Per una sorta di curioso “contrappasso”, dopo le polemiche – per fortuna rientrate – legate ai “rumori” emessi dal Conservatorio “Arrigo Boito”, si è svolta nei giorni scorsi presso l’istituto musicale di Parma la sezione “Interpretazione musicale, specialità Strumenti a Percussione” della XVII edizione del Premio Nazionale delle Arti promosso dal Ministero dell’Università e della Ricerca, registrando la partecipazione di alcuni tra i più talentuosi allievi provenienti dai Conservatori italiani.
Diciamo subito che ad aggiudicarsi il premio, al temine della “tre giorni” che ha visto svolgersi le semifinali e finali tenute tra il 1 e il 3 dicembre scorsi, è stata Mia Kristan: ventidue anni, slovena, allieva del Conservatorio “Giuseppe Tartini” di Trieste, questa giovane artista si è distinta nell’interpretazione dei brani Niflheim di Csaba Zoltan Marjan e Rebonds B di Iannis Xenakis. La vincitrice – alla quale verrà offerta una borsa di studio e inviti a partecipare ad alcune stagioni concertistiche organizzate dal Conservatorio di Parma e non solo – è stata proclamata al temine della fase finale del premio, svolta nel pomeriggio di domenica 3 dicembre di fronte alla giuria internazionale nominata dal Ministero dell’Università e della Ricerca presieduta dal compositore Giorgio Battistelli (Leone d’oro alla carriera per la Biennale Musica di Venezia nel 2022) e completata dai percussionisti Theodor Milkov (Russia-Grecia) e Kai Strobel (Germania). La premiazione si è tenuta alla presenza, oltre che della giuria, anche del presidente e del direttore del Conservatorio di Musica “Arrigo Boito”, rispettivamente Marco Ferretti e Massimo Felici.
La sezione parmigiana del Premio Nazionale delle Arti si è chiusa al termine di un percorso avviato venerdì 1 dicembre con il Workshop di percussioni titolato “First technique, then music. Prima la tecnica, poi la musica” e curato da Kai Strobel, seguito dalla Masterclass di marimba a cura di Theodor Milkov dal titolo “4 Mallet Method – My Pianistic Approach”. Dopo il sorteggio relativo all’ordine di esibizione della fase semifinale del giorno successivo, svolto alla presenza della giuria, di Presidente e Direttore del Conservatorio “Boito” e dei nove candidati (tra solisti ed ensemble), la prima giornata del Premio Nazionale delle Arti edizione 2023 si è chiusa con il concerto che ha visto protagonisti i giovani componenti del GMC – Gruppo di Musica Contemporanea del Conservatorio “A. Boito” diretti da Danilo Grassi. In programma un significativo omaggio ad Azio Corghi, rappresentata da Un petit train de plaisir, suite dal balletto in tre parti per due pianoforti e percussioni basata su brani per pianoforte tratti dai Pechés de vieillesse di Rossini e qui presentata in un’originale ridefinizione dell’organico proposto per i diversi percussionisti disposti in differenti luoghi individuati nello spazio architettonico dell’Auditorium del Carmine.
Sabato 2 dicembre si sono quindi svolte le semifinali del premio, che hanno impegnato, tra sessione mattutina e pomeridiana, tutti e nove i candidati iscritti alla competizione, distribuiti tra solisti ed ensemble. Di fronte alla giuria internazionale si sono quindi presentati, per la categoria “solisti” Alessandro Catuogno (Conservatorio “Luciano Canepa” di Sassari), Aldo Chiarulli (Conservatorio “Niccolò Piccinni” di Bari), Michele Di Modugno (Conservatorio “Nino Rota” di Monopoli), Mia Kristan (Conservatorio “Giuseppe Tartini” di Trieste), Isacco Marchesi (Conservatorio “Giuseppe Nicolini” di Piacenza), Gianmarco Petrucci (Conservatorio “Arrigo Boito” di Parma) e Ludovica Santoro (Conservatorio “Claudio Monteverdi” di Bolzano). Per la categoria “ensemble”, invece, hanno partecipato Michele Metz, Marco Paggiaro, Dario Ponara e Riccardo Tumelero per il Conservatorio “Arrigo Pedrollo” di Vicenza e Gianmarco e Gabriele Petrucci per il Conservatorio “Arrigo Boito” di Parma. Ha chiuso la giornata il concerto tenuto presso l’Auditorium del Carmine dai due percussionisti componenti della giuria del premio: il tedesco Kai Strobel, che ha proposto l’intenso Asventuras per tamburo rullante di Alexj Gerassimez, Mechanical ballerina brano per vibrafono di Ferran Cruixent, e Rebonds per percussioni soliste di Iannis Xenakis. Il greco-russo Theodor Milkov ha invece offerto un efficace percorso di ascolto dedicato alla marimba con Marimba Sonata n. 1 del greco Georgios Tsolis, brano seguito da Quantum Superpositions 4 di Christos Hatzis, chiudendo con una trascrizione per marimba di Mad Rush di Philip Glass, brano ormai classico e originariamente pensato per organo in occasione del primo discorso pubblico del Dalai Lama negli Stati Uniti del 1979.
Prima della fase finale e conseguente proclamazione della vincitrice, la terza e ultima giornata della XVII edizione del Premio Nazionale delle Arti si è aperta nella mattinata di domenica 3 dicembre con l’interessante chiacchierata che ha visto al centro il compositore Giorgio Battistelli, presidente della giuria internazionale del premio, sollecitato dalle domande del direttore del Conservatorio di Parma Massimo Felici. Partendo dalla recente pubblicazione del volume Per moto contrario. Autobiografia in forma di conversazione (a cura di Salvatore Sclafani, LIM 2023), il colloquio ha toccato diversi temi, dai rimandi a trascorsi personali a L'Aquila a vari riferimenti letterari fino ad arrivare alle problematiche legate alla creazione e alla fruizione del teatro musicale contemporaneo.
Un’occasione nella quale Battistelli ha liberamente attraversato le diverse tematiche, a partire dalle suggestioni rievocate dall’opera e dalla figura di Pier Paolo Pasolini, ricordando in particolare le due differenti interpretazioni di Teorema – film del 1968 scritto e diretto dallo stesso Pasolini, dal cui soggetto l'autore ha poi tratto un romanzo omonimo pubblicato nello stesso anno – proposte dal compositore a distanza di oltre trent’anni trascorsi tra la prima “parabola” presentata al Maggio Musicale Fiorentino nel 1992 e la più recente creazione titolata Il teorema di Pasolini, ideata per la Deutsche Oper di Berlino e andata in scena nello scorso mese di giugno.
Ma i rimandi proposti dal compositore sono stati molteplici, comprendendo anche i limiti fisioligici insiti in un lavoro come quello rappresentato da questa autobiografia scritta in forma di dialogo con il musicista Salvatore Sclafani: «è quasi inevitabile che, una volta concluso un lavoro di questa natura, ci si renda subito conto di quante cose siano rimaste fuori tra fatti, aneddoti e altri accadimenti: per esempio, mi sono accorto che mancano sette opere del mio catalogo, e non lo so perché non le abbiamo citate…».
E ancora, riferimenti a lavori che hanno segnato la sua produzione come, tra gli altri, Experimentum Mundi del 1981 – dove Battistelli pone al centro i suoni del lavoro artigiano, quasi ideale specchio del mestiere di ricerca “artigianale” del musicista – o vari rimandi ad altri compositori del passato o di tempi più recenti che hanno in qualche modo incrociato il suo sguardo e la sua sensibilità di compositore e, al tempo stesso, di osservatore delle cose musicali: da Wolfgang Rihm a Igor Stravinskij, da Harry Partch a Pierre Schaeffer.
Riferimenti molteplici, insomma, intrecciati lungo questa chiacchierata con concetti quali la tendenza a un approccio simile al “radicante” – termine botanico che indica forme vegetali con radici estremamente diffuse nel terreno – vale a dire l’attitudine a nutrirsi di cose diverse – non eclettiche ma eterogenee – o ancora la messa a fuoco del concetto di “elusione dell’aspettativa” riferita alle nuove creazioni musicali, la ricerca cioè di una forma sempre originale e imprevedibile. In fondo, verrebbe da pensare, non è proprio questa la natura delle opere nuove?