Omaggio a Stradella
Napoli: l’Ensemble Mare Nostrum sotto la direzione di Andrea De Carlo e con il soprano Silvia Frigato
La nuova stagione Tengo Genio, 27ª concertistica e culturale, della Fondazione Pietà de' Turchini a Napoli è intreccio corale, gioco di generi e stili, un desiderio di fare come da espressione napoletana del titolo “ho voglia”. Venti concerti tra le tante rassegne A più voci e Napoli InCanta, A Canne Spiegate, concorsi - Francesco Provenzale – masterclass e artisti come Ann Hallenberg, Gianluca Capuano, Enrico Baiano, Anna Bonitatibus. Sabato 9 novembre nella Chiesa di Santa Caterina da Siena l’Ensemble Mare Nostrum sotto la direzione di Andrea De Carlo e con il soprano Silvia Frigato hanno inaugurato la stagione. E “tengo suono” direbbe l’Ensemble Mare Nostrum. Infatti, il concerto, attesissimo, era insieme "suono" e "genio": genio perché legato all’infinito talento di Alessandro Stradella, che ha sfidato i limiti della scrittura musicale del suo tempo; suono perché condito da echi di lirismo puro e toccante. A Napoli, De Carlo e Silvia Frigato si sono presentati in gran forma e con la giusta energia di chi domina ogni sfaccettatura della voce e del gesto teatrale. “Si che l’ucciderò”, “Sorte Crudele”, da Le Gare dell’Amor Eroico (1679) di Stradella aprono il concerto, preceduti dalla Sinfonia avanti l’Atto I, e la Sinfonia avanti l’Atto II, in modo sperimentale e per molti versi teatrale, con accenti incalzanti e tenuti su tempi giusti in equilibrio tra virtuosismo barocco e umorismo settecentesco. Subito dopo la voce scivola morbida in “Notte amica de’ riposi” (Antioco) da “La Forza dell’Amore Paterno”. Spettacolare. Nella scena di pazzia in cui Frigato tiene battaglia su lunghe scale e ritmi incalzanti, De Carlo guida con ampi gesti, soprattutto il continuo, come fosse anch’egli uno strumento in cui il discorso musicale e il suono dell’ensemble fluisce. De Carlo spinge a rivalutare la figura del direttore barocco, sempre un po' superflua. I violini Jesus Merino e Andres Murillo Aydillo svolgono poi le raffinate concatenazioni armoniche che caratterizzano questo repertorio in modo eccellente, mai una sbavatura, mai un'intenzione espressiva o dinamica non riuscita – così come nella Sinfonia avanti l’Opera e nella Sinfonia avanti il terzo atto. Nell’aria “Lasso che feci”, Frigato abbraccia l’orchestra con la sua voce, alla ricerca di un'essenza sempre sublime e cangiante. Mai sobrie e pacate le bellissime danze Sarabanda, Balletto delle Furie Balletto d’Amorini, Sarabanda, Presto, di magiche invenzioni e di mondi sonori mai visti, con profondi pieni e vuoti sonori dell’Ensemble. Diversi dai balli per Il Girello di Jacopo Melani (1668) che concludono il concerto in cui spicca la tiorba di Giulio Falzone in dialogo con gli archi. Frigato interpreta poi La Susanna “Da chi spero aita”, confidenziale, a tu per tu, dosando la voce e distillando una serie di pianissimo, come sussurri che sfidano l'udito dei più. Controlla ogni volume in lunghi fraseggi persino nei momenti più esili della scrittura, creando forme e prospettive mai osate prima, che puntano sempre al sublime riponendo gli schemi e mirando al cuore. Qui il percorso della Frigato diventa un'invenzione originale, a dimostrare che sfuggire le convenzioni e andare al di là della partitura dirige sempre il concerto in luoghi inesplorati. E questo è ciò che il pubblico chiede. Pubblico esaltato, insaziabile, tutti applaudono alzandosi in piedi con enorme festa risultano in due bis dal programma “Zeffiretti” e nuovamente l’aria di Susanna che confermano le emozioni della prima parte.
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