Quella che si terrà dal 2 al 17 settembre a Perugia e in altri sei comuni dell’Umbria sarà un’edizione particolarmente importante per la Sagra Musicale Umbra. Il 2022 segna infatti una riconquista della normalità, la musica torna dal vivo senza restrizioni nei luoghi più suggestivi della regione che conosciamo come “cuore verde dell’Italia”.
Partenza e arrivo come di consueto nel capoluogo regionale, grazie ai concerti previsti rispettivamente nella Basilica di San Pietro (2 settembre, con il Coro e Orchestra Cremona Antiqua) e nella Chiesa di San Filippo Neri (17 settembre, con l’Orchestra da Camera di Perugia), all’interno un percorso a tappe che toccherà Montegabbione, San Gemini, Norcia, Torgiano, Scheggino e Montefalco e vedrà la presenza di ospiti come Mariangela Gualtieri, Beppe Servillo, Ema Nikolovska, il Quartetto Noûs, Tommaso Lonquich, Gabriele Mirabassi, il Quartetto Ruisi, e il Venethos Ensemble con Cristina Vidoni.
Festival tra i più antichi dell’intera penisola (per quanto riguarda l’Umbria è sicuramente il più antico, quest’anno siamo alla 77ª edizione) la Sagra 2022 è contraddistinta dal titolo-tema Madri, legato anche alla genitorialità nei confronti di altre manifestazioni nate successivamente. Ma come ci spiega Enrico Bronzi, direttore artistico subentrato nel 2019 ad Alberto Batisti, ha motivazioni più ampie, rappresentando anche un filo conduttore dove troveranno spazio proposte alquanto diversificate.
«Mi piacciono i temi che hanno un portato universale, che dialogano con l’aspetto spirituale in modo non univoco, non soltanto dunque sotto la lente della musica sacra cattolico-protestante ma aprendo a varie forme di lettura dell’idea stessa di spirituale. E chiaramente quello della madre è un archetipo, una figura centrale con cui tutti hanno fatto i conti, seppur in modalità più che disparate, insomma una figura fondamentale per la vita. Il tema di quest’anno è in definitiva un tema molto forte e può essere letto in modi molto diversi.»
A questo punto merita parlare di uno degli eventi più significativi dell’intero festival – domenica 4 settembre – dedicato all’anima massonica di Mozart, che si svolgerà nella suggestiva Scarzuola di Montegabbione (in provincia di Terni), la città-teatro concepita dall’architetto milanese Tommaso Buzzi, tra il 1958 e il 1978, come sua personale versione della città ideale rinascimentale.
«In questo che è uno dei luoghi più suggestivi del nostro Paese, troneggia un imponente nudo di donna senza testa, lo stesso accesso al giardino è attraverso un lungo cunicolo che evoca l’idea di venire al mondo attraverso il parto, dunque la grande madre – per tornare al tema della Sagra – continua a essere richiamata continuamente. Ma la Scarzuola è anche un sito carico di simboli, una sorta di giardino iniziatico, il che ci collega in modo forte a quel mondo massonico al quale ci rifaremo per le musiche mozartiane. Siamo molto felici di poter realizzare questo concerto alla Scarzuola, anche in considerazione del lungo confronto avuto col proprietario del sito per farci autorizzare al suo utilizzo, ci teniamo moltissimo e sicuramente rappresenta uno dei passaggi centrali del festival di quest’anno.»
Lei sarà impegnato in prima persona in questo concerto come direttore d’orchestra (ruolo che avrà anche nel concerto di chiusura del 17 settembre), dunque le chiedo se anche nel programma mozartiano che ha scelto ci sono dei riferimenti diretti al tema della Sagra.
«Anche qui ci sarà una madre, una madre terribile rappresentata dalla Regina della Notte, la quale incarna anche l’aspetto negativo che può esserci nella maternità ovvero l’idea della chiusura nel rapporto univoco con la figlia. Questa madre tenta infatti infatti di impedire il processo di maturazione di Pamina, una testimonianza delle difficoltà insite in un rapporto a volte talmente forte da inghiottire i figli e non permetter loro di avere un’esperienza piena del mondo. Occasioni di riflessione sulle figure femminili saranno naturalmente presenti in molti altri concerti, tra l’altro segnalo la forza evocativa delle cinque donne presenti nell’Experimentum Mundi di Giorgio Battistelli come pure la presenza di diversi Stabat Mater, ulteriore richiamo alla terra umbra visto che questa sequenza come sappiamo è generalmente attribuita a Jacopone da Todi».
Parliamo del ritorno alla normalità: quali sono ancora le difficoltà che un festival come la Sagra Musicale Umbra può incontrare, dopo questo lungo periodo caratterizzato dalla pandemia?
«Sicuramente c’è ancora molta insicurezza nel pubblico della classica, anche perché tendenzialmente in Italia è un pubblico molto anziano, che manifesta più prudenza rispetto alle generazioni più giovani. La densità di eventi di un festival rende tutto un po’ più complicato se paragonato a una stagione concertistica che si dipana durante tutto l’anno. D’altro canto abbiamo però molti eventi all’aperto – chiostri come quello di San Pietro ci consentono di preservare al massimo la qualità dell’acustica – e questo dovrebbe consentire una maggiore tranquillità anche a chi ha un po’ di paura. Grazie a un calendario serrato comunque diventa chiaro anche l’obiettivo di una rassegna come la Sagra: quello di far capire al pubblico che la musica non è soltanto intrattenimento o un bel momento di godimento ma entra nel pensiero, nella storia della cultura, dialoga con tutte le altre arti, apre un mondo di connessioni con la storia umana.»