Who, gli intramontabili
Tommy e Quadrophenia in estratto e in versione sinfonica con l’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, con l’intermezzo di hit della sola band, elettrizzano l’arena fiorentina del Visarno
Della storica band inglese sono rimasti solo il fondatore Roger Daltrey, la voce, e Peter Townshend, la chitarra ma anche la mente creativa più rilevante, colui che soprattutto è identificato come la firma del sound di un gruppo straordinario per tanti motivi: lo specchio più fedele del disagio e della ribellione giovanile degli anni Sessanta, ma anche i creatori di linee e ritmi e sequenze accordali originali e grintosi ma anche così solidi e “classici” che già allora in molti casi potevano convivere perfettamente con il suono di archi e fiati dell’orchestra sinfonica.
Ciò ha avuto perfetto riscontro nell’unica data italiana del tour europeo degli Who attualmente in corso, il 17 scorso nel grande spazio dell’ippodromo del Visarno a Firenze, di fronte a un pubblico fatto non solo di sessantenni nostalgici ma anche di ventenni, trentenni e quarantenni non meno entusiasti per i pezzi e per le esecuzioni.
C’era un gruppo veramente ammirevole per grinta e perizia, il chitarrista e cantante Simon Townshend, il bassista Jon Button, il batterista Zak Starkey, le tastiere di Loren Gold e Emily Marshall, la voce di Billy Nichols, a cui vanno aggiunti Keith Levenson che dirigeva l’Orchestra del Maggio le cui file di violini e violoncelli erano capeggiate stavolta da Katie Jacoby e Audrey Snyder.
Alle sequenze da Tommy, con pezzi iconici come Ouverture, 1921, Amazing Journey-Sparks, Pinball Wizard, We’re Not Gonna Take It, e da Quadrophenia con brani struggenti e specchio della “terra desolata dell’adolescenza”, per dirla con una classica formula Who, come The Real Me, I’m One, The Rock, Love Reign O’er Me, si aggiungeva, come si è detto, l’Orchestra del Maggio, e si è notato anche a Firenze, come in altri concerti in tour precedenti del resto, come l’orchestra sinfonica, con i suoi scatti ritmici e le sue dipanate melodie, aggiungesse a questi canti della disperazione e dell’introspezione, o della ribellione, qualcosa come un’energia e un sovrappiù di orgoglio e di incisività, ad esempio nella stupenda versione di The Real Me.
Fra le due sequenze di Tommy e Quadrophenia una parte dedicata alla sola band in cui abbiamo riascoltato altri classici della band come I Can See for Miles, Seeker, WGFA, e se i due storici membri della gloriosa band potrebbero aver inevitabilmente perso un po’ della loro freschezza, sono ancora signori del podio, capaci di trascinare la band e il pubblico e di coinvolgerlo in giochi di risposte corali come gli u-u-u-u in Who Are You.
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