Bach ben mappato
Brunello e Teardo focalizzano "L'arte della fuga"
Recensione
classica
Street View è una applicazione che in Google Maps permette di vedere fotograficamente dettagli stradali della localizzazione centrata dal satellite: può essere carino, può essere imbarazzante, e sicuramente viola un po’ di privacy di quartiere. Il nuovo progetto di antiruggine, la casa di produzione di Mario Brunello, si chiama “Bach: Street View”, e si è visto ieri a Torino nell’ex Carcere Le Nuove, e si vedrà al Palladium di Roma il 14 ottobre; qui nel cartellone di Torino Spiritualità, là in quello di Romaeuropa. Il progetto musicalmente è chiaro, sì: Mario Brunello esegue al violoncello in modo intenso e contemporaneo “L’arte della fuga BWV 1080” di Johann Sebastian Bach, con Danilo Rossi alla viola, Amerigo Bernardi al contrabbasso, Rolf Lislevand al liuto torbato, Alexander Balanescu al violino: Teho Teardo, chitarrista e compositore elettronico fa il sabotatore live, programmando incursioni nel sacro testo, squarciando pause, o roboando tuoni, perché i due vogliono rallentare, censire, annotare fughe invertite e canoni a specchio.
La location: la rotonda ottagonale del lugubre carcere in città celebre per le detenzioni e le torture dei partigiani antifascisti, chiuso pochi decenni fa; pubblico seduto su panche della cappella, o seggioline spartane, ai ballatoi dei vecchi bracci che nel sistema di controllo carcerario panopticon inventato da Bentham nel 1794 si dipartono da questo cuore di tenebra. Proiettati, video con la mappa di Torino animata da percorsi grafici sincronizzati alla partitura, e caleidoscopiche riprese di architetture industriali dismesse in città, e due player (Enrico Zanetti e Michele Baggio sono autori dei video) che con iPad e Mac manipolano un po’ il Bach, citando la Wendy Carlos e il suo mitico Moog, o inconsciamente lasciandocela rimpiangere. E appaiono il Coro della Stefano Tempia e Furio Di Castri in due o tre parentesi.
Qui a Torino “Bach: Street View” è nato incasinato, una buona idea da sviluppare. Al Palladium sarà diverso, prevedibilmente. Per una volta, mettere tanto contemporaneo esprimersi intorno alla essenza di Bach non era necessario: resta la nostalgia della cosa così com’è, dell’Arte della fuga in sé.
La location: la rotonda ottagonale del lugubre carcere in città celebre per le detenzioni e le torture dei partigiani antifascisti, chiuso pochi decenni fa; pubblico seduto su panche della cappella, o seggioline spartane, ai ballatoi dei vecchi bracci che nel sistema di controllo carcerario panopticon inventato da Bentham nel 1794 si dipartono da questo cuore di tenebra. Proiettati, video con la mappa di Torino animata da percorsi grafici sincronizzati alla partitura, e caleidoscopiche riprese di architetture industriali dismesse in città, e due player (Enrico Zanetti e Michele Baggio sono autori dei video) che con iPad e Mac manipolano un po’ il Bach, citando la Wendy Carlos e il suo mitico Moog, o inconsciamente lasciandocela rimpiangere. E appaiono il Coro della Stefano Tempia e Furio Di Castri in due o tre parentesi.
Qui a Torino “Bach: Street View” è nato incasinato, una buona idea da sviluppare. Al Palladium sarà diverso, prevedibilmente. Per una volta, mettere tanto contemporaneo esprimersi intorno alla essenza di Bach non era necessario: resta la nostalgia della cosa così com’è, dell’Arte della fuga in sé.
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