Palestrina e Pärt, due compleanni

The Tallis Scholars alla IUC per celebrare i due anniversari con un concerto di polifonia sacra

The Tallis Scholars diretti da Peter Phillips (Foto Damiano Rosa)
The Tallis Scholars diretti da Peter Phillips (Foto Damiano Rosa)
Recensione
classica
Roma, Aula Magna della “Sapienza”
The Tallis Scholars diretti da Peter Phillips
21 Gennaio 2025

Nel 2025 ricorre il cinquecentesimo anniversario della nascita di Giovanni Pierluigi da Palestrina, che è stato forse il più grande e certamente il più famoso e influente compositore del rinascimento e una delle maggiori glorie musicali italiane di ogni tempo. Dando uno sguardo ai programmi di questa stagione, sembrerebbe che le varie istituzioni musicali nostrane non se ne siano accorte, con alcune rarissime eccezioni, tra cui l’Istituzione Universitaria dei Concerti di Roma, che gli ha dedicato un concerto in condivisione con Arvo Pärt, che di anni ne compie non cinquecento ma soltanto novanta: auguri! 

Potrebbe sembrare azzardato abbinare due musicisti così lontani nel tempo, ma li accomuna l’essersi dedicati alla musica corale sacra “a cappella”, Palestrina in modo quasi esclusivo e Pärt in misura comunque notevole. E la musica di entrambi è “intrisa in atmosfere sonore rarefatte e quasi mistiche” (attingo al bel programma di sala scritto da uno studente, Riccardo Pugliese, nell’ambito del progetto “Studiare con la IUC” curato da Franco Piperno, professore emerito di Storia della Musica alla Sapienza). L’uno e l’altro si riallacciano al canto gregoriano, che Palestrina frequentava quotidianamente nelle sue vesti maestro di cappella delle tre principali basiliche romane, mentre per Pärt si è trattato di un ritorno all’antico e alla semplicità, che andava controcorrente rispetto alle ipercomplicate tecniche dell’avanguardia musicale di sessanta anni fa, a cui Pärt si era inizialmente approcciato ma che rischiavano - almeno così lui temeva - di condurlo in un vicolo cieco. 

Ovviamente Palestrina usa in modo sublime la polifonia, che talora può essere molto complessa, come nel mottetto Surge illuminare Jerusalem  a otto voci in due cori, e talora relativamente semplice, come nella Missa Brevis,  per citare due composizioni ascoltate in questo concerto. Sempre attinge una limpidezza immateriale, ultraterrena, che si libra al di sopra delle miserie di questa terra. Senza per questo barricarsi in una perfezione inespressiva. Nella Missa brevis alle parole “crucifixus” e “passus et sepultus” risuonano il dolore e la tragedia universali simboleggiati dalla passione di Cristo. In Recordare Domine,  sempre ricorrendo alla più pura polifonia, fa affiorare in modo ancor più toccante il dolore struggente del testo tratto dalle Lamentazioni di Geremia.

La purezza di linee e colori di Palestrina può ricordare la pittura Raffaello, mentre Pärt, che evita quasi totalmente cromatismi, dissonanze, irregolarità ritmiche e ogni altro mezzo usato dalla musica negli ultimi secoli, rimanda ancora più indietro nel tempo, all’immobilità irreale dei mosaici di una chiesa bizantina. Si sono ascoltati tre suoi pezzi sacri “a cappella”, in cui emergeva in vari momenti la tecnica ripetitiva del minimalismo, ma non in modo così esclusivo come si potrebbe pensare. Un pezzo era però estremista nella sua ripetitività e si basava su un testo indubbiamente scelto ad hoc: era Wich was the son of,  che ripete settantasette volte la frase del titolo, ogni volta seguita da un nome diverso, corrispondente ad uno dei settantasette progenitori di Gesù elencati nel Vangelo di Luca. Parallelamente la musica si ripete sempre, simile ma con continue piccole varianti, come il lungo crescendo dal pianissimo al fortissimo che occupa tutta la parte centrale. 

Diversamente dalla polifonia di Palestrina, la musica di Pärt è ben agganciata alla nostra epoca dal minimalismo, che lo accosta a Glass e a tanti altri compositori contemporanei. Entrambi hanno conquistato il variegato pubblico (molti anche i sacerdoti in abito talare e le suore: una presenza inconsueta nelle sale da concerto) che occupava ogni posto dell’Aula Magna della “Sapienza”. Colpiva vedere e sentire i molti giovani presenti ascoltare prima in silenzio e poi applaudire entusiasticamente, con accompagnamento di urla e fischi da concerto rock, ricambiati da due bis, uno di Pärt e uno di Palestrina.

L’esecuzione era affidata a The Tallis Scholars diretti da Peter Phillips. Le dieci voci sono cambiate più volte dalla fondazione del gruppo nel 1973, quando la maggior parte dei suoi attuali componenti non era ancora nata, ma la qualità è immutata e fa perno sull’intonazione perfetta, sulla purezza del suono (solo in un paio di momenti si avverte che proviene da esseri umani e non angelici) e sul bilanciamento delle voci, che mette in luce ogni linea della polifonia senza mai bisogno di calcare sulle dinamiche o ricorrere ad altri mezzi estranei allo stile polifonico. La IUC, come altre istituzioni musicali italiane, si affida volentieri a loro per i rari concreti di musica polifonica sacra. Questo fa molto piacere a tutti. Dispiace però che scarseggi (non diciamo che manchi totalmente) la concorrenza da parte di gruppi italiani.

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