Il Cuore Meridiano dei Radiodervish

Dagli Area a Battiato, il nuovo EP dei Radiodervish

Radiodervish
Disco
world
Radiodervish
Cuore Meridiano
Cosmasola
2024

Ci sono brani che scottano, non si maneggiano con la scaltrita indifferenza di chi sa che l’esito è garantito perché rodato dall’abitudine, dal passare dei decenni, dall’assunzione nell’empireo popular della notorietà, a prescindere. Ci sono brani irriducibili, vanno considerati per quel che sono: il che implica, nella loro rilettura e riconsiderazione, un affilato senso storico per coglierne la dirompenza originaria, che in mancanza di parametri di riferimento si sfarina nell’incomprensibilità, e un altrettanto aguzzo senso del presente per avvertirne il precipitato,  dunque l’attinenza di quell’espressione con l’oggi.

"Luglio, Agosto, settembre (nero)" è uno di quei brani, irriducibili e monumentali, loro malgrado. Gli Area, International (Pop)ular Group, per ricordare ancora una volta la geniale aggiunta esplicativa e disorientante assieme scovata dal folletto creativo Gianni Sassi, incisero quella fiammata pop ed “etno” quando ancora non esisteva il termine world music.

Il brano apre Arbeit Macht Frei, uscito il primo giorno di settembre del 1973, e nel titolo riprende e amplifica quanto successo esattamente un anno prima, il 5 settembre del ’72: alle Olimpiadi di monaco un commando di terroristi palestinesi sequestrò un gruppo di atleti israeliani, richiamando l’attenzione del mondo sulla storia della Palestina occupata.

Il testo dice “non è colpa mia / se la tua realtà / mi costringe a fare/ guerra all’umanità”. Il settembre “nero”, accostato nel titolo ai due mesi in cui l’Italia si fermava per le vacanze è puro espressionismo, ma anche storia: per i palestinesi era un riferimento al settembre 1970, quando vennero massacrati da re Hussein di Giordania. In più, c’è da ricordare che dilemmi simili investivano la Penisola di quegli anni, con la scelta della lotta armata e del terrorismo da parte di un numero crescente di ex “movimentisti”.  In ogni caso, merce musicale imbandita scottante. 

Il lungo preambolo per avvisare chi è più giovane sulla difficile ma splendida scelta per i veterani Radiodervish di aprire il loro nuovo Ep, Cuore Meridiano proprio con quel brano degli Area che si nutre anche di un tempo dispari. Una versione onirica e potente, radicalmente diversa dal bruciante staccato orinale: il tutto naviga in un flusso mediterraneo avvolgente e sinuoso retto dalla voce, prima in italiano, poi in arabo di Nabil Salameh, poi, a tre quarti del minutaggio, entrano i Pentawhite, coro di voi bianche diretto dal Maestro Marco Giuliani. Effetto straniante e convincente assieme.

Un attimo di respiro, e parte la malinconia scandita di "Le temps de vivre", pregiata ditta Georges Moustaki, anno di grazia 1969, che fece da traccia base per un gran film.

Quasi naturale la confluenza in un brano in italiano, e stavolta la scelta è per "La stagione dell’amore di Battiato”, da Orizzonti perduti, e stavolta siamo nel 1983, una delle poche tracce nobili e motivate di un periodo difficile da rivalutare.

Qui si tollerano, e qualcosa in più, anche gli sciami di tastiere l’uno sull'altro, come onde sintetiche. La voce di Salameh torna al francese con "Pourquoi cette pluie?", un brano di Idir -  Jean Jacques Goldman che molti ricorderanno, del 2002, che sembra legarsi a filo doppio con quello di Battiato.

Si sarà, compreso, è un gioco di rimandi e di incastri questo disco, e forse il senso vero si coglie nella circolarità della riflessione sulla violenza, le ondate di sopraffazione nella storia e le residue possibilità d’amore della conclusiva "Giorni della memoria", l’unico brano originale, scritto da Michele Lobaccaro della band. Si aggiungono qui le chitarre elettriche dolcemente rumorose di Massimo Zamboni di CCCP e CSI, e sembra che tutto torni.                                                                                                              

 

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