Se anche l’ultimo degli uomini canta
A Wiesbaden la nuova opera di Søren Nils Eichberg Oryx and Crake dal romanzo omonimo di Margaret Atwood
Un paesaggio desolato, dopo una pandemia. Un umano, lo Snowman, vive circondato da strane creature, i Crakers, esseri viventi privi di religione e di cultura, creati in laboratorio per vivere estranei a ogni conflitto e in armonia con la natura, e programmati per riprodursi in modo controllato. I Crakers venerano lo Snowman, l’umano che possiede memoria dei miti, che in realtà l’uomo inventa. Lo Snowman si ferisce a un piede e parte per un viaggio nel mondo post-apocalittico alla ricerca di medicine accompagnato solo dai ricordi di come è avvenuto il disastro. Il suo vero nome è Jimmy e con i genitori ha vissuto in un complesso dell’OrganInc Farms, un’azienda che allevava maiali geneticamente modificati, i “pigoons”, utilizzati come serbatoio di organi destinati ai trapianti. Fin dall’infanzia è legato al suo migliore amico, Crake, un piccolo genio, che per risolvere i problemi di sovrappopolamento del pianeta e arrestare la distruzione della natura ha sviluppato BlyssPluss, un farmaco che promette di dare l’estasi sessuale. Jimmy e Crake si innamorano entrambi di Oryx, una donna dal passato oscuro. Il farmaco di Crake in realtà nasconde un virus che decimerà gli umani e consegnerà il pianeta ai Crakers. Solo Crake e Jimmy si iniettano il vaccino per sopravvivere al virus, ma quando Crake uccide Oryx davanti a Jimmy, questi prende un’arma e uccide l’amico. Arrivato alle rovine di RejoovenEsense, il luogo da cui il disastro è cominciato, lo Snowman vede in lontananza un gruppo di umani, che, come lui, forse sono sopravvissuti alla pandemia.
È la trama di Oryx and Crake la nuova opera di Søren Nils Eichberg commissionata dall’Hessisches Staatstheater di Wiesbaden tratta dall’omonimo romanzo fantascientifico (L'ultimo degli uomini nella traduzione italiana) scritto nel 2003 dalla canadese Margaret Atwood come prima parte della cosiddetta Trilogia di MaddAddam con i successivi The Year of the Flood (L'anno del diluvio) del 2009 e MaddAddam (L'altro inizio) del 2013. Nella riduzione a libretto nell’inglese dell’originale di Hannah Dübgen, il racconto musicale è organizzato in otto capitoli – Awakening, Falling, Eating, Walking, Remembering, Liberating, Returning, Encountering – che sovrappongono i piani temporali della desolata contemporaneità di Snowman al passato dei ricordi senza una vera soluzione di continuità. Se nel 2003 il mondo futuristico-distopico di Atwood poteva apparire visionario (anche se facilmente profetico), oggi la scelta del soggetto sembra confermare la preferenza di Søren Nils Eichberg per soggetti che si pongono sulla scia di eventi legati all’attualità, come nella sua precedente Schönerland vista anche a Wiesbaden, più per conformismo si direbbe che come stimolo per una riflessione più profonda sui temi del presente. Anche sul piano musicale, il linguaggio, un autentico manuale di eclettismo con strizzate d’occhio al rock e al musical oltre che alla musica da film, rimane piuttosto sulla superficie della narrazione, mancando una chiave coerente e una forza drammaturgica che riesca a trasformare il soggetto di Atwood in un apologo esistenziale (nonostante gli spunti non mancherebbero) e non in semplice occasione di intrattenimento. Gli stessi personaggi dell’opera stentano a trovare un carattere musicale distinto, al di là dei semplici jingle di colore scelti per ognuno dei tre protagonisti.
Anche sul piano esecutivo, Albert Horne dirige con rassicurante professionalità ma senza particolare slancio l’Hessisches Staatsorchester e l’ensemble vocale, piuttosto fragile nel complesso. Non brilla particolarmente lo Snowman del baritono Benjamin Russell né la sua controparte giovane (e tenorile) Jimmy di Samuel Levine. Più incisive, invece, sono le prove di Christopher Bolduc come Crake e soprattutto di Anastasiya Taratorkina come Oryx di sognante incorporeità. Poco più che comparse gli altri ruoli, cioè la pallida Louise Fenbury e l’appena più presente vocalmente Mikhail Biryukov, i genitori di Jimmy, e i pressoché impercettibili Jakob Hebgen e Joel Stambke, prestati dai Limburger Domsingknaben, che sono Crake e Jimmy bambini. Piuttosto deboli anche gli interventi del Coro dell’Hessisches Staatstheater ma soprattutto per lo scarso rilievo nella scrittura di Eichberg.
L’allestimento di Daniela Kerck, regista e scenografa di questa produzione, sfrutta al meglio i mezzi a disposizione, non generosissimi, facendo largo e saggio uso delle doppie proiezioni dei video di Astrid Steiner sul fondale e sul sipario trasparente davanti alla scena. Regia priva di momenti forti ma che ha il pregio della chiarezza narrativa. Le innocue coreografie sono di Rosana Ribeiro. I funzionali costumi sono di Andrea Schmidt-Futterer, che per i Crakers si limita a cancellarne la personalità vestendoli di uniformi tute aderenti di colore marrone.
Pubblico molto scarso alla seconda recita in programma ma piuttosto generoso di applausi.
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