema, più lacerante, ma anche, diremmo, più difficile da dominare, e qui Axelrod, direttore di grande comunicativa più che tecnico, si è lasciato forse prendere la mano da un'esuberanza alla Florestano, rivelando, più che i pregi, gli squilibri di una prima stesura già geniale nell'idea di fondo (struttura di episodi sostanzialmente in un tempo solo, ariosa e divagante) ma su cui il compositore volle comunque ritornare.
Nonostante questo, o forse grazie a questo, il successo è stato nettissimo per lui e per l'orchestra, di cui vogliamo segnalare per le loro sortite solistiche i due violini di spalla che si sono alternati nel concerto, William Esteban Chiquito e Daniele Giorgi, e il primo corno Andrea Albori.
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