Il destino di Ernani

Dopo oltre trent’anni di assenza torna al Teatro La Fenice la prima opera di Verdi composta per il teatro veneziano

Ernani (Foto Silvestri)
Ernani (Foto Silvestri)
Recensione
classica
Teatro La Fenice, Venezia
Ernani
16 Marzo 2023 - 28 Marzo 2023

Mancava dal palcoscenico del Teatro La Fenice dal 1990 eppure Ernani è opera con radici storiche profondamente abbarbicate a quel teatro, essendo la prima della cinque opere composte da Giuseppe Verdi per la Fenice e l’inizio della collaborazione con Francesco Maria Piave. Questo nuovo Ernani dal sapore antico è anche il secondo appuntamento di una stagione veneziana ricchissima di appuntamenti con il teatro verdiano aperta dal Falstaff e che, dopo la pausa estiva, prevede la ripresa dell’ormai storica Traviata di Robert Carsen in settembre e I due Foscari in chiusura di stagione.

È quasi un omaggio al passato l’allestimento curato da Andrea Bernard, che si apre sulle note del preludio orchestrale con un video in bianco e nero (di rocafilm) che mostra i traumi patiti dal giovane Ernani per offrire allo spettatore una profondità psicologica al personaggio che magari nella fulmineità di questo Verdi giovane combinata con l’ermeticità del libretto di Piave può sfuggire ai più: la morte del padre, la distruzione del castello e l’apparizione del corno fatale, quasi un segno del suo tragico destino. La narrazione scenica si dipana simbolicamente sulle macerie bruciate (e piuttosto impervie) del castello degli Aragona, sul quale calano dall’alto gli elementi scenografici contro il fondale nero per i diversi ambienti della trama: i bianchi blocchi con frammenti decorativi del gotico iberico per il castello di Silva, dei pilastri luminosi e una grande acquasantiera nella cripta di Carlo Magno (il cui sepolcro è anche presente in scena) prima che si sollevi l’arazzo con l’aquila bicefala imperiale degli Asburgo per celebrare Carlo V imperatore, e frammenti architettonici esplosi per l’epilogo, giocato in chiave antirealistica. Il valore di questa produzione sul piano visivo si esaurisce con gli spunti scenografici disegnati da Alberto Beltrame, poiché il lavoro della costumista Elena Beccaro si distingue più per i giochi cromatici che per estro creativo nella rivisitazione di forme classiche. Quanto alla regia, manca quasi del tutto di inventiva e si adagia su una rassicurante rivisitazione dei modi più consueti del melodramma del tempo che fu (ma che chiaramente è duro a morire) con gestualità stereotipata, coro immobile, sguainare di spade senza conseguente combattimento scenico, ondeggiare di virginali gigli fioriti in omaggio alle virtù coniugali e quant’altro. Nemmeno l’unica trasgressione registica nel quarto atto, quasi una timida citazione delle tipiche virate espressionistiche di certo teatro tedesco, sembra funzionare troppo nel contesto e finisce per risultare del tutto gratuita, pur nell’apprezzabile tentativo di dare maggiore spessore drammaturgico al gesto del protagonista, chiudendo il cerchio aperto dall’assassinio del padre nel video iniziale.

Sul piano musicale, va segnalata l’ottima prova del Coro del Teatro La Fenice, preparato da Alfonso Caiani, che strappa l’applauso più convinto con il sempre molto atteso “Si ridesti il leon di Castiglia”. Non sembra invece aiutare troppo il cast vocale la direzione musicale di Riccardo Frizza, che imprime all’Orchestra del Teatro La Fenice un passo spedito e dinamiche sonore molto contrastate. Non ci si annoia di certo con questo Verdi febbricitante e corrusco, che però sollecita costantemente le voci sul palcoscenico a volumi piuttosto sostenuti con qualche inevitabile forzatura nell’emissione. Non sembra soffrirne molto l’Elvira di Anastasia Bartoli dall’emissione fin troppo robusta per l’acustica della sala del teatro, al contrario del Don Carlos di Ernesto Petti che invece forza talvolta a scapito del bel colore vocale. Più equilibrate, invece, sono le prove dell’Ernani di Piero Pretti dal bello slancio lirico e del Silva di Michele Pertusi reso con lodevole nobiltà di espressione. Discrete le prove di Rosanna Lo Greco come Giovanna, Cristiano Olivieri come Don Riccardo e Francesco Milanese come Jago.

Pubblico folto e generoso di applausi durante la recita e alla fine, con solo qualche timida manifestazione di dissenso al team registico.

 

 

 

 

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