840 volte Satie
Il live streaming di oltre 21 ore organizzato per il compleanno di Erik Satie dal Teatro Miela di Trieste, con 124 pianisti da tutto il mondo
«Miope dalla nascita, sentimentalmente sono presbite. Fuggite l’orgoglio: di tutti i nostri mali, è quello che rende più stitici. Se c’è qualche sventurato, i cui occhi non mi vedono, che gli annerisca la lingua e che gli scoppino le orecchie…».
Questo frammento dall’ironico panegirico con il quale Erik Satie nel 1913 si autopresenta nel bollettino dell’Agence Musicale E. Demets potrebbe bastare per delineare il personaggio prima che il musicista. Ma anche la musica è conseguente, lontana da quella a lui contemporanea (da Saint-Saëns a Debussy). I brani pianistici, in particolare, vibrano impalpabili, svolazzanti, tra melodie diatoniche, armonie sghembe, brevi incisi ritmici ripetuti, gruppi di note improbabili. Un’architettura instabile magicamente poetica. Per non parlare della esilarante scelta dei titoli delle composizioni: Gymnopédies, Trois Gnossiennes, Embryons desséchés, Heures séculaires et istantanées, Musique d’ameublement. Se ci affianchiamo l’estetica del circo e del music-hall, da contrapporre alla seriosità post-romantica del periodo, non si può non restare affascinati dalla figura di Satie.
– Leggi anche: SatiePandémie, buon compleanno Satie!
Più che affascinati, al Teatro Miela di Trieste, ne sono rimasti proprio stregati. Dal 1992 infatti tutti i 17 di maggio si organizzano eventi per ricordare e festeggiare il compositore francese. Di affinità elettive ha parlato Eleonora Cedaro, che dall’anno scorso è la curatrice dell'iniziativa (l'abbiamo intervistata qui). Affinità messe in seria difficoltà dalla pandemia che ha bloccato la vita produttiva e culturale dell’intero paese.
La reazione di fronte a questa complessa realtà è stata coraggiosa e visionaria, degna di veri satiemaniaci: proporre, attraverso un appello alla comunità pianistica mondiale, il progetto SatiePandémie, ovvero l’esecuzione dalle proprie residenze in live streaming dalle 00:01 di domenica 17 maggio dell’opera Vexations, scritta da Satie nel 1893, che prevede la ripetizione per 840 volte di una breve partitura.
La risposta è stata più che incoraggiante e alla fine 124 pianisti (l’elenco completo dei musicisti è disponibile su www.buoncompleannosatie.it) da Italia, Giappone, Stati Uniti, Argentina, Francia, Germania, Australia, Regno Unito, Grecia, Belgio e Canada) hanno suonato senza soluzione di continuità per 21h 42’ e 02’', per un totale di 5538 accessi di ascoltatori al sito dedicato.
L’organizzazione e lo sviluppo dell’evento – il comitato artistico, oltre Cedaro, ha visto coinvolti Sara Codutti, Anna D’Errico e Veniero Rizzardi, più il team tecnico in sala regia – sono stati complessi per varie problematiche, motivi tecnici, logistici, gestione dei fusi orari, disconnessioni internet, qualche difficoltà sul fronte audio-video, conteggio e suddivisione delle vessazioni, strumenti scordati causa lockdown, ma complessivamente la maratona è stata un successo anche grazie alle libertà che molti dei musicisti si sono presi, in piena logica Satie.
Si è visto e sentito un po' di tutto. Gatti a passeggio sulla tastiera, chi suona con bombette o copricapi improbabili, chi di spalle, chi in vestaglia, chi usa clavicordi, pianoforti preparati, tastiere elettriche e kazoo, chi suona con una lettrice accanto, ma abbiamo sbirciato anche interni e arredi casalinghi i più svariati. Soprattutto come “conta vessazioni” si è usato di tutto: cellulari, matite, tablet, mattoncini lego, pedine degli scacchi, mappamondi. Abbiamo visto corni di montone, dinosauri, ombrelli… fino alla ultima vessazione eseguita in sala regia e chiusa dal video con l’omaggio di torta e candeline inviato dalla Maisons Satie di Honfleur.
Non è un caso che Vexations sia stata eseguita per la prima volta integralmente nel 1963 al Pocket Theatre di Manhattan, in un evento voluto da John Cage, che si esibì con altri undici pianisti per diciotto ore e quaranta minuti. Significativa la riflessione del compositore americano al termine del concerto: «Avevo previsto tutto, salvo il fatto che, dopo questo evento, la vita di chi vi aveva assistito sarebbe cambiata». In effetti Vexations apre alla musica ripetitiva che, sotto l’influsso di suoni e filosofie orientali, proprio negli Usa troverà il terreno più fertile. Il piacere della ripetizione, la sua fascinazione ipnotica, quella stessa frase che accarezza ripetutamente l’orecchio chiude con implicazioni psicologiche e drammaturgiche per affermare l’opera di per se compiuta, come indipendente da ogni possibile contesto.
«Festeggiamo Erik Satie per ricordare che abbiamo disperato bisogno di trovare il modo di riaprire i teatri, di suonare e ascoltare la musica dal vivo. Abbiamo bisogno degli artisti, dei musicisti, degli operatori e delle maestranze. Abbiamo bisogno dell’arte viva che è l’antidoto alle peggiori malattie».
Ma l’avventura virtuale che ci hanno regalato i centoventi pianisti e il Teatro Miele di Trieste travalica, in questo drammatico momento, gli aspetti prettamente storico-stilistici. In fondo il testo del messaggio inviato alla comunità pianistica lo afferma chiaramente: «Festeggiamo Erik Satie per ricordare che abbiamo disperato bisogno di trovare il modo di riaprire i teatri, di suonare e ascoltare la musica dal vivo. Abbiamo bisogno degli artisti, dei musicisti, degli operatori e delle maestranze. Abbiamo bisogno dell’arte viva che è l’antidoto alle peggiori malattie».
Questo appello, questo disperato bisogno ha viaggiato, rimbalzato per 21h 42’ e 02'’, 840 volte in tutto il mondo per affermare che, anche se tutti non lo sanno, senza arte non c’è vita.
«Sono un uomo del tipo di Adamo (del Paradiso)» – Erik Satie
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