Valčuha e Avdeeva omaggiano Rachmaninov a 150 anni dalla nascita
A Piacenza un bel concerto con protagonisti il pianoforte di Yulianna Avdeeva e la direzione di Juraj Valčuha alla guida dell’Orchestra Nazionale della Rai
A pochi giorni dall’incontro con alcune pagine di Listz e Šostakóvič, Juraj Valčuha, attualmente direttore musicale della Houston Symphony, è risalito sul podio dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai – di cui è stato direttore principale dal 2009 al 2016 – per guidarla in un interessante percorso che abbiamo intercettato nell’ambito della stagione concertistica del Teatro Municipale di Piacenza e che ha offerto in apertura di serata la prima esecuzione italiana di Turbulence per orchestra op. 11 della compositrice slovacca Ľubica Čekovská, omaggiando nel resto del programma Sergej Rachmaninov in occasione dei 150 anni dalla nascita.
Eseguito per la prima volta nel marzo del 2000 all’Arvo Pärt Festival della Royal Academy of Music di Londra e presentato anche nell’ambito della rassegna ISCM World New Music Days in Svezia nel 2009, questo brano per orchestra ha offerto un significativo esempio della scrittura musicale che connota il lavoro di Ľubica Čekovská, compositrice con all’attivo varie colonne sonore per film e premiata nel 2013 dal Tatra Bank Foundation Award per il lavoro Four Movements for Piano e nella stagione 2011/2012 dal SOZA Award per l’esecuzione internazionale di opere slovacche. Insignita, inoltre, del premio “Krištáľové krídlo” e del premio del Ministro della Cultura slovacco in particolare per le sue due opere Dorian Gray e Impresario Dotcom, la Čekovská ha confermato anche in questa Turbulence il suo personale gusto per combinazioni timbrico-strumentali dense e, al tempo stesso, asciutte e dinamiche, tratteggiando una partitura nella quale la compagine strumentale attraversava intarsi timbrici ora sbalzati con segno netto, ora più sfumati e fluttuanti. Una materia sonora abitata da intuizioni melodiche essenziali e gestita da Valčuha con precisa consapevolezza la cui sostanza è stata restituita con efficace reattività dal fronte orchestrale, capace di assecondare con puntuale compattezza timbrica una scrittura che alternava passaggi più fitti a rade oasi di più composta riflessività.
Un deciso cambio di atmosfera ha poi preso forma con la prima tappa dell’omaggio a Sergej Rachmaninov, rappresentata dalla Rapsodia su un tema di Paganini op. 43, brano affidato per la parte solistica a Yulianna Avdeeva, pianista russa vincitrice dell'edizione del 2010 del Concorso Chopin e al suo debutto con l’Orchestra Rai. Interprete il cui profilo si è confermato contraddistinto da una solidità tecnica innervata di concreta sicurezza, la pianista ha saputo attraversare le ventiquattro variazioni plasmate sul celebre tema dell’ultimo Capriccio per violino solo di Paganini con una immediatezza interpretativa davvero trascinante. Assecondata dalla reattiva presenza orchestrale, guidata con plastica presenza da Valčuha nei dialoghi ora serrati ora più morbidi con lo strumento solista, la pianista ha saputo restituire l’immediatezza espressiva che il compositore russo ha infuso in questa ispiratissima pagina del 1934 con una vivacità concreta e coinvolgente. Un carattere, questo, che la Avdeeva ha poi ribadito nel fuori programma in solo concesso agli applausi del pubblico, al quale ha offerto le Bourrée dalla seconda Suite inglese di Johann Sebastian Bach, regalando una lettura tratteggiata con cristallina pregnanza.
Protagonista dell’ultima parte del programma, la Sinfonia n. 3 in la minore op. 44 di Rachmaninov – composta tra il 1935 e l’anno successivo e distante trent’anni dalla Seconda Sinfonia del compositore russo – ha trovato nella direzione di Juraj Valčuha un’impronta di palese e coinvolgente personalità, capace di trascinare l’affiatata compagine orchestrale nei tre movimenti che compongono questa pagina attraverso una lettura dalla chiara consistenza. Un approccio che ha in qualche modo ripulito il tradizionale clima espressivo che segna questa partitura sulla scia degli ideali rimandi cinematografici – sicuramente presenti ma sovente restituiti con impronte ridondanti – riuscendo a vincere la sfida rappresentata da un lato nel non disconoscere l’aspetto narrativo e descrittivo che comunque abita queste pagine, e dall’altro nel riportare l’essenza di questo lavoro ad un equilibrio timbrico-strumentale segnato da una felice e fresca fluidità.
Una sfida, come detto, pienamente superata dal direttore, protagonista di un’interpretazione la cui palese consistenza ha saputo contagiare una Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai ottimamente amalgamata, oltre che convincere il pubblico presente, giustamente generoso di applausi nei confronti di tutti gli artisti impegnati.
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