Il viaggio di Tan Dun da Oriente a Occidente
Applausi a Modena per il compositore cinese che ha aperto il festival L’Altro Suono con la sua “Odissea classica”
Per l’inaugurazione dell’edizione 2023 del festival L’Altro Suono è salito sul palcoscenico del teatro Pavarotti-Freni di Modena Dan Tun – celebre compositore cinese vincitore, tra l’altro, nel 2001 dei premi Oscar e Grammy per la colonna sonora del film La tigre e il dragone del regista Ang Lee, e nel 2017 del veneziano Leone d’Oro alla carriera – protagonista di un concerto che lo ha visto dirigere la Filarmonica del Teatro Comunale di Modena in un programma che proponeva il progetto inedito in prima italiana titolato “Da Oriente a Occidente: un’Odissea classica”.
L’avvio della serata è stato dedicato a un significativo omaggio all’Occidente, incarnato dall’ Ouverture dall’opera Così fan tutte di Wolfgang Amadeus Mozart, capolavoro che ha debuttato al Burgtheater di Vienna il 26 Gennaio 1790 e che chiude la trilogia Mozart-Da Ponte. Una pagina ricca di nuances e sfumature, indagate in questa occasione con equilibrata ed essenziale attenzione, assecondata da una compagine orchestrale timbricamente compatta nel restituire – nel complesso in maniera funzionalmente adeguata – la cifra brillante e variegata della partitura.
Un’intesa, quella tra direttore e compagine orchestrale, che si è confermata anche nell’esecuzione del successivo Concerto per orchestra d’archi e pipa, pagina tratta da Ghost Opera, lavoro per quartetto d’archi e pipa con acqua, metallo, pietre e carta inciso, tra l’altro, dal Kronos Quartet in un disco pubblicato nel 1997 dall’etichetta statunitense Nonesuch. Lo stesso compositore descrive questo lavoro come «una riflessione sulla spiritualità umana, troppo spesso sepolta dal bombardamento della cultura urbana e dai rapidi progressi della tecnologia». La trasposizione di tale assunto ha preso forma in occasione di questo concerto nella dimensione distesa e lineare di un dialogo elegante e levigato tra una compagine orchestrale intenta a tratteggiare ora gli scarti ritmico-timbrici, ora gli innesti melodico-armonici e i pregnanti interventi solistici disegnati dalla pipa di Han Yan. In un fluire continuo, senza palesi cesure, i diversi rimandi stilistici racchiusi nei quattro movimenti di questo concerto hanno quindi restituito una miscela di rimandi alla cultura cinese, tibetana, inglese e americana, il tutto mescolando gli stilemi esecutivi del concerto classico europeo con riferimenti al teatro delle marionette e delle ombre cinesi, alla musica popolare, al teatro drammatico e al rituale sciamanico.
Una lettura, quella rappresentata dall’incontro tra Oriente ed Occidente, che Tan Dun pare condensare in una cifra stilistica che, pur non rinunciando a suggestioni extra musicali – significative, in questo senso, appaiono le esperienze della Water Passion riletta scenicamente da Denis Krief o ancora i Water Concerto e Paper Concerto – sembra plasmare in un linguaggio musicale diretto e, in un certo senso, didascalico, dove i caratteri melodici, armonici e ritmici concorrono a una immediata riconoscibilità.
Un carattere che appare delinearsi in maniera se vogliamo ancora più diretta nelle tre parti nelle quali si articola Three Ancient Stories per cantanti solisti, coro, pipa e orchestra, composizione che ha occupato la seconda parte della serata. Qui le solide voci soliste di Lei Xu (soprano), Megan Moore (mezzosoprano), Yi Li (tenore) e Yi Yang (basso baritono) hanno offerto un buon impegno all’interpretazione delle differenti declinazioni richiamate da un racconto sinfonico-corale basato su tre storie ispirate da antiche pitture murali ai margini occidentali del deserto del Gobi, lungo la Via della Seta. Al centro la figura di Buddha e la celebrazione spirituale dei suoi insegnamenti e dei concetti universali di amore, perdono, sacrificio e salvezza. Un racconto che si dipana attraverso diversi discepoli, figure che dal dipinto prendono forma e diventano Piccolo Principe, l’Uccello di Tutte le Vite, l’Albero di Bodhi.
Un affresco pregnante – attraversato da un lato dagli interventi a tratti oltremodo drammatizzati dei cantanti solisti e dall’altro dagli adeguati interventi del Coro Lirico di Modena preparato da Stefano Seghedoni – e che ha ribadito il carattere immediato e comunicativo della musica di Tan Dun, confermato anche dai calorosi e convinti applausi rivolti al compositore e a tutti gli artisti impegnati da parte di un pubblico numeroso ed entusiasta, animato tra l’altro da una consistente schiera di stranieri di origini asiatiche, concreto e positivo segno del respiro internazionale dei nostri teatri, anche di quelli “di tradizione”.
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