Il festoso omaggio di Treviso a Mario Del Monaco
Successo per il gala lirico dedicato al grande tenore a 40 anni dalla scomparsa al Teatro Comunale a lui intitolato
Era il 16 ottobre 1982 quando, all’Ospedale “Umberto I” di Mestre, a causa di un infarto si spegneva Mario Del Monaco. Esattamente quarant’anni dopo, Il Teatro Comunale di Treviso, intitolato al “tenore dei tenori” dal 2011, ha ricordato quella data con un gala lirico, che voleva essere un omaggio alla memoria del grande tenore ma intendeva anche celebrare le rinnovate ambizioni di un piccolo grande teatro di tradizione, dopo lunghi anni di chiusura e diverse stagioni non esattamente all’altezza della propria storia. La serata è stata anche l’occasione per annunciare l’istituzione di un premio alla carriera intitolato a Mario Del Monaco a partire dal prossimo anno.
Nato a Firenze nel 1915, a Treviso Del Monaco legò la propria storia personale fin dal 1940, quando si stabilì a Villa Luisa, nella vicina Lancenigo, con la moglie Rina Filippini. Il loro matrimonio si celebrò nella chiesetta della villa, “buen retiro” nel quale il tenore cercava riposo dopo le lunghe tournée e preparava i ruoli che lo resero celebre, e dove trascorse gli anni che seguirono il ritiro ufficiale dalle scene liriche nel 1975, dedicati anche a formare giovani voci. Ospite applauditissimo nei teatri lirici più importanti del mondo, a Treviso Del Monaco regalò anche qualche esibizione già dal 1943 come Edgardo in una Lucia di Lammermoor diretta da Manrico De Tura, pochi anni dopo il suo debutto ufficiale nel 1940 con Cavalleria rusticana in una compagnia di giro al teatro di Cagli. Nella città veneta si esibì ancora nel 1944 in una Bohème con la direzione di Antonio Narducci, nel 1945 in Tosca con la direzione di Manno Wolf-Ferrari, nel 1948 in una Carmen con la direzione di Mario Cordone e ancora, all’apice della carriera, sarà anche protagonista nel 1961 di un Samson et Dalila diretto da Ottavio Ziino.
La lunga serata trevigiana si apriva proprio con le immagini dagli archivi Rai di Mario Del Monaco a Villa Luisa, mentre, di buon mattino, dà disposizioni ai domestici su come sistemare il suo ritratto in costume di Otello, il ruolo più iconico, interpretato per ben 427 volte dopo il debutto al Teatro Colón a Buenos Aires nel 1950 fino alle ultime recite alla Monnaie di Bruxelles nel 1972 (e la leggenda narra che, al momento della morte, sul suo pianoforte vi fosse proprio la partitura dell’Otello verdiano aperta su “Ora e per sempre addio”). Fiero e baldanzoso, si esibisce in qualche movimento ginnico ai bordi della piscina ed esibisce orgoglioso la sua scuderia personale di automobili dalle piccole utilitarie fino alle Porsche, Ferrari, Mercedes e la mitica Rolls Royce. Non per esibizionismo ma, racconta il figlio Giancarlo sul palcoscenico del teatro, come manifestazione dell’orgoglio di un uomo che ha raggiunto un successo mondiale nell’Italia del boom economico dopo gli anni duri della guerra e della ricostruzione.
Poi, naturalmente, seguiva la musica. Il parterre messo insieme dalla direzione artistica del Comunale era quello delle grandi occasioni, e le musiche in gran parte quelle delle opere frequentate dal tenore lungo la sua trentennale carriera. Si iniziava nel segno di Verdi, ovviamente, e della Sinfonia del giovanile Nabucco, ma il lungo programma canoro era aperto da Donizetti affidato alle voci dei due freschi vincitori del concorso “Toti dal Monte”, altra importante iniziativa promossa dal teatro trevigiano arrivata all’edizione numero 50: Francesca Pia Vitale si misurava brillantemente con le accattivanti acrobazie di “O luce di quest’anima” dalla Linda di Chamounix, mentre a Davide Tuscano toccava la celebre “Una furtiva lagrima” dall’Elisir d’amoreaccolta con calorosi (e meritati) applausi. Toccava quindi all’Andrea Chénier, l’opera della consacrazione di Del Monaco al Teatro alla Scala nel 1949 accanto a Renata Tebaldi e Paolo Silveri diretti da Victor De Sabata. La voce, però, era quella del baritono Elia Fabbian, che si esibiva con un sanguigno “Nemico della patria”. E quindi il palcoscenico era tutto per l’amato Giuseppe Verdi ben rappresentato da una generosa antologia di celebri arie operistiche: apriva “Mercé, dilette amiche” da I Vespri siciliani con il soprano Lana Kos, si proseguiva con “Perfidi! All’Anglo contro me v’unite… Pietà, rispetto, amore” dal Macbethaffidata all’elegante linea vocale del baritono Vladimir Stoyanov, e toccava poi a “Tu sul labbro de’ veggenti” dal Nabucco interpretata dalla voce di basso del festeggiatissimo divo locale Roberto Scandiuzzi e si chiudeva con “Condotta ell’era in ceppi” dal Trovatore interpretato con vivida teatralità da Daniela Barcellona. Immancabile il trionfo per “Nessun dorma” dalla Turandot, soprattutto se a interpretarlo è una voce di tenore come Walter Fraccaro che ne incarna la rappresentazione più muscolare. Dopo la parentesi pucciniana, il compositore forse più frequentato dal giovane Del Monaco, si riprendeva con Verdi e finalmente con Otello, ma quello del “Credo” intonato con schietto trasporto dal baritono Lucio Gallo. Seguiva un’ampia pagina dal Don Carlos, aperta dal monologo di Filippo II di “Ella giammai m’amò”, reso con la giusta introspezione psicologica dal basso Riccardo Zanellato, al quale poi si unisce ancora Roberto Scandiuzzi per l’intensa scena de “Il grande inquisitor!”, uno dei momenti musicali più riusciti della serata. Per finale della prima parte si succedevano il tenore Ramón Vargas, che intonava la celebre “Cielo e mar” dalla Gioconda di Ponchielli, e la rocciosa Anna Pirozzinell’altrettanto celebre “Ebben ne andrò lontana” dalla Wally di Catalani.
Interamente dedicata ai duetti la seconda parte del gala, che, soppresso l’Intermezzo dalla Cavalleria rusticana per motivi di tempo, riprendeva con la scena “È lui! … Desso! ... l’Infante! ... Dio, che nell’alma infondere” ancora dal Don Carlos con la coppia Elia Fabbian e Davide Tuscano, quest’ultimo decisamente vincente per stile vocale. Molto riuscito anche il finale del secondo atto del Rigoletto “Tutte le feste al tempio … Vendetta!” con la coppia Francesca Pia Vitale e Vladimir Stoyanov in affiatamento perfetto. Quindi di nuovo Otello con la scena finale del secondo atto “Era la notte Cassio dormia” eseguita con febbrile esuberanza vocale dalla coppia Walter Fraccaro e Lucio Gallo. L’ultima pagina verdiana della serata era il duetto Riccardo-Leonora di “Teco io sto” da Un ballo in maschera con una piuttosto compassata coppia Ramon Vargas e Lana Kos. Ancora Ponchielli per il finale tutto al femminile con “L’amo come il fulgor del creato” dalla Gioconda con Anna Pirozzi e Daniela Barcellona davvero pirotecniche.
La misura del successo della lunga serata musicale, arricchita dai ricordi personali del figlio Giancarlo e di quelli dei cantanti Al Bano e Francesco Renga presenti in sala e accompagnata da una non sempre irreprensibile Orchestra Regionale Filarmonia Veneta guidata con polso da Gianluca Martinenghi, era data dai lunghi ed entusiastici applausi rivolti a tutti gli interpreti dal numeroso pubblico rimasto in sala durante tutte le tre ore abbondanti della serata (pochissime le defezioni). Restava spazio per un ultimo omaggio filmato al festeggiato: non si è trattato però del suo mitico Otello, ma dell’Andrea Chénier di “Un dì, all'azzurro spazio”, mentre il pubblico lasciava lentamente la sala.
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