Guillaume Tell è tornato a Liegi

Dopo più di vent’anni l'ultimo capolavoro di Rossini in scena all’Opéra Royal de Wallonie

Guillaume Tell (foto ORW-Liège - J. Berger)
Guillaume Tell (foto ORW-Liège - J. Berger)
Recensione
classica
Liegi, Opéra Royal de Wallonie
Guillaume Tell
12 Marzo 2025 - 20 Marzo 2025

Dopo più di vent’anni, l'ultimo capolavoro di Rossini è tornato ad essere rappresentato a Liegi in una nuova produzione firmata Jean-Louis Grinda, con un terzetto di ottime voci quali quelle di Nicola Alaimo, John Osborn e Salome Jicia, sul podio il maestro Stefano Montanari in un doppio debutto: a Liegi e, per la prima volta, in particolare nella direzione del Guillaume Tell, qui proposto nella sua versione originale in francese, andata in scena nella sala Le Peletier dell'Opéra di Parigi nell’agosto del 1829.

Nonostante il successo della sua ouverture e del suo finale, l’opera non è molto rappresentata ma Grinda invece l’ha già affrontata diverse volte: nel 1997 proprio all’Opéra Royal de Wallonie quando ne era il direttore generale ed artistico, poi nel 2015 all’Opéra de Monte-Carlo e nel 2019 alle Chorégies d’Orange, quindi la conosce molto bene e c’era molto attesa per la nuova produzione. Grinda ha confermato la sua preferenza, come nelle produzioni precedenti, per degli allestimenti leggeri, ma qui la scena è praticamente vuota, un po’ meno nella seconda parte. L’orchestra è da Rossini subito messa in evidenza nella famosa ouverture, in quest’allestimento è suonata a sipario chiuso senza ricorrere ad immagini di supporto come in altre produzioni, necessita grande finezza esecutiva da subito e poi per tutta l’opera, con cambi di tempo veloci ed virtuose parti solistiche. Montanari va veloce, come voleva Rossini, vi infonde molta energia, ma fin troppa, a discapito delle sfumature, e sarà così per tutta la serata, soprattutto a volte troppo forti le percussioni. Finita l’ouverture, il sipario si apre su un fondale scolorito di montagne e con delle quinte laterali che riproducono le geometriche decorazioni esterne delle tipiche case alpine, decorazioni che poi copriranno anche il fondo della scena con effetto grande capannone vuoto.

Guillaume Tell (foto ORW-Liège - J. Berger)
Guillaume Tell (foto ORW-Liège - J. Berger)

Di volta in volta solo un elemento aggiunto ci fa capire dove siamo, dall’albero con i nastri colorati della festa alle vele, ad una bara, al crocifisso. Da subito viene però reso chiaro che non siamo solo nel passato, ma in una vicenda che è emblematica anche di tutte le altre successive lotte per indipendenza, infatti Guillaume Tell appare, anche prima del promo sfondo, per qualche momento subito con  un pugno chiuso colorato di rosso e rossa pure la scritta “libertà” che lo sovrasta, pugno sarà adottato anche in alcuni momenti chiave anche dal resto del popolo in rivolta, e in alto appare rosso che poi si estenderà a tutto il popolo. Dopo questa prima fugace apparizione, Alaimo riappare che tira un aratro come una bestia da soma ed il baritono siciliano brillerà durante tutto lo spettacolo per l’interpretazione accorata e per la bellezza del suo fraseggio, con un’ottima dizione francese, anche se non è il ruolo ideale per lui per potenza di voce, lo affronta adesso sapendo ben trasmettere i sentimenti e le preoccupazioni di un padre. Il suo struggente confronto con il figlio Jemmy nell’aria “Sois immobile”, prima del tiro con l’arco, è stato il suo momento più alto, strappando i bravo e gli applausi a scena aperta. Anche il soprano Salome Jicia, voce perfetta per il ruolo di Mathilde, ha sopperito alla première con il mestiere alle sue condizioni di salute non ottimali, è stata una brava interprete con buone agilità, ma chi la conosce sa che vocalmente può dare molto di più. Non si contano più poi le volte in cui il tenore John Osborn ha cantato Arnold, ruolo che evidenza la lirica bellezza del suo timbro e che lui oramai interpreta con il pilota automatico.

Guillaume Tell (foto ORW-Liège - J. Berger)
Guillaume Tell (foto ORW-Liège - J. Berger)

Buona prova poi, in particolare, del soprano Elena Galitskaya nel ruolo en travesti di Jemmy; del mezzo Emanuela Pascu come Hedwige, la moglie di Tell; del basso sudcoreano Inho Jeong come il cattivo governatore Gessler. Se le scenografie di Eric Chevalier sono minime, sono però ravvivate dai bei costumi di Françoise Raybaud che hanno il sapore del passato ma con gusto moderno di linee semplificate, molto belli in particolare quelli per Mathilde, mentre quelle dei soldati ricordano anche i gendarmi francesi. Interessanti poi pure gli interventi dei danzatori, grazie alle coreografia di Eugénie Andrin, sopratutto nel balletto del terzo atto che propone l’immobilità inanimata delle donne che devono subire i soldati o i movimenti al rallentatore del ragazzo che li sfida. Il coro, preparato da Denis Segond, è possente come l’orchestra. Chiusura dello spettacolo con il meraviglioso “Tout change et grandit en ces lieux” (Tutto cangia, il ciel si abbella) e gli applausi del pubblico.

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

classica

Al Teatro Malibran di Venezia va in scena “Il trionfo dell’onore” in occasione del tricentenario della morte del compositore 

classica

L'Oper Frankfurt presenta il raro Singspiel "Doktor und Apotheker" di von Dittersdorf al Bockenheimer Depot 

classica

Successo al Teatro del Maggio Musicale Fiorentino per Jessica Pratt