Nato a Pieve di Cadore nel 1990, Alessandro Baldessari è un compositore, sound designer e produttore impegnato nella creazione di esperienze audio immersive che integrano elementi elettronici e acustici. Nel 2020 ha ricevuto il Golden Reel Awards a come music editor per il documentario Serengeti – trasmesso, fra gli altri, da BBC Worldwide e Discovery Channel – assegnato dalla MPSE, nella categoria “Outstanding Achievement in Sound Editing – Non-Theatrical Documentary”. La sua attività compositiva miscela musica classica contemporanea, IDM (Intelligent Dance Music) e sound design con le forme della canzone tradizionale, declinandosi in diversi contesti espressivi: dalle colonne sonore, alle installazioni artistiche fino agli spettacoli teatrali.
Abbiamo rivolto qualche domanda a Baldessari per ripercorrere il tragitto che lo ha condotto dalla giovanile passione per la cornamusa agli Real World Studios di Peter Gabriel, per approdare i prossimi 7 luglio a Ravenna e 9 luglio a Lampedusa con un brano appositamente commissionato per elettronica e orchestra diretto da Riccardo Muti e l'8 luglio - sempre a Ravenna - con un lavoro di teatro musicale in prima assoluta messo in scena al Teatro Alighieri. Un impegno che si colloca nell’ambito della XXVIII edizione de Le vie dell’Amicizia, iniziativa di Ravenna Festival dedicata quest’anno a una riflessione sulla storia condivisa del Mediterraneo.
Partiamo dalla sua formazione: ci racconta brevemente il percorso che lo ha condotto dalla cornamusa agli studi in musicologia e in tecnologie audio?
«Ho iniziato a suonare la cornamusa a nove anni, ispirato da Andrea da Cortà, un musicista di Pieve di Cadore da cui poi ho iniziato a prendere lezioni. A 15 anni, sono passato alla chitarra che è stato il mio tramite per iniziare a lavorare con effettistica e processamento del segnale. Ho comprato quasi subito il mio primo multieffetto, con il quale cercavo di replicare i suoni dei dischi che ascoltavo, e da lì che penso sia nata la mia passione per il suono e la registrazione. Avevo poi una tastierina Casio di mia sorella che inserivo nel multieffetto per registrare dei suoni stranissimi su una versione gratuita di Cubase».
«Avevo poi una tastierina Casio di mia sorella che inserivo nel multieffetto per registrare dei suoni stranissimi su una versione gratuita di Cubase».
«Il mio obiettivo era lavorare negli studi di registrazione, anche se non avevo ancora una chiara idea di come funzionasse esattamente quel mondo. Così, mi sono iscritto a Musicologia a Cremona, presso l'Università di Pavia, e mi sono laureato nel 2012. Durante questo percorso ho imparato molto, soprattutto su tradizioni musicali che non conoscevo, armonia, analisi e storia della musica. Dopo la laurea, nel 2012, mi sono iscritto alla Civica Scuola di Musica di Milano, dove ho studiato tecnologia audio e contemporaneamente ho frequentato la magistrale in Musicologia. Questi due percorsi formativi si sono rivelati complementari per la mia carriera. Musicologia mi ha fornito un’ampia conoscenza teorica e tecnica, permettendomi di avere una libreria mentale di riferimenti musicali a cui attingere. La formazione in tecnologie audio, invece, mi ha avvicinato al mondo della registrazione e della produzione, competenze fondamentali per un compositore».
Un momento importante del suo percorso personale credo sia rappresentato dalla sua esperienza presso i Real World Studios di Peter Gabriel: quali sono gli elementi fondamentali che ha acquisito da questa collaborazione?
«Sì, è stato un momento di svolta importante nella mia vita, sia a livello personale che professionale. Mi sono trasferito dalle città di Cremona e Milano a Bath, in Inghilterra, dove vivo ancora quasi dieci anni dopo. Questo cambiamento ha avuto un impatto significativo sulla mia carriera, poiché ho iniziato a lavorare con Marco Migliari, un tecnico del suono e produttore che ha lavorato ai Real World Studios per molti anni. Grazie a questa opportunità, ho iniziato a lavorare come freelance per i Real World e altri clienti, consolidando le conoscenze acquisite a Milano in un ambiente stimolante, rilassato e al contempo molto esigente. I Real World Studios sono sempre stati un luogo che sognavo di visitare, essendo un fan del lavoro di Gabriel e del suo modo di sperimentare con la tecnologia e la musica. Lavorare lì mi ha permesso di incontrare molte persone che sono diventate amici e collaboratori. In particolare, ho avuto l'opportunità di conoscere Will Gregory, della band Goldfrapp, con cui collaboro praticamente da allora. Soprattutto, penso di aver imparato a essere un buon artigiano, che conosce i propri strumenti e sa che, quando entra in studio, riuscirà a realizzare qualcosa di concreto entro fine giornata. Questo ti da poi la possibilità di sperimentare in maniera più libera».
Pensando alla sua attività di compositore, mi piacerebbe capire da un lato se ha figure di autori il cui stile è per lei un punto di riferimento e, dall’altro lato, se e quanto influisce sulle sue composizioni la sua attività di ingegnere del suono e produttore…
«Il mio rapporto con la musica è sempre stato fortemente influenzato dai dischi che ho ascoltato e dal mio interesse per le tecniche di registrazione e il lavoro in studio. Da bambino, a casa avevamo una collezione di dischi ampia e varia, ma non avevo la pazienza o le risorse per ricostruire le date e i periodi storici. Ascoltavo musica di stili ed epoche diverse, semplicemente seguendo ciò che mi piaceva, e penso che questo abbia avuto una grande influenza sul mio approccio alla musica. Durante i miei anni di studi, ho continuato ad ascoltare di tutto. Ho sicuramente dei punti di riferimento su cui torno spesso: da Shostakovich ai Radiohead, da Alva Noto e Ryuichi Sakamoto a Dave Brubeck, dai King Crimson a Fabrizio De André. Anche se ultimamente, mi trovo sempre più spesso ad apprezzare singoli elementi delle registrazioni, come le batterie, l’utilizzo degli archi o l’approccio alla forma. Forse i compositori di “musica colta” che ascolto di più sono Bach e Mahler, ma la risposta potrebbe cambiare a seconda del mese. Ho sempre adorato anche la musica da film, Morricone, Rota, Herrmann, Barry, Elfman…».
Venendo a Non dirmi che hai paura, come sono nate le musiche originali per questo nuovo adattamento teatrale del romanzo di Giuseppe Catozzella, il cui debutto è previsto al teatro Alighieri di Ravenna l’8 luglio? E in quale rapporto sono questi brani originali con le canzoni di Peter Gabriel selezionate per questo lavoro?
«Le musiche di Non dirmi che hai paura sono nate da un primo contatto con Giorgia Massaro quasi quattro anni fa, tramite Cristina Mazzavillani Muti, per la quale avevo curato il sound design per il suo Nabucco nel 2018. Avevo preparato delle demo da sottoporre a Peter Gabriel di due suoi brani, che servivano da moodboard per lo sviluppo degli arrangiamenti per il resto dello spettacolo. Da lì abbiamo iniziato a lavorare con la regista Laura Rocco, il coreografo Giulio Benvenuti e la stessa Giorgia per sviluppare lo spettacolo e le musiche. Ho accolto la sfida di accostare le mie musiche a quelle di Gabriel, anche per cercare un confronto con lui, che considero una figura importante e un maestro della canzone, dell'arrangiamento e della ricerca musicale in ambito pop».
«Ho accolto la sfida di accostare le mie musiche a quelle di Gabriel, anche per cercare un confronto con lui, che considero una figura importante e un maestro della canzone, dell'arrangiamento e della ricerca musicale in ambito pop».
«La mia idea era di creare un mondo sonoro molto variegato, in cui si mescolassero sonorità di vario tipo, dagli strumenti etnici alla musica elettronica, includendo anche suoni della vita di tutti i giorni. Volevo trattare questi elementi come un unico materiale, mettendoli tutti sullo stesso piano e accostandoli solo per le loro caratteristiche timbriche. Ho registrato personalmente la maggior parte delle musiche, ma mi sono avvalso anche della collaborazione di alcuni musicisti, tra cui vorrei ricordare Ashti Abdo, fantastico polistrumentista curdo, e Marta Del Grandi, bravissima cantautrice italiana con cui ho scritto il testo del mio brano “Hymn”, che chiude lo spettacolo. Marta è stata appena candidata al premio Tenco. Ho cercato di creare una struttura narrativa coerente all’interno dello spettacolo, che fondesse il mio mondo con quello di Gabriel, ma soprattutto che entrambi fossero al servizio della storia di Samia e dello spettacolo».
Dal lavoro teatrale è stato generato anche Līmen | Samìa | Līmen, brano che sarà diretto in prima assoluta il 7 luglio da Riccardo Muti, sempre nell’ambito di Ravenna Festival: quali sono i caratteri principali di questa pagina per elettronica e orchestra?
«Līmen | Samìa | Līmen è nata velocemente, quasi di getto, alla fine della lavorazione delle musiche dello spettacolo. È una commissione del Ravenna Festival e quando mi è stato chiesto di scrivere questo brano è stato come se ce l’avessi avuto già in testa, una cosa che mi è capitata raramente. Per mesi ho riflettuto sulla storia di Samia e delle persone che, come lei, affrontano il terribile viaggio per lasciare le loro case e cercare una nuova vita oltre i confini. Mi sono chiesto come siano stati gli ultimi momenti di Samia, quando si è scontrata contro un confine invisibile in mezzo al mare».
«Mi sono chiesto come siano stati gli ultimi momenti di Samia, quando si è scontrata contro un confine invisibile in mezzo al mare».
«Līmen per me è un po’ questo: quel luogo di transizione, quella soglia che, una volta varcata, sancisce ineluttabilmente un cambio netto. È come un respiro che dura un tempo indefinito, preso sulla linea sottile tra il mare e l’aria. Līmen è un brano per orchestra ed elettronica di circa 10 minuti e mezzo, nato da frammenti sonori dello spettacolo Non dirmi che hai paura e sviluppato in tre sezioni. La struttura ruota intorno al tempo della gara di Samia a Pechino nel 2008, ovvero 32”16. Dopo aver composto la parte elettronica, ho iniziato a lavorare con Claudio Cavallin all’orchestrazione del brano. Insieme abbiamo ragionato sulle tecniche strumentali da utilizzare per rendere il tipo di amalgama sonoro che avevo in mente. Nella mia visione, l’orchestra e l’elettronica devono fondersi quasi indistintamente, grazie anche all’utilizzo dell’amplificazione, che nel concerto di Ravenna sarà affidata a BH Audio con il sistema audio immersivo d&b Soundscape. Sono estremamente onorato e grato per questa prima esecuzione assoluta diretta dal maestro Muti e suonata dall’Orchestra Cherubini, che per l’occasione suonerà anche strumenti ad arco ricavati dai legni delle imbarcazioni utilizzate dai migranti. Non vedo l’ora di sentirla».
Proprio con il brano Līmen | Samìa | Līmen lei entra a far parte come autore di SZ/Sugar, la storica casa editrice del gruppo Sugarmusic recentemente rilanciata da Caterina Caselli e Filippo Sugar. Che sensazione prova a entrare a far parte di un catalogo che comprende nomi, tra gli altri, di compositori come Ennio Morricone, Aldo Clementi, Franco Donatoni, Goffredo Petrassi, Luigi Dallapiccola, Bruno Maderna, Henri Pousseur, Ivan Fedele e Stefano Gervasoni, giusto per citarne alcuni?
«Sì, infatti questa è stata un’altra bellissima sorpresa e sono molto grato alla direttrice editoriale Anna Leonardi e a tutto il team di SZ/Sugar per avermi accolto. Sugar e Suvini Zerbini sono due nomi storici dell'editoria italiana, che ho sempre ammirato molto. Vedere il mio lavoro accostato a questi nomi è un onore immenso e sono contento che ci sia spazio per proposte musicali nuove. Il catalogo è impressionante e certamente mi tremano un po’ le gambe se penso alla quantità e alla qualità della musica stupenda che fa parte del catalogo. È una tradizione di cui sono fiero di far parte in piccolissima misura. Per me è significativo che la nostra collaborazione inizi con un progetto dal tema così importante, che spero contribuisca a ricordare la storia di Samia e delle altre persone che, come lei, sono costrette a migrare. Chissà dove ci porterà questa collaborazione».