Eleonora Bordonaro: viaggio a San Fratello
La cantante siciliana alla scoperta dei "lombardi di Sicilia" nel nuovo disco Roda
Una volta, con l’ironia sulfurea che spesso illuminava le sue sortite, Giovanna Marini rispose più o meno così a chi le chiedeva un suo parere sulla world music, allora fenomeno e caso di mercato in piena ascesa: «Musica dal mondo? Io ho impiegato decenni a capire cosa c’è nel patrimonio musicale del Frusinate e della Ciociaria».
Al di là del sarcasmo, Marini indicava un problema vero: spesso ci sfugge ciò che ci è vicino, il nostro sguardo che vorrebbe essere acuto scavalca quelle che sono ritenute aree arcinote (e non è vero), e si appunta presuntuosamente lontano, a migliaia di chilometri, illudendosi di aver presa sulla realtà. Un po’ come il turismo di massa: si va in Malesia, ma magari ignoriamo che a un passo da casa nostra ci sono oasi di cultura e di natura.
Deve aver fatto un ragionamento del genere la potente Eleonora Bordonaro, che ricordavamo in un disco riuscito e fiero, bella grinta già dal titolo, Moviti ferma, e in precedente altra significativa uscita, Cuttuni e lamè.
Bordonaro è siciliana. E la Sicilia è isola-continente, per la musica. Lei è catanese, e già la sua area di riferimento è qualcosa di potentemente diverso dal trapanese, dal messinese, dal palermitano. Però, come ha detto qualcuno, «Per quanto sia audace esplorare l’ignoto, lo è ancor di più indagare il noto».
E Bordonaro s'è messa d’impegno a esplorare il noto, o presunto tale. Le isole dentro l’Isola. Dove il principale marcatore di differenza è, inevitabilmente, uno: la lingua. Ad esempio andando a ricercare il patrimonio arbereshe residuale degli “albanesi di Sicilia”.
Adesso una nuova avventura musicale e linguistica nella sua Sicilia, che alza l’asticella ancor più in alto, e qui si richiedono spiegazioni consistenti.
C’è un paese e un territorio, compreso nell'area metropolitana del messinese, ma già in altitudine premontana, che oggi chiamiamo San Fratello, ma che più correttamente dovrebbe essere reso come San Filadelfo. In epoca normanna, tra l’undicesimo e il tredicesimo secolo la zona, dotata di un castello a presidio, fu ripopolata di coloni e soldati di ventura che arrivavano da zone che oggi identifichiamo nella Liguria, nel Piemonte, Lombardia, Emilia.
Quella gente non cominciò mai a parlare il siciliano di Messina o le forme di protovolgare che comunque al siciliano si riferivano. Si intesero fra loro creando e affinando nei secoli una lingua che metteva in conto tutti gli apporti locali delle singole provenienze, una specie di esperanto longobardo. Una lingua nuova, e che oggi, parlata ancora da tutti a San Fratello, è diventata, come si suol dire “lingua di tradizione”: il gallo-italico.
Incomprensibile a tutti, senza una buona guida: tant’è che i messinesi dicono di loro “i francisi” o “i lombardi”.
Eleonora Bordonaro ha frequentato quella comunità così fiera e speciale, imparando a conoscere anche un’altra particolarità culturale: a San Fratello agiscono le bande dei “Giudei”. La cui principale particolarità è di suonare durante la settimana della Passione clamorosi brani su trombe di origine militare e napoleonica a un pistone, con un effetto che non può non richiamare le fanfare balcaniche. Il tutto con coloratissimi vestiti cuciti a mano che li fanno sembrare pazzarielli siculo-lombardi.
Musica da festa nella settimana della Passione? Sì, e qui c’è uno spunto interessantissimo di “articolazione popolare”: loro sostengono che la musica di festa dei “Giudei” nella passione (proibita durante il fascismo, ovviamente) non festeggia certo la morte del Cristo, ma è una sorta di anticipazione della resurrezione, presagita con la musica.
Bella storia. Bordonaro ha contribuito a scrivere testi magnifici facendone curare e rivedere la traduzione in gallo-italico, poi ha costruito, canzone su canzone e in comunità, un possente affresco spesso in levare per fiati, voci e altri strumenti che diventa una sorta di melting pot globale innestato su una tradizione che è già di per sé melting pot. Che potenza.
Ascoltare per credere, e con il sarcasmo iniziale di un sanfratellano che dice: “Nà,nì ghji ng’è canzuoi n sanfardean! (No, non esistono canzoni in sanfratellano!). Mettete in conto un viaggio a San Fratello, anzi, a San Filadelfo.