Successo a Cremona per “Così fan tutte”
L’elegante direzione di Sardelli segna la ripresa della regia di Martone animata da un affiatato cast vocale
Dopo Le nozze di Figaro, opera andata in scena nei Teatri di OperaLombardia nella stagione 2015/16, e Don Giovanni del cartellone 2022/23, la coproduzione di Così fan tutte che abbiamo seguito domenica a Cremona – prossime tappe Teatro Grande di Brescia (6 e 8 dicembre), Teatro Sociale di Como (13 e 15 dicembre) e Teatro Fraschini di Pavia (20 e 22 dicembre) – chiude il trittico Mozart-Da Ponte che il circuito lombardo ha dedicato alle letture registiche firmate da Mario Martone. Allestimento pensato in origine nel 1999 per il San Carlo di Napoli, in questa occasione la regia Martone per Così fan tutte è stata ripresa da Raffaele Di Florio, con le scene di Sergio Tramonti, i costumi Vera Marzot (ripresi da Rossana Gea Cavallo) e le luci di Pasquale Mari (riprese da Gianni Bertoli).
Se l’approccio registico di Martone rimanda dichiaratamente alle ormai classiche interpretazioni mozartiane di Strehler e alle letture di Peter Brook, anche in questa ripresa il segno più personale del metteur en scène partenopeo si conferma in quella capacità di tratteggiare un’atmosfera che diviene interpretazione della narrazione scenica. Una visione precisa e al tempo stesso misurata ed essenziale che emerge da ciò che è presente – due letti, alcuni complementi e pochi altri elementi di sfondo – e, soprattutto, da ciò che accade su un palcoscenico che va oltre la sua funzionalità drammatica, ma diviene rimando plastico e animato da una – ben riconoscibile ed efficace – tra le tante interpretazioni possibili del capolavoro mozartiano. Un carattere che, se da un lato conferma il felice equilibrio che sottende la lettura registica di Martone, dall’altro lato ribadisce l’intelligenza intrinseca di questa messa in scena, capace – in maniera tutt’altro che anonima – di lasciare ampio spazio espressivo alla musica di Mozart, vale a dire a una materia drammaturgica già vividissima di per sé.
Un dato, questo, colto a pieno da Federico Maria Sardelli il quale ha saputo riempire lo spazio liberato dalla visione registica di Martone grazie a una lettura musicale dai colori vivaci e variegati, animati da un’espressività che ha contagiato con sostanziale ed efficace rispondenza sia la reattiva orchestra dei Pomeriggi Musicali – alla quale si aggiungeva il coro OperaLombardia, ben preparato da Diego Maccagnola – sia le voci presenti in palcoscenico. Un approccio che il direttore toscano ha saputo declinare da un lato attraverso una misura attenta a gestire i non sempre scontati equilibri timbrico-ritmici tra compagine strumentale e cantanti e – dall’altro lato – lasciando il necessario spazio al suo estro di affabulatore consapevole. Si leggano, questo senso, le sue “Note musicali” al programma, nelle quali si egli si dipinge come una sorta di tecnico aggiustatore intento a «riparare alcuni guasti che deformano la fisionomia d’un tema o di un andamento musicale» scrostando questo lavoro da una inveterata tradizione e rendendolo, con significativa modestia, «solo un po’ più settecentesco».
Al di là della legittima ricerca di una prassi sempre più storicamente informata, a noi importa soprattutto capire se l’impianto interpretativo funziona all’orecchio dell’ascoltatore odierno e, in questo caso, ci pare proprio di poter dire che sì, funziona eccome. Un esempio, a tal proposito, lo possiamo richiamare proprio da uno dei casi citati dallo stesso direttore nei suoi appunti, vale a dire nel terzettino “Soave sia il vento” (atto primo, scena sesta) qui staccato “in due”, il cui passo più fluido e spedito ha restituito un respiro più fresco ed efficace a questa pagina, offrendo uno smalto più vivido a una delle più ispirate linee melodiche dell’opera e portando in primo piano il disegno degli archi impegnati a imitare l’andamento delle onde, evidenziando infine una sensibilità forse più strumentale che vocale dello stesso Sardelli. Rimane il fatto che l’andamento musicale così condotto ha assunto nel complesso una forma caratterizzata da un segno asciutto ed elegante assieme, vivacizzando quella densa – e se vogliamo, melanconicamente disillusa – poetica dei sentimenti, travestita da spensierata e giocosa leggerezza, che anima questa pagina mozartiana.
Un approccio che il direttore ha adoperato anche nella gestione dei protagonisti in scena, incarnati da un’affiatata e giovane compagine vocale formata dalla Fiordiligi restituita con impegno da Katarina Radovanovic e dall’efficace Dorabella di Mara Gaudenzi, affiancate dallo spigliato Guglielmo di Davide Peroni e dall’adeguato Ferrando di Pietro Adaíni, completati dal carattere vocalmente e scenicamente brillante ed estroverso della Despina di Cristin Arsenova e del Don Alfonso di Matteo Torcaso.
Un’affinità, quella tra palcoscenico e buca, colta anche dal folto pubblico presente, che ha tributato calorosi e appaganti applausi a tutti gli artisti impegnati.
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