Anna Bolena torna alla Fenice

Intervista al direttore d'orchestra Renato Balsadonna

 Renato Balsadonna
Renato Balsadonna
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Anna Bolena di Donizetti manca dal Teatro La Fenice di Venezia dal 1857: dal 28 marzo, e fino al 6 aprile, va in scena un nuovo allestimento firmato da Pier Luigi Pizzi per regia, scene e costumi, sul podio c’è Renato Balsadonna, cantano Lidia Fridman che debutta come Anna, Alex Eposito come Enrico VIII, Enea Scala è Percy, Carmela Remigio è Giovanna Seymour. La recita del 1° aprile alle 19 sarà trasmessa in diretta da Rai Radio3. 

«E’ un’opera vocalmente molto ardua – racconta il maestro Balsadonna – Qui Donizetti sviluppa sempre di più l’espressione dei sentimenti e non dobbiamo dimenticare che i primi interpreti furono la Pasta, che era una grande cantante-attrice, e Rubini che affrontava un ruolo impraticabile anche allora. Percy ha una parte molto virtuosistica che risente ancora di stilemi rossiniani, Anna ha un ruolo vocale molto difficile e deve curare molto l’espressione, è un ruolo che drammaticamente sento vicino a Norma, non dimentichiamo che il librettista è lo stesso, ovvero Felice Romani. Donizetti fa un grande scavo psicologico in Anna e ne fa un ruolo vocalmente molto difficile che dà grandi emozioni al pubblico».

Per lei è un debutto. 

«Sì sono profondamente attratto dalla bellezza, dalla profondità, dalla complessità, dalla ricchezza spirituale di questa partitura, c’è una cura dei particolari, dei dettagli che ogni giorno mi stupisce. Poi si tratta di un ritorno alla Fenice, dove nel 2018 avevo diretto Madama Butterfly, e in questo grande teatro ritorno sempre con grande gioia ed emozione ed è un ritorno in Italia perché l’ultima volta che ho diretto nel mio Paese è stato nel 2019 con Sonnambula al Teatro Regio di Torino».

Come tratta l’orchestra Donizetti? 

«In funzione molto espressiva. Pensiamo ad esempio all’uso concitato dei tremoli per sottolineare la nervosità di Enrico che vuole dominare, manipolare gli altri. Pensiamo alle frasi spezzate di Giovanna lacerata dal rimorso e dal dolore per aver tradito Anna. L’uso di un particolare strumento serve a sottolineare un particolare momento: il solo di corno inglese nel finale di Anna viene utilizzato perché il corno inglese identifica Percy e il delirio di Anna è una pagina straordinaria. Sono tutte indicazioni che ci portano a un romanticismo ante litteram, sono sconvolgenti e ci fanno amare quest’opera. Donizetti ha capito molto bene l’uso del colore, cosa che farà poi Verdi, fin dall’inizio dell’opera con il suono degli ottoni che ci raccontano una corte chiusa, un ambiente di tirannia, percepisci già una situazione oppressiva, pesante, un’atmosfera di oppressione».

Prossimi impegni dopo Venezia? 

«Thais a Lisbona e poi c’è in cantiere un grande progetto rossiniano».

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