Il mondo della musica antica è in continuo movimento. Nei principali luoghi di insegnamento e di pratica musicale si formano nuovi ensemble in una dimensione cosmopolita con un avvicendamento generazionale. La ricerca favorisce la scoperta di musiche inedite che a loro volta alimentano l’allestimento di programmi musicali originali che vengono eseguiti nel contesto di singoli concerti e più frequentemente in rassegne e festival specificamente dedicati alla musica medievale, rinascimentale e barocca. Nel 2000 è stato costituito il Réseau Européen de Musique Ancienne (REMA), che è progressivamente cresciuto fino ad abbracciare ventitré paesi con un totale di centotrentadue organizzazioni. Il simbolo di questa realtà si manifesta pienamente nella giornata istituita dal REMA nel 2013 per festeggiare non solo il compleanno di Johann Sebastian Bach e l’equinozio di primavera, ma soprattutto l’inesauribile fonte di sorprese e meraviglie rappresentata dalla musica antica. L’Early Music Day del 21 marzo da allora ogni anno coinvolge sempre più partecipanti, sia a livello istituzionale che individuale, accogliendo iniziative diverse che affluiscono al complesso di ricerca, produzione, prassi esecutiva storicamente informata e divulgazione del mondo della musica antica.
Il programma in costante aggiornamento della sua decima edizione si trova sul sito dell’Early Music Day (EMD) e la partecipazione è potenzialmente aperta a tutti: seguendo le istruzioni contenute nel Media kit sulla stessa pagina si può accedere al form di iscrizione online per registrare il proprio evento.
Ogni anno per annunciare l’EMD, viene individuato un musicista al quale è attribuito il ruolo di testimonial, ossia ambasciatore, e per l’edizione del 2022 è stato scelto il controtenore Carlo Vistoli con il quale iniziamo a parlare di questa importante giornata.
Come far rivivere la musica del passato oggi?
«Credo che come in tanti aspetti della vita, sia necessario trovare un bilanciamento, e un giusto rapporto tra vari elementi, ma questo vale per tutta la musica. È importante l’approccio al testo, ciò che il compositore ha scritto, seguendo la linea guida della fedeltà, e il tentativo di proporre le idee dell’autore in modo che si avvicini il più possibile a come si pensa sia stata eseguita l’opera all’epoca. Ma questo è solo uno degli aspetti, e per rivolgersi al pubblico del XXI secolo, bisogna far parlare la musica mettendola in contatto con il nostro modo di sentire. Si parte dalle fondamenta della prassi storica, tenendo conto delle testimonianze dell’epoca, ma allo stesso tempo bisogna fare in modo che ciò che eseguiamo non sia lettera morta, integrando e aggiungendo qualcosa che sia un tocco personale condiviso con gli ascoltatori del nostro tempo.
Le interpretazioni della musica antica di quaranta o cinquanta anni fa sono molto importanti, ma a volte suonano distanti e appaiono inevitabilmente datate. C’era la grande ricerca della riscoperta, ma talvolta con una certa freddezza e con troppa aderenza al testo che si eseguiva senza un tocco personale. Oggi come musicisti dobbiamo tenere in considerazione la ripresa delle prassi esecutive ma anche di tutto quello che c’è stato nel frattempo.
Nello studio di un’opera preparo gli abbellimenti e questo fa la differenza, perché è nell’aria con da capo che si possono esprimere il proprio gusto la propria personalità di interprete».
I controtenori hanno contribuito a far scoprire molta musica dimenticata, che era appannaggio dei castrati.
«Certamente. Per poter rendere quella plausibilità scenica, a meno che non si parlasse di Roma dove le donne non erano sulla scena, il vero “macho” dell’epoca nei ruoli eroici era il castrato. Oggi per quei ruoli la voce femminile è una approssimazione, e la voce di controtenore è un tentativo di avvicinarsi a quella dei castrati. Conosciamo le testimonianze del tempo e la loro capacità di tenere frasi lunghissime, con le messe di voce, e noi possiamo solo aspirare e sperare di avvicinarci a tutto questo…
Non sappiamo esattamente come cantassero i castrati, ma la tecnica vocale nel corso di questi ultimi decenni si è molto affinata, e nel frattempo c’è stata una evoluzione del gusto. È passata molta acqua sotto i ponti e la personalizzazione di quello che si esegue può rendere molto interessante e viva la musica del passato.
Nei giorni scorsi ne ho avuto prova interpretando un’opera di Geminiano Giacomelli in forma di concerto con l’orchestra barocca La Cetra diretta da Andrea Marcon presentata a Basilea e poi ad Amsterdam. Si trattava della prima esecuzione in tempi moderni di Merope, che nonostante la sua lunghezza, circa tre ore e mezza di musica, e priva di costumi e scene è stata seguita con grande attenzione dal pubblico».
La tua playlist o, se preferisci, le tue arie di baule?
«Indicare un titolo è veramente difficile, ma in questo periodo sto cantando in Orfeo ed Euridice di Gluck, e sono immerso in questa musica, che è già più vicina al classicismo, ma si tratta di una delle opere simbolo, poiché rielabora il mito di Orfeo, il cantore che attraverso la sua voce intenerisce persino le potenze infernali.
Per coincidenza sfogliando il calendario degli anni passati mi rendo conto che il 21 marzo 2019 stavo proprio cantando quest’opera a Roma, anche se con un’altra produzione. Ho un amore particolare per Monteverdi e canterei tutti i giorni L’incoronazione di Poppea - penso sia uno dei libretti più belli - e tra le opere e gli oratori di Handel non saprei cosa scegliere, e poi le cantate e le Passioni di Bach.
Io canto questo repertorio, ma ascolto di tutto e potrei parlare di molte altre cose ma ora stiamo parlando della musica antica…
A questo proposito verso fine luglio a Martina Franca, con Sardelli sarò impegnato nel cantare Xerse di Cavalli, sulla base della nuova edizione critica. È un’opera molto lunga e c’è molto da studiare…».
Dallo scorso anno il REMA in seguito alle forti restrizioni dovute alla pandemia e all’esperienza dello streaming di concerti registrati sia in presenza che in assenza di pubblico, ha ideato attorno all’Early Music Day un festival virtuale che riunisce le proposte provenienti dai membri e dai partner della sua rete. Questa seconda edizione si svolgerà dal 21 al 27 marzo e comprende dieci concerti preregistrati in diversi contesti e occasioni, che si potranno progressivamente ascoltare secondo il calendario presente sul sito dell’EMD Festival 2022.
Il primo in programma comprende musiche di Pergolesi e Vivaldi interpretate da Carlo Vistoli e Roberta Mameli accompagnati dalla Akademie für alte Musik Berlin diretta da Bernhard Forck. Tra i successivi c’è anche quello del Coro e Orchestra Ghislieri diretto da Giulio Prandi, che è anche uno dei vicepresidenti del REMA, e che racconta quale sarà il contributo di Pavia in occasione dell’EDM.
Nel Consiglio del REMA in qualità di vice presidente c’è anche Giulio Prandi, che è direttore del Coro e Orchestra Ghislieri.
«Sono molto felice che quest’anno sia stato scelto Vistoli come ambasciatore, per la prima volta un italiano. In questi due anni molto difficili i membri del REMA si sono adoperati e hanno fatto di tutto per resistere alle difficoltà dovute alla pandemia, e per realizzare dei concerti diffusi online e far lavorare numerosi artisti nonostante la situazione».
«A Pavia stiamo realizzando un cartellone congiunto con il Teatro Fraschini dedicato a Mozart, e nel ciclo di appuntamenti del mese di marzo, per la vigilia della Giornata della Musica Antica il 20 marzo abbiamo programmato un concerto da camera dell’ensemble Wig Society intitolato Ceci n’est pas Mozart costruito attorno al mondo del compositore. Si tratta di un giovane gruppo costituito a Bruxelles nel 2020 che è sostenuto dal programma europeo Eeemerging».
Il vostro concerto è stato scelto dai partner REMA della Polonia.
«Si, si tratta del concerto dedicato al Mattutino de’ morti di Davide Perez, registrato un anno fa per l’edizione 2021 del Festival Misteria Paschalia di Cracovia, che gli organizzatori hanno scelto come proprio contributo per questa edizione dell’EMD Festival».
Uno dei vostri cavalli di battaglia…
«È stato scritto a Lisbona nel 1770 quando Perez era maestro di cappella del re, ed è uno dei capolavori del Settecento portoghese e italiano allo stesso tempo, ed è molto interessante, perché costituito da piccoli movimenti di carattere diverso e contrastante di natura quasi teatrale.
In origine il progetto di questa esecuzione era nato con la collaborazione della Fondazione Royaumont, e nel 2013 lo abbiamo presentato in diverse capitali europee.
Lo scorso anno dovevamo presentarlo a Cracovia, ma a causa della pandemia non siamo potuti andare in Polonia e allora lo abbiamo registrato nel teatro Fraschini. Nel video sono presenti riprese di diverse opere d’arte di Pavia, e in un certo senso abbiamo portato simbolicamente anche la nostra città al festival di Cracovia».
Gli altri concerti del festival virtuale sono stati realizzati in Francia, Belgio, Inghilterra e Stati Uniti, da orchestre ed ensemble composti da musicisti di diversi paesi e generazioni, che hanno presentato musiche di diverse epoche scritte da autori di varie nazioni, in un caleidoscopico complesso sonoro che si potrà vedere e ascoltare nella settimana che inizia il 21 marzo, giorno nel quale si concentrano un grande numero di eventi che prescindono dal Festival.
I gruppi di musica antica che hanno aderito all’EDM sono moltissimi e tra questi c’è anche Concerto Scirocco diretto da Giulia Genini che racconta in che modo il suo ensemble parteciperà.
«Registreremo un concerto nella Chiesa di San Biagio a Ravecchia, una chiesa romanica del Ticino che si trova vicino Bellinzona, il giorno prima e a porte chiuse senza pubblico, che sarà trasmesso in streaming il 21 marzo sul canale Youtube del REMA e sul nostro canale e il sito Facebook, che sintetizza il repertorio contenuto nel nostro nuovo disco appena uscito. Fino ad ora ci eravamo dedicati alla musica italiana e in particolare veneziana, e così ci è venuta voglia di esplorare altri repertori idiomatici per il nostro gruppo che è composto prevalentemente da fiati. Il legame con l’Italia in realtà è rappresentato dai musicisti e liutai italiani, trasferiti in Inghilterra, come i Bassano, e così abbiamo pensato di dedicare un programma alla musica inglese del mondo dei masques. Per realizzarlo mi sono messa in contatto con il musicologo neozelandese Peter Wols che ha scritto uno splendido libro intitolato, Music in the English Courtly Masques (1604-1640). Dalle cronache dell’epoca è emerso uno strumentario molto più ampio di quello che in genere si pensava venisse usato in questi spettacoli tesi a rappresentare idealmente la corte attraverso musica, poesia, danza, costumi, architettura e altro ancora. Con uno strumentario fatto di consort di archi, fiati e altri strumenti abbiamo cercato di includere alcune delle musiche più belle di questo mondo musicale molto interessante fatto di stili diversi, come ad esempio quello di William Brade, attivo anche in Germania ma che scriveva in stile italiano, con aspetti ispirati alle danze di derivazione francese…».
Tra i diversi eventi online e dal vivo che animeranno la giornata della musica antica, spicca una prima esecuzione in tempi moderni di un oratorio di Luigi Mancia, un compositore bresciano poco conosciuto della seconda metà del Seicento, che verrà eseguito a Lione dall’ensemble Le Concert de l'Hostel Dieu il 21 marzo. Abbiamo chiesto al direttore del gruppo Franck-Emmanuel Comte, di raccontare la storia di questa partitura riemersa dall’oblio.
Quando e chi ha scoperto questo manoscritto anonimo e privo di titolo?
«Lavoro da molto tempo sulle partiture del fondo musicale della Biblioteca Municipale di Lione per realizzare concerti e dischi, poiché contiene principalmente musica italiana, ad esempio di Carissimi, Corelli, Stradella, Scarlatti ed altri autori».
«Ho scoperto questo oratorio una quindicina di anni fa. Sul frontespizio era scritto a matita “du Manssa” e più tardi era stata aggiunta la data del 1710, non sappiamo da chi. Così ho contatto Marco Bizzarrini e insieme comparando altre fonti ci siamo convinti che si trattasse di Luigi da Mancia. D’altronde l’ortografia del suo nome è molto varia nelle diverse fonti. Non sappiamo chi l’abbia portata a Lione, ma molta musica è arrivata tramite i gesuiti, e c’erano molti rapporti commerciali con l’Italia. Nel fondo ad esempio non c’è musica tedesca…
Dunque ho poi deciso di dargli un titolo, condiviso anche da Bizzarrini, che potesse riassumere il suo contenuto e che fosse suggestivo per il pubblico, visto che si tratta di un autore sconosciuto: Il Paradiso perduto. L’oratorio è diviso in due parti e all’inizio si concentra sul giardino dell’Eden, con Adamo ed Eva che vivono in armonia con la natura, e poi nella seconda parte Eva viene tentata dal serpente e il libretto riassume bene l’evocazione della cacciata dal Paradiso».
L’edizione della partitura è stata curata da Maria Luisa Baldassari che di seguito ne commenta gli aspetti più originali.
«Ho incontrato Franck-Emmanuel Comte quando sono stata invitata a fare un concerto a Lione, e lui mi ha chiesto se mi sarei voluta occupare della edizione di questo oratorio. Guardando la partitura originale ci si rende conto che non è un autografo, ma una trascrizione fatta da un copista francese che cerca di trascrivere la nostra lingua, e l’aspetto più interessante è che prevede due orchestre, cosa rara nel Seicento, con l’uso della tromba e di diversi altri strumenti, dunque è molto ricca dal punto di vista orchestrale. Oltre a questo mi ha colpito un aspetto particolare della scrittura musicale che non avevo mai visto prima in nessun’altra trascrizione di oratori italiani: in alcuni punti le parti degli archi sono scritte solo con accordi come se fosse un basso continuo, ma a causa della pandemia non ho potuto approfondire le mie ricerche per consultare altre fonti…
In ogni caso si tratta di una partitura molto bella, nella quale ogni personaggio ha una caratterizzazione musicale molto diversa e specifica. e questo potrebbe gettare luce sulla pratica italiana, visto che non credo sia stato scritto per la Francia».
La caratterizzazione dei personaggi è messa in evidenza anche da Franck-Emmanuel Comte che continua a raccontare gli elementi salienti di questo oratorio.
«I protagonisti, Adamo ed Eva hanno la musica più espressiva e più interessante dal punto di vista armonico, ma anche gli altri personaggi come il Serpente o la Morte, sono molto interessanti per l’orchestrazione originale. La Morte canta accompagnata dagli archi e dalle trombe con la sordina, probabilmente utilizzata per la prima volta nella musica barocca, ma bisogna dire che ciascuna figura è tratteggiata da una orchestra sorprendente con una vera e propria teatralizzazione sonora che stimola l’immaginazione degli ascoltatori. Dio è sempre accompagnato da una doppia orchestra, e quando si infuria si sentono trombe, percussioni e altri strumenti, con una formazione di ventotto musicisti, più i sei cantanti solisti».
Dunque riassumendo non sappiamo per chi sia stato composto e come questa partitura sia finita a Lione?
«È la sola copia oggi conosciuta di questo oratorio, e non sappiamo esattamente ma potrebbe essere stato scritto nel 1697 o 1698 per il Palazzo Ducale di Modena e per l’ambiente delle dame e dei cavalieri dell’aristocrazia. Ci sono dettagli particolari dell’orchestrazione, che riguardano per esempio i passaggi di tre violoncelli soli, e poi di una tiorba solista, pensati forse per permettere ai nobili di esibirsi…
All’inizio del Settecento a Lione si erano formate delle società musicali di amatori e professionisti e c’erano due orchestre. Una era quella della Académie des beaux-arts, che ha costituito un fondo di musiche italiane e francese. I melomani si ritrovavano per ascoltare musiche diverse da quelle proposte dall’Opera che a Lione era legata a Lully. Nella nostra città c’erano molti musicisti italiani, in particolare violinisti e maestri di ballo, che hanno certamente contribuito a diffondere le musiche che arrivavano dall’Italia».