Quest’anno il World Opera Day parla ucraino. Il prossimo 25 ottobre 2022 in occasione della giornata dedicata all’opera, piattaforma di streaming OperaVision, progetto di Opera Europa sostenuto dal programma Creative Europe dell'Unione Europea, si potrà assistere gratuitamente ad un progetto molto speciale promosso da: La corona d’oro, opera del compositore ucraino Borys Ljatošyns’kyj. Composta nel 1929, prima del giro di vite imposto da Stalin contro le culture nazionali all’interno dell’Unione Sovietica, quando in Ucraina furono commissionate diverse opere a compositori e librettisti nazionali basate sulla storia del Paese, l’opera narra del contrastato amore fra il contadino Maxim Berkut e l’amata Myroslava, figlia di un nobile locale, sullo sfondo dei Carpazi ucraini nel XIII secolo.
Come manifestazione concreta di solidarietà per l’Ucraina, l’opera di Ljatošyns’kyj, finora mai rappresentata al di fuori dell’Ucraina, sarà realizzata attraverso una speciale collaborazione fra sette città: Helsinki, Leopoli, Londra, Roma, San Francisco, Varsavia e Washington DC. Giovani artisti dell'Opera Nazionale Finlandese, dell'Opera Nazionale di Leopoli, del Royal College of Music, del Teatro dell'Opera di Roma, dell'Opera di San Francisco e dell'Opera Nazionale Polacca di Varsavia interpreteranno ciascuno una scena dell’opera, mentre un gruppo di giovani artisti ucraini, che frequentano lo Shenandoah Conservatory di Winchester in Virginia, saranno coinvolti come narratori per cucire le diverse parti nella quali verrà rappresentata l’opera in un corpo unico. In concomitanza con questa iniziativa, Opera Europa con OperaVision ha anche lanciato una raccolta fondi per sostenere opportunità formative per diversi professionisti dell’opera ucraini (artisti ma anche amministrativi e tecnici) nei teatri aderenti ad Opera Europa in 43 diversi paesi non solo europei.
Ella Marchment ha ideato e diretto questa produzione. Attiva come regista lirica e organizzatrice, Ella Marchment ha anche lanciato iniziative innovative come #OperaHarmony, un collettivo artistico globale di oltre 100 compositori, librettisti, registi, coreografi, designer, musicisti, cantanti, attori, ballerini, tecnici del suono e registi che hanno realizzato 20 opere brevi originali con tecniche di produzione all'avanguardia durante la pandemia diffuse attraverso OperaVision. Con lei abbiamo parlato di questa sua nuova impresa fra opera e solidarietà.
Il prossimo 25 ottobre Opera Europa celebrerà il World Opera Day con una iniziativa singolare nata su tuo impulso. Puoi raccontarci la genesi di questa iniziativa?
«L’idea nasce dall’iniziativa #OperaHarmony, che ho promosso durante il lockdown che mi ha colto mentre lavoravo ad un a una produzione del dipartimento educativo dell’Opera Nazionale Olandese di Amsterdam. #OperaHarmony nasceva per un tempo e un luogo molto specifici e, dopo la diffusione di 20 opere in streaming, pensavo di aver chiuso con quel progetto. La settimana prima dello scoppio della guerra in Ucraina, stavo tenendo una masterclass come ospite al College-Conservatory of Music a Cincinnati e mi è capitato di incontrare uno dei compositori di #OperaHarmony, Caleb Glickman. Nel bel mezzo della sessione di domande e risposte, Caleb mi ha chiesto se stessi facendo ancora qualcosa con #OperaHarmony e ho candidamente risposto: no. Tuttavia, la settimana successiva allo scoppio della guerra, #OperaHarmony e il potenziale di creare messaggi lirici a livello globale erano ancora freschi nella mia mente. Molte organizzazioni si affannavano di organizzare concerti di beneficenza, ma, per necessari per sostenere gli sforzi della popolazione ucraina, ero piuttosto perplessa perché non presentavano creazioni ucraine. L'Ucraina stessa era messa a dura prova e quindi, oltre a raccogliere fondi, ritenevo che sarebbe stato un messaggio forte per il nostro settore esibirsi anche con il lavoro dell'Ucraina, per dimostrare la nostra accettazione globale del loro diritto di essere una nazione indipendente. Mi sono allora rimessa in contatto con Caleb e abbiamo iniziato a fare ricerche sulle opere. Ho contattato anche Nicholas Payne di Opera Europa e Luke O’Shaughnessy di OperaVision, che sono stati fondamentali nel sostenere il progetto di #OperaHarmony e che appoggiano molto il mio lavoro. Se c’era qualcuno che poteva aiutarmi a realizzare questo progetto, erano proprio loro».
Perché la scelta è caduta proprio su La corona d’oro di Borys Ljatošyns'kyj?
«Abbiamo scelto La corona d’oro di Borys Ljatošyns’kyj perché è importante per gli ucraini per il periodo in cui è stata composta, cioè gli anni ’30 del secolo scorso, un periodo di grande creatività per il Paese, e oggi gli studenti ucraini la studiano a scuola. È anche significativo il fatto che l’opera non abbia mai varcato i confini del paese. Nicholas, Luke e io abbiamo contattato alcuni possibili partner nelle settimane successive, cercando di sondare l'interesse per la possibilità di filmare alcune scene de La corona d’oro con l’accompagnamento al pianoforte e il progetto così ha cominciato a prendere forma».
Il nome di Borys Ljatošyns'kyj è probabilmente sconosciuto alla maggior parte degli spettatori d'opera. Perché riprenderlo per il World Opera Day?
«In un anno che ha visto sconvolte tutte le vite degli ucraini, volevamo creare uno spazio per amplificare le voci di una nazione che ha vissuto tante sofferenze e manifestare il nostro sostegno. Lo facciamo attraverso l'opera di Borys Ljatošyns’kyj al centro del World Opera Day. Anche l’uso che facciamo dell'opera di Borys Ljatošyns’kyj è stato scelto in modo molto specifico. Borys era conosciuto come il padre della musica ucraina del XX secolo ed è un compositore che gli ucraini considerano capace di dare alla musica un’impronta unica e contemporanea. Si sa che la tendenza “formalista” a riprendere le melodie popolari esistenti e a reinterpretarle con sensibilità contemporanea era vista come una specie di alto tradimento al punto che i russi vietarono la prima di La corona d’oro in programma a Mosca. Per gli ucraini, Borys Ljatošyns’kyj è il simbolo di un periodo di grande produttività culturale e creativa oltre che di un’epoca da celebrare».
Diversi compositori hanno condiviso lo stesso destino di Borys Ljatošyns’kyj, dimenticati dopo le accuse di formalismo del Comitato Centrale del Partito Comunista al potere nell'Unione Sovietica. Pensi che la riscoperta della musica di Ljatošyns’kyj possa stimolare un interesse ampio o addirittura una rinascita della musica ucraina?
«Lo spero davvero. Nella ricerca di un'opera da presentare a livello globale Caleb Glickman e io siamo precipitati in una tana del Bianconiglio, ricca di scoperte, e sono davvero smaniosa di trovare una gemma operistica rara. La musica è sofisticata, sfaccettata, complessa, eppure mantiene sempre un fondo di identità nazionale. Per le organizzazioni liriche è necessario uno sforzo maggiore per trovare e produrre opere relativamente sconosciute, che sono però anche più difficili da commercializzare per il pubblico (soprattutto per coloro che viaggiano per turismo operistico e si aspettano di vedere sempre i soliti classici). Anche se l’opera resterà sempre un bellissimo mix di nuovo e vecchio, credo che questo progetto abbia dimostrato a tutti noi che ci sono ancora molte grandi opere che vengono rappresentate raramente in attesa di una nuova vita».
Ci sono risorse per chi vuole approfondire la conoscenza della musica di compositori ucraini?
«Ci sono fortunatamente. Durante la guerra il Club Ljatošyns’kyj, l’Ukrainian Live Classic, l'Istituto Ucraino e la Casa dell'Organo e della Musica da Camera di Leopoli hanno creato un nuovo sito web https://ukrainianlive.org/ukrainian-scores con l'obiettivo di presentare partiture di compositori ucraini. Si tratta di una grande risorsa, che fa risparmiare qualche spostamento in biblioteche o archivi, che prima ostacolava la conoscenza e diffusione di questi lavori. Spero davvero che le organizzazioni liriche, dopo aver visto La corona d’oro, possano trovare ispirazione per impiegare questa risorsa e fare incursioni esplorative nell’opera ucraina».
La produzione di La corona d’oro sarà il risultato di una collaborazione tra sette città. Come funzionerà in pratica?
«Si è trattato di un processo complesso iniziato da me e Caleb Glickman che, seduti davanti alla partitura, abbiamo elaborato sezioni musicali fattibili che potessero essere isolate dall'intera partitura vocale e registrate con il pianoforte. Inizialmente abbiamo scelto 6 estratti che evitassero il coro, sempre per ridurre la complessità, anche se, poiché l’Opera Nazionale di Leopoli disponeva ancora alle vecchie scenografie dell’allestimento dell’opera, alla fine hanno cambiato la loro sezione per includere il coro. Poiché le prime scene dell'opera sono caratterizzate da un maggior numero di cori, essendo ambientate tra gli abitanti del villaggio, ciò significa che il peso delle scene è leggermente sbilanciato verso la fine dell'opera».
Scomporre in questo modo l’opera non crea un ostacolo alla comprensione da parte del pubblico che assisterà alla sua diffusione su OperaVision?
«Per tutti noi era molto importante che, pur non registrando l’opera completa, il pubblico fosse in grado di avere una comprensione almeno approssimativa della trama completa e della collocazione degli estratti musicali. Per questo ho deciso di scrivere una brevissima narrazione di raccordo, che collega tutte le varie sezioni. Oltre che regista, sono anche direttore dell'Opera allo Shenandoah Conservatory. L’università si è molto attivata per sostenere l'Ucraina fin dallo scoppio della guerra e ha anche conferito a Zelensky un dottorato onorario durante la cerimonia di laurea del 2022. La scuola si è adoperata per portare tre studenti ucraini a studiare e a fornire loro tutto il sostegno necessario. Quando abbiamo deciso che avevamo bisogno di una forma di narrazione per legare questo lavoro insieme, gli studenti che sono arrivati erano molto desiderosi di fare la loro parte per mostrare il loro sostegno all'Ucraina e fungono da collante per unire le diverse sezioni».
Hai citato l’iniziativa #OperaHarmony, lanciata da te in piena pandemia, che in qualche modo si trasforma in questa nuova iniziativa. Non hai però l’impressione che, lasciata alle spalle la fase più dura della pandemia, si sia tornati al “business as usual”. Non abbiamo imparato nessuna lezione?
«Per quanto mi riguarda, la pandemia ha cambiato completamente il mio modo di pensare. Prima si esaltava l’essere impegnati e ce ne vantavamo. La pandemia ci ha costretti a tornare ai fondamentali, alle nostre radici. Nella mia vita personale e professionale ho subito un cambiamento enorme, ma credo che quell’esperienza abbia costretto tutti noi a rivalutare il nostro ruolo sia nel mondo dell’opera che nel pianeta».
Ritieni ci sia ancora spazio per iniziative come #OperaHarmony per rinnovare il linguaggio e l'immagine dell'opera e ampliare il bacino dei potenziali spettatori d'opera includendo persone tradizionalmente escluse?
«La cosa straordinaria di #OperaHarmony è che ha fatto immediatamente conoscere il mio lavoro ad un pubblico nuovo. La mia famiglia è cinese-guyanese e, dopo aver lasciato la Guyana britannica, è emigrata in tutto il mondo, soprattutto in Australia, Regno Unito, Canada e Stati Uniti. Per questo motivo, i miei familiari più stretti spesso non hanno potuto conoscere il mio lavoro ma grazie a #OperaHarmony ci sono finalmente riusciti ed è stato fantastico. E lo sento anch'io quando torno a Winchester VA da Zurigo durante l’ora di lezione: si trova a circa un'ora e quarantacinque minuti da Washington, il che rende piuttosto difficile assistere a spettacoli dal vivo. Tuttavia, il Met Opera Live at Home sta cambiando questa situazione. Improvvisamente la posizione geografica non è più un limite quando si tratta di assistere a un evento teatrale dal vivo».
«Sebbene io adori lo spettacolo dal vivo e la sua esperienza, e questo non cambierà mai in me e in altri, la pandemia ci ha mostrato nuovi modi di fare e diffondere l’opera e credo che questi modi abbiano numerosi vantaggi sia per allargare il pubblico ma anche per creare nuove sfide e reinventare il genere come lo abbiamo conosciuto finora. All’epoca di Mozart l’opera si confrontava con le invenzioni tecnologiche più avanzate all’epoca. Alla prima del Flauto magico i ragazzi volarono su una mongolfiera, perché se n’era vista una da poco in una mostra a Vienna. Se l'opera vuole continuare a crescere, deve svilupparsi e trasformarsi con le tecnologie del tempo».
Come vedi il futuro dell’opera?
«L'opera ha attraversato una crisi di identità mentre lavoravo nel settore e gli allestimenti nei vari Paesi sono diventati sempre più diversi. Sulla scia del #MeToo e della consapevolezza della spaventosa discriminazione di genere e dello squilibrio nel settore, i manager sono stati costretti a puntare la lente d’ingrandimento sull’industria e a porsi domande sui contenuti che vengono presentati e sul modo in cui vengono realizzati. Quando ho iniziato a lavorare in questo mondo, un famoso “Dramaturg” mi disse che, nonostante il mio talento, ero troppo gentile per farmi strada e arrivare ai migliori teatri d’opera. Da quel giorno mi sono imposta di non essere altro che me stessa e di essere gentile con chi mi circonda. Credo di poter realizzare tutto ciò che voglio senza far vivere nella paura chi mi circonda, e penso che questo settore si stia orientando molto di più verso questi valori di leadership che sono radicati in uno spirito collaborativo piuttosto che su modelli dittatoriali».
«Il finanziamento resterà sempre la principale elemento di vulnerabilità nell'opera. La questione fondamentale è che non si tratta di una macchina redditizia da un punto di vista commerciale, a meno che questo genere non venga rielaborato in modo significativo. Ma questo non significa che non possiamo sperare: c'è un mercato enorme per l’opera. L'opera sta trovando il modo di diventare di nuovo “cool” per un pubblico più giovane e ci sono molte compagnie incredibili che fanno lavori sperimentali innovativi. Il classico resterà sempre, ma vedo che il settore sta diventando molto più aperto a nuove idee, prospettive e linguaggi. Mi interessa molto vedere il prossimo passo in questa sua crescita».