Il cuore ardente di Weyes Blood

And in the Darkness, Hearts Aglow è il secondo atto di un’ambiziosa trilogia pop

Weyes Blood
Disco
pop
Weyes Blood
And in the Darkness, Hearts Aglow
Sub Pop
2022

Nonostante la giovane età, la trentaquattrenne cantautrice californiana Natalie Laura Mering ostenta portamento da veterana, essendo in carriera da quasi due decenni, e sotto una fulgida patina pop incanala un denso flusso di argomenti sostanziosi, simboleggiato dallo pseudonimo Weyes Blood: deformazione del più celebre romanzo di Flannery O’Connor.

Leggendo La saggezza nel sangue ebbe una rivelazione: «Per una come me, cresciuta in una famiglia pentecostale, la Chiesa senza Cristo era un concetto sconvolgente: smontare la religione mantenendone la struttura».

L’afflato spirituale della sua musica si spiega in questo modo, dunque, e pervade And in the Darkness, Hearts Aglow: secondo atto di una trilogia avviata nel 2019 dall’acclamato Titanic Rising, suo debutto per la Sub Pop di Seattle.

Il nocciolo narrativo dell’opera è risultante di una dialettica fra turbamenti sentimentali e allarmata consapevolezza del mondo circostante: «Cercare al buio un significato in un’epoca di instabilità e mutamento inarrestabile», ha scritto nell’introduzione al disco, definendone l’intenzione.

Esprime quel senso di smarrimento un passo del brano iniziale, “It’s Not Just Me, It’s Everybody”: “Vivendo sulla scia di cambiamenti impetuosi siamo diventati tutti estranei, anche a noi stessi”. Affermazione angosciante in apparente contrasto con l’andamento serafico, l’orchestrazione soffice e la voce seducente, genere Karen Carpenter, che ne caratterizzano il profilo musicale.

Le questioni di cuore affiorano altrove, ad esempio nell’incantevole “Twin Flame”, su cadenza di batteria elettronica vintage e intrigante contrappunto di chitarra: “Sei la mia fiamma gemella e quando ti sei allontanato mi hai fatto raffreddare”. Alla categoria “break up songs” appartiene pure “Grapevine”, dove a ritmo di valzer la protagonista si scioglie nel languore dell’abbandono (“La California è il mio corpo e il tuo fuoco mi scorre addosso”, epilogo di un amore ai tempi del riscaldamento globale), prima di citare James Dean (“Cowboy emotivo, senza cappello e stivali”) in un panorama d’asfalto (il titolo allude al nomignolo dell’Interstate 5, smisurata autostrada che costeggia il Pacifico dal Canada alla frontiera messicana) degno di Mulholland Drive.

E a proposito di David Lynch, difficile non ripensare alle atmosfere di Twin Peaks mentre si ascolta “God Turn Me Into a Flower”, altro apice dell’album: dolente elegia incastonata nel sobrio habitat elettronico architettato da Daniel “Oneohtrix” Lopatin per rievocare il mito di Narciso (“Vedi il riflesso e lo desideri più della verità, vorresti essere quel sogno che non sei riuscito mai a realizzare, perché la persona dall’altra parte sei sempre tu”).

Sede delle registrazioni sono stati gli EastWest Studios sul Sunset Boulevard di Los Angeles, lo stesso luogo – allora denominato United Western – in cui prese forma Pet Sounds dei Beach Boys, del quale sembra di percepire l’eco in lontananza durante il crescendo di “Children of the Empire”, benché il tono del lavoro inclini in prevalenza verso formule West Coast tipiche degli anni Settanta, fra Laura Nyro e Harry Nillson, con una spruzzata di fragranza Laurel Canyon (del resto di Weyes Blood si dice sia “la Joni Mitchell dei millennials”).

Non paiano ingenerosi gli accostamenti a modelli antiquati, poiché lei stessa – intervistata nel 2019 da “The Believer” – aveva ammesso: «Sono una persona molto nostalgica». Cercando invece riferimenti contemporanei, si possono indicare Lana Del Rey (con cui ha duettato in Chemtrails Over the Country Club sulle note di “For Free”, canzone firmata Joni Mitchell, guarda caso…) e il Father John Misty di Chloë and the Next 20th Century, per il comune gusto aristocraticamente anacronistico.

Ma Natalie Mering brilla comunque di luce propria, benché smorzata dal pessimismo: “Dicono che il peggio sia passato, ma io credo che il peggio debba ancora venire”, canta in “The Worst Is Done”, a dispetto della leggiadra allure da ballata folk vecchio stile. Per la speranza, ha annunciato, dovremo attendere l’ultimo capitolo del trittico.

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