Bertrand Chamayou da non perdere

In tournée con Antonio Pappano e la Chamber Orchestra of Europe

Pappano, Chamayou ( Foto Mattia Gaido)
Pappano, Chamayou ( Foto Mattia Gaido)
Recensione
classica
Torino, Auditorium del Lingotto
Pappano, Chamayou
12 Novembre 2024

Che dire di Bertrand Chamayou? Chi non avesse mai avuto modo di ascoltare dal vivo questo giovane (43 anni) pianista ha in questi giorni occasione di farlo: Chamayou è in tournée in diverse città italiane ed europee con la Chamber Orchestra of Europe diretta da Sir Tony Pappano. La tappa torinese, inserita nella stagione di Lingotto Musica, aveva in programma La Création du monde di Darius Milhaud, il secondo Concerto per pianoforte e orchestra di Camille Saint-Saëns, le Variazioni su I Got Rhythm di George Gershwin e Fancy Free di Leonard Bernstein. (In altre città, al posto del concerto di Saint-Saëns, quello in sol di Ravel).

Sir Tony lo conosciamo bene, sappiamo cosa è in grado di tirare fuori da qualunque orchestra, e il matrimonio con una delle migliori europee, quale è la Chamber Orchestra of Europe, non poteva che dare risultati gloriosi. Si vedono in particolare nella Création, che anche se non sembra è un pezzo da camera (per chi ha una casa grande e un corpo di ballo, d’accordo). La scrittura di Milhaud, in ciò assecondata magnificamente da Pappano, evita sistematicamente la tecnica degli impasti e dà sempre a ogni strumento occasione di manifestarsi come voce singola, o fenomeno del creato. È perciò anche il pezzo che meglio valorizza la specificità di un’orchestra composta non da orchestrali amalgamati ma da solisti aggregati. La quale, opportunamente rimpolpata, si è poi lasciata trascinare da Pappano nell’America felix di Gershwin e Bernstein, nei loro fuochi d’artificio percussivi, nel carattere felino dei loro ottoni, con applausi, va da sé, garantiti.

Chamayou, si diceva. Solista tra i solisti, si mimetizza nell’orchestra in tutti e tre questi brani, ma il faro addosso gli è offerto dal Concerto di Saint-Saëns (tra parentesi, uno dei più belli e sottovalutati di tutta la storia della musica occidentale, della quale è fino a quel momento un compendio, e che va oltre se stesso: chissà se il Verdi che componeva Falstaff ne conosceva il secondo movimento; e che spinge a danzare più dei balletti di Milhaud e Bernstein accostatigli).

Le qualità di Chamayou sono innumerevoli; probabilmente, a conti fatti, le ha tutte: dal nitore alle sfumature, dal virtuosismo infuocato al fraseggio elegante, dal controllo tecnico alla capacità di lasciarsi andare, insomma da mettetecelo voi a mettetecelo voi, che tanto ce l’ha. Basta un ascolto dal vivo per rendersi conto che si è davanti a uno dei più grandi pianisti in attività. Dal vivo, sì, perché Chamayou questo concerto sublime l’ha inciso, ma il disco, pur splendido, è una eco pallida di quel che dal vivo, qui come non altrove, si abbatte con peso animale sulla carne di chi ascolta, e la costringe a involontarie distensioni e contrazioni, anche violente. Pappano e l’orchestra non erano da meno quanto a intensità drammatica. Per chi ne ha la possibilità, un concerto da non perdere.

                                                                                                                       

 

 

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