A Natale Broadway è sulla Senna

Al Théâtre du Châtelet di Parigi grande successo per la ripresa del musical 42nd Street con la regia e le coreografie di Stephen Mear e la direzione musicale di Gareth Valentine

"42nd Street" - Théâtre du Châtelet (foto Thomas Amouroux)
"42nd Street" - Théâtre du Châtelet (foto Thomas Amouroux)
Recensione
classica
Parigi, Théâtre Châtelet
42nd Street
07 Dicembre 2022 - 15 Gennaio 2023

Saranno i tempi di crisi che viviamo, ma forse mai come in questa stagione i teatri lirici parigini si esprimono nella lingua del musical per le feste di Natale. E così L’Opéra Comique vara una nuova produzione de La piccola bottega degli orrori di Howard Ashman et Alan Menken coprodotta con l’Opéra di Digione con l’inedito coinvolgimento di un ensemble solitamente dedito a esplorazioni dell’orizzonte contemporaneo come Le Balcon diretto da Maxim Pascal. Anche il rinnovato Lido (o Lido 2 come da ridenominazione dopo la riapertura) si affida alle cure di un maestro del teatro, cosiddetto, leggero come Jean Luc Choplin, che, per questa sua nuova impresa dopo il Marigny, chiama un artista di grosso calibro come Robert Carsen per allestire un titolo iconico quale Cabaret di John Kander e Joe Masteroff anche come manifesto del nuovo corso del mitico tempio della rivista e del burlesque sugli Champs-Elysées. Prova a ripartire dal grande musical anche il Théâtre du Châtelet, fino a qualche stagione fa secondo teatro lirico parigino ma negli ultimi tempi dal profilo più incerto e dalla programmazione ondivaga, che almeno resta ancorato alla certezza del grande musical di Natale, come da tradizione inaugurata negli anni dorati della gestione Choplin.

Questo 42nd Street torna nella edizione 2016 dello stesso teatro con tutti i crismi del grande musical di Broadway: ispirato a un romanzo di Bradford Ropes divenuto un film di successo diretto da Lloyd Bacon e le coreografie di Busby Berkeley (e una ventiduenne Ginger Rogers in un ruolo minore), che, si dice, salvò la Warner Bros dalla bancarotta, diventa un musical nel 1980 grazie alla penna di Michael Stewart e Mark Bramble. La sua culla è Broadway: vede la luce nel mitico Winter Garden Theatre, come altri classici del genere da West Side Story a Cats a diversi lavori di Stephen Sondheim, e dove debuttarono celebrità come Al Jolson o Angela Lansbury o la Barbra Streisand di Funny Lady. Con poco meno di 3500 repliche, una tenitura in cartellone di una decina di anni e un paio di Tony Awards, 42nd Street è stato uno dei grandi successi di Broadway ma anche del West End londinese, con varie riprese alle spalle, l’ultima nel 2015 negli Stati Uniti e nel 2017 a Londra.

"42nd Street" - Théâtre du Châtelet (foto Thomas Amouroux)
"42nd Street" - Théâtre du Châtelet (foto Thomas Amouroux)

Prima di questa ripresa, slittata di un paio di stagioni causa pandemia, allo Châtelet arriva nel 2016 questo musical, che è anche una sorta di lettera d’amore alla grande stagione di Broadway, un ritratto del backstage che aggiorna il “teatro alla moda” agli anni della depressione americana dopo il grande crack di Wall Street del 1929.

Siamo a New York negli anni della Grande depressione. I soldi sono pochi, ma per fortuna c’è il ricco industriale Abner Dillon pronto a investire 100 mila dollari nel più spettacolare musical di tutti i tempi, Pretty Lady, che dovrà avere per protagonista la diva al tramonto Dorothy Brock, capricciosa e umorale come rango impone. Poi arriva lei, Peggy Sawyer da Allentown, Pennsylvania, troppo timida per presentarsi in tempo al provino per ballerina di fila. Ma il suo talento non sfugge a Maggie Jones, co-autrice con Bert Barry del musical. Maggie convince il regista Julian Marsh e il coreografo Andy Lee ad assumerla nel cast. Il caso vuole che a pochi giorni dal debutto a Broadway la primadonna si rompa una gamba alle prove. Tocca allora proprio a Peggy sostituirla in scena e trionfare alla prima, realizzando il sogno della ragazza del coro che diventa una stella di Broadway nello spazio di una notte.

Meno elaborato di altri classici del genere e privo di languori sentimentali, 42nd Street è il classico “backstage musical” che, attraverso il rodato meccanismo del “teatro nel teatro”, è fatto soprattutto per esaltare le geometriche coreografie in stile Busby Berkeley, tripudio di avvincenti tip-tap fin dal quadro iniziale con il sipario che si alza scoprendo poco a poco i piedi e le gambe dei ballerini del coro, riprodotte accuratamente per il palcoscenico dello Châtelet dal coreografo e regista Stephen Mear, abilissimo nel ricreare e far respirare l’atmosfera del grande spettacolo con l’accuratezza di un archeologo del genere. Fondamentale l’apporto delle coloratissime scene e dei geniali costumi anni ’30 di Peter McKintosh, un sincero omaggio a quel mondo di luci e di lustrini, tutto giocato sui grandi numeri con i suoi 16 cambi di scena, 300 costumi e 200 paia di scarpe, ed esaltato dalle rutilanti luci disegnate da Chris Davey (particolarmente spettacolare il quadro con i grattacieli di New York slanciati su un cielo di stelle elettriche per la trascinante title song Forty Second Street nel sottofinale).

"42nd Street" - Théâtre du Châtelet (foto Thomas Amouroux)
"42nd Street" - Théâtre du Châtelet (foto Thomas Amouroux)

Altro punto forte dello spettacolo è il cast, fatto, come impone il genere, di performer completi: sanno tutti recitare, cantare e far cantare le claquette a tempo, a cominciare dalla protagonista Emily Langham, la neonata star Peggy Sawyer. Se la cavano benissimo anche il suo partner sulla scena Jack North, un indiavolato Billy Lawlor, e l’allampanata ma agilissima Annette McLaughlin, che è una Maggie Jones di contagiosa simpatia come il suo aiuto in scena Bert Barry, al quale Cedric Neal presta le buffe smorfie (irresistibile nel numero “ferroviario” circondato dalle girls per “Shuffle Off to Buffalo”). Rachel Stanley ha l‘ “allure” perfetta per la diva al tramonto Dorothy Brock, perseguitata dal ricco “sugar daddy” Abner Dillon, che è Duncan Smith, e lusingata dall’amante redivivo Pat Denning, che è Darren Bennett. Julian Marsh, regista dai modi duri ma dal cuore tenero, è Alex Hanson, mentre il coreografo braccio destro Andy Lee è Daniel Crossley, ottimo danzatore. Tutti bravissimi anche i numerosissimi danzatori (impossibile nominarli tutti) perfettamente sincronizzati nei numeri collettivi accompagnati dai ritmi frenetici impressi dal direttore Gareth Valentine all’Orchestre du Châtelet dagli ottoni scintillanti, lanciatissima nello swing anni Trenta della colonna sonora di Harry Warren.

Grande successo con calorosi applausi dopo ogni numero e pubblico in piedi alla fine. Si replica fino al 15 gennaio, mentre già si annuncia il superclassico West Side Story per il Natale 2023.

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

classica

Jonas  di Carissimi e Vanitas  di cinque compositori contemporanei hanno chiuso le celebrazioni per i trecentocinquanta anni dalla morte del grande maestro del Seicento

classica

Napoli: Dvorak apre il San Carlo

classica

Il primo pianista francese a vincere il Čajkovskij di Mosca conquista il pubblico milanese con un interessante quanto insolito programma.