La vivace attualità delle Nozze di Figaro
Successo per la riuscita nuova produzione dell’opera di Mozart al Teatro Nuovo Giovanni da Udine
Tanti e convinti gli applausi che il pubblico che ha esaurito il Teatro Nuovo Giovanni da Udine ha tributato a questa nuova produzione de Le nozze di Figaro, proposta in un’unica data domenica 13 febbraio in un allestimento decisamente riuscito sia sul versante musicale sia su quello scenico-registico.
Sappiamo come il repertorio operistico di Mozart rappresenti uno dei paradigmi del teatro musicale in generale e come, nel catalogo del salisburghese, la trilogia segnata dai libretti di Da Ponte costituisca una sorta di specifico e simbolico ambito espressivo. In questo quadro Le nozze di Figaro restituiscono probabilmente la più significativa essenza di un ispirato ed efficace equilibrio tra traduzione drammaturgica e rispecchiamento delle ipocrisie custodite nelle convenzioni sociali dell’epoca.
Caratteristiche che si rivelano oltremodo attuali, anche grazie a quella sorta di irresistibile universalità cesellata dai caratteri dei diversi personaggi che abitano quest’opera, capaci di valicare i secoli attraverso la traduzione ironica e consapevolmente leggera di archetipici caratteri umani, i cui difetti divengono segni distintivi attraverso la lente sublimante dell’opera buffa.
Una modernità che ci parla anche nel nostro presente, con una cifra disincantata che esorcizza ogni possibile lettura frettolosamente superficiale. In questo senso è lo stesso Ivan Stefanutti a mettere a fuoco, nelle sue note al programma di sala, il segno attraverso il quale ha voluto plasmare la sua regia, riferendosi anche alle “puntate precedenti” della saga di Beaumarchais: «Dobbiamo tenere presente anche la trama della prima parte della trilogia, cioè Il Barbiere di Siviglia. In quella commedia abbiamo conosciuto per la prima volta i personaggi che ritroviamo sviluppati nelle Nozze. Sono passati solo tre anni dal matrimonio di Rosina con il Conte. E tutti e due hanno cambiato umore. Non è certo la continuazione di un “...e tutti vissero contenti”. A tutto questo aggiungiamo altri particolari intrecci: come nuove pretese e conti da regolare che inaspettatamente si rivelano essere storie parallele di bimbi scomparsi e poi ritrovati; oppure nemici che diventano genitori. O ancora, anziane corteggiatrici che rischiano di essere delle nuove Giocaste che civettano con il proprio figlio senza saperlo».
Inoltre, «anche le età complicano con i loro impulsi irrefrenabili: troviamo piccoli amorini ambigui in preda a tempeste ormonali. Sentiamo fruscio di gonnelle, ma non sono sempre indossate da ragazze. E naturalmente, come se non bastasse, ci sono parenti impiccioni e alcolisti». Quindi travestimenti, ipocrisie, tentazioni incestuose e miscugli generazionali, il tutto raccolto nel recinto di quella sorta di guerra tra i sessi che anche in quest’opera datata 1786 emerge grazie ad una illuminante (o, meglio, illuminata) consapevolezza femminile.
Caratteri che la lettura di Stefanutti – al quale si deve la cura di regia, scene e costumi – è riuscita a restituire attraverso una gestione dello spazio scenico tratteggiata con misura efficace e consapevole, tutta giocata attraverso le grandi e simboliche porte che hanno circoscritto il mondo nel quale si sono mossi i personaggi, anch’essi tratteggiati attraverso una gestualità intrisa da una sobrietà elegantemente divertente.
Un dato, questo, assecondato con palese efficacia anche dai cantanti chiamati ad interpretare i diversi personaggi, a partire da Markus Werba che ha vestito i panni di un Figaro spigliato e trascinante, vocalmente sempre a fuoco, affiancato dalle voci di soprano di Anna Prohaska, una sicura e vivace Susanna, e Anett Fritsch, una Contessa solidamente intensa. Autorevole anche la voce di baritono di Andrei Bondarenko, un Conte di Almaviva ben tratteggiato e forse solo un poco eccessivo in certi impeti espressivi, mentre nel complesso decisamente ben riuscite le prove di Serena Malfi (Cherubino), Maurizio Muraro (un Don Bartolo particolarmente ispirato), Markos Fink (Antonio), Alessia Nadin (Marcellina), Federico Lepre (Don Basilio/Don Curzio) e Giulia Della Peruta (Barbarina).
Al netto di qualche assestamento fatto registrare nel corso dell’overture, efficace anche la prova di un’Orchestra di Padova e del Veneto guidata con buona reattività da Marco Feruglio, completata dal segno compatto restituito dal Coro del Friuli Venezia Giulia preparato da Cristiano Dell’Oste.
Come anticipato, alla fine calorosi applausi per tutti gli artisti impegnati in un allestimento che, sia per lo sforzo produttivo sia per la qualità della proposta registica e del cast vocale impegnato, avrebbe meritato qualche recita in più.
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