L’ultimo evento del programma della stagione 2022-2023 del Teatro dell’Opera di Roma è stato dedicato a uno dei capolavori di Handel, il Giulio Cesare in Egitto che venne rappresentato per la prima volta a Londra nel 1724. L’opera diretta da Rinaldo Alessandrini con la regia di Damiano Michieletto è un allestimento frutto della coproduzione fra quattro teatri internazionali, di cui tre francesi e uno tedesco, con un cast vocale composto da Raffaele Pe, Mary Bevan, Aryeh Nussbaum Cohen, Sara Mingardo, Carlo Vistoli in alternanza con Rémy Brès-Feuillet, Rocco Cavalluzzi, Angelo Giordano e Patrizio La Placaù.
Nella sua prima rappresentazione romana del 1955 diretta da Gavazzeni, una novità e rarità assoluta all’epoca, ancora non si era sviluppata la sensibilità verso la cosiddetta prassi storicamente informata e i tagli e i rimaneggiamenti erano all’ordine del giorno, dovuti anche a trascrizioni poco rispettose della natura di questa musica.
Ma in occasione del terzo centenario della nascita del compositore del 1985, l’Opera di Roma, in coproduzione con l’Opéra di Parigi, restituì al Giulio Cesare la sua fisionomia musicale, con la direzione di Gabriele Ferro e un cast prestigioso che Rinaldo Alessandrini ancora ricorda, per averlo accompagnato con il basso continuo.
Tralasciando una ripresa del 1998 meno interessante, oggi l’opera è stata diretta da lui, che è un profondo conoscitore della musica barocca, con un cast che comprende ben quattro controtenori.
In questa amabile conversazione registrata durante una pausa delle prove in un palchetto centrale del Teatro dell’Opera di Roma, Alessandrini e Raffaele Pe discutono amabilmente del carattere e della interpretazione di questo capolavoro handeliano.
Anche gli esempi musicali presenti nel podcast sono stati registrati durante la stessa prova, con la voce del direttore che incalza l’Orchestra invitandola ad entrare nella dinamica e nella verve del compositore europeo che nato in Germania ha vissuto in Inghilterra portandovi di fatto l’opera italiana.