Ripensando Scarlatti al confronto con i suoi ammiratori ed epigoni iberici
Seconda edizione per un’incisione della clavicembalista Amaya Fernández Pozuelo
Questa è la seconda edizione di un disco della clavicembalista Amaya Fernández Pozuelo, pubblicato nel 2019 su iniziativa della Fondazione Marco Fodella, e come si può intuire dalla nuova copertina che questa volta ritrae l’artista, è stata pensata in primo luogo per il pubblico giapponese, con una traduzione nipponica a fronte del testo in italiano del libretto, ma anche per i paesi di lingua spagnola, con un secondo libretto aggiuntivo esclusivamente in castigliano.
Oltre alla peculiarità dell’interpretazione, questa selezione di sonate di Domenico Scarlatti è interessante anche per la presenza di musiche di autori iberici influenzati dal geniale compositori italiano. Il primo tra questi è Antonio Soler, piuttosto noto anche per essere lo scarlattiano d’eccellenza, ma ci sono nomi poco conosciuti al di fuori della Spagna come il suo contemporaneo Sebastián Ramón de Albero y Añaños, e i due musicisti della generazione seguente Felix Máximo López Crespo e Mateo Pérez de Albéniz.
Albero fu organista della Cappella Reale di Madrid e molto probabilmente conobbe Scarlatti, ma morì giovane, un anno prima di lui, lasciando solo due raccolte di musica: Sonatas para clavicordio e Obras, para clavicordio o pianoforte quest’ultima dedicata al re Ferdinando IV. La sua raccolta di trenta sonate è conservata presso la Biblioteca Marciana di Venezia, e probabilmente fu portata nella città lagunare da Farinelli insieme a quelle di Scarlatti, e da questa Amaya Pozuelo ha scelto di interpretare la dodicesima.
Anche López fu organista della Cappella Reale, nello stesso periodo in cui Goya era al servizio della corte spagnola, e solo una parte della sua produzione musicale è sopravvissuta, tra cui la raccolta Música de clave e le Variaciones al minuet afandangado, queste ultime incluse nel disco per rappresentare il compositore che scrisse trattati musicali oltre ad essere stato anche un poeta.
Pérez de Albéniz operò a San Sebastian, nei Paesi Baschi, e come il precedente si occupò di teoria musicale, ma pur essendo proiettato nel classicismo, la sua Sonata in Re maggiore inclusa nel programma del disco è più che scarlattiana.
L’aspetto che suscita maggior curiosità e interesse è la particolare maniera di interpretare lo straordinario mondo delle sonate del compositore italiano, sintetizzato nel titolo del disco da intendersi come un modo differente di restituirle all’attenzione del pubblico odierno. Amaya Pozuelo ha esaltato gli elementi iberici e ogni altra caratteristica sonora di riferimento a stili, idee, ambienti, colori, ritmi contenuti nelle sonate K 1, 98, 115, 184, 201, 208 e 213 con una grande libertà interpretativa, e rifuggendo da tentazioni virtuosistiche ha cercato di mettere in risalto il carattere espressivo specifico di ciascuna pagina.
Nel suo testo di presentazione la clavicembalista sottolinea l’influenza delle musiche della tradizionale orale iberica sull’originale sintesi operata dal compositore italiano attivo alla corte di Portogallo e poi di Spagna, alludendo anche al cante jondo, e certamente nella sua percezione contano le origini madrilene. Ma ciò che è più significativo è che in questo campionario della magna opera di Scarlatti Amaya Pozuelo più che la fedeltà assoluta al testo scritto sembra seguire il filo dell’ispirazione di queste sonate, frutto in origine di chissà quante improvvisazioni alla ricerca dei segreti dello strumento, e così i suoi abbellimenti, arpeggi, sospensioni, e accelerazioni sollevano punti interrogativi sulle consuetudini della loro prassi esecutiva, e sulle nostre abitudini di ascolto, rinnovandone i dettagli e i contorni.