Imed Alibi e Khalil EPI, Nordafrica da club
Frigya esplora con approccio elettronico e contemporaneo la tradizione percussiva tunisina
A distanza di un anno torniamo a occuparci dell’etichetta discografica Shouka: la prima volta ce ne diede l’occasione Irun, il secondo album del produttore e musicista tunisino Nuri, mentre oggi è il terzo lavoro del percussionista – anche lui tunisino – Imed Alibi, questa volta accompagnato da Khalil EPI, nome d’arte del compositore di musica elettronica nonché polistrumentista Khalil Hentati.
Il progetto che li vede protagonisti è Frigya (Africa), esplorazione con approccio elettronico e contemporaneo della tradizione percussiva del Nord-Africa, comune passione dei due musicisti. Aggiungiamo che il mixing è stato affidato a Sofyann Ben Youssef, meglio conosciuto come Ammar 808, e a questo punto tutto ciò che vogliamo sono percussioni ossessive e frequenze del Roland che facciano vibrare i muri. Spoiler: non rimarremo delusi.
Imed Alibi è percussionista nonché compositore nato nel 1978 ad Al Miknāsī. Introdotto alle percussioni in età giovanissima in orchestre popolari e classiche del Nord-Africa e del Medio Oriente, Imed Alibi ha collaborato con molti musicisti, alcuni dei quali con la loro musica hanno segnato il loro tempo: Rachid Taha, Les Boukakes, Safy Boutella, Mamdouh Bahri, Ghalia Benali, Kel Assouf – il cui terzo album Black Tenere, uscito due anni fa per l’etichetta Glitterbeat, fu prodotto da Ammar 808 –, Watcha Clan, Natasha Atlas, Michel Marre ed Emel Mathlouthi.
Khalil Hentati, conosciuto come Khalil EPI, è un musicista e compositore elettronico. Da giovanissimo frequenta il Centre des Musiques Arabes et Méditerranéennes di Sidi Bou Saïd, la causa scatenante della sua passione per la world music, ma è solo durante i suoi studi di cinema che scopre la sua passione per macchinari e sintetizzatori.
Comincia a esibirsi da solo usando l’alias EPI e in breve tempo è invitato nei principali locali e festival, compone musiche per numerosi film e spettacoli di danza contemporanea e collabora con svariati artisti, esplorando un ampio spettro di generi, dall’hip-hop al jazz, dal trip-hop alla techno.
“Pour Quelques Dinars de Plus” è un suo remix di un pezzo incluso in Safar, album d’esordio di Imed Alibi.
Nel 2018, Khalil si unisce al progetto Frigya di Imed, che propone la fusione tra percussioni tunisine e musica elettronica e che arriva oggi all’album eponimo.
Sette brani preceduti da un’introduzione, un’immersione diretta nell’universo percussivo dell’album, nel movimento asimmetrico dei 7/4. E il viaggio ritmico comincia con “Analog Bedoui”, con la sua miscela di musica elettronica e musica popolare tunisina, un tributo all’attuale musica urbana in cui vocoder, basso e percussioni si scatenano in un groove tipicamente tunisino.
Segue “Dajkovo”, un inconsueto ritmo 9/8 che scivola in un ritmo elettronico di drum and bass smontato per l’occasione, e un’orchestrazione di violini stratificati ad aggiungere maestosità.
“Nashwa”, il singolo che ha avuto il compito di precedere l’album, ha un ritmo "Mrabaa Bedoui" che entra in collisione col suono del TR-808 e le sue basse frequenze. Poi entra il sintetizzatore ed eccoci calati all’interno di una festa di matrimonio, e l’atmosfera festosa è resa bene dal video che accompagna la canzone.
«Il pubblico non sempre lo sa ma la maggior parte dei progetti elettronici contenenti dei sample di darbouka o delle percussioni dette "arabes" utilizzano di fatto dei ritmi egiziani» ha detto Khalil Hentati a Pan Afican Music. «L’Egitto domina l’immaginario collettivo in termini di percussioni. La scena egiziana è sviluppatissima e soprattutto esiste da molto più tempo rispetto alle altre. L’Egitto è egemonico in termini d’influenza musicale. Per Frigya ci siamo appoggiati sulla tradizione percussiva tunisina, che è meno diffusa, alle volte anche più complessa, con strutture poliritmiche decostruite ma molto ricche».
Con “Houita” arriva la jungle: no, non è vero, ma il ritmo “Bounawara” ricorda a tratti il genere musicale in voga a Londra nella prima metà degli anni Novanta. La voce femminile è campionata da un vecchio vinile di difficile reperibilità.
Bella la chiusura con “Hattaya”, l’omaggio alla musica Mezoued, quella che ha le radici piantate in quella musica urbana fatta e ascoltata da chi le radici le ha perse a causa dell’esodo rurale, la musica che esce dai caffè e dai saloni dei barbieri della classe operaia nelle periferie delle città tunisine.
Frigya è dunque il risultato di anni di ricerche e creazioni all’interno di Silo, un’associazione che lavora alla promozione della musica tradizionale nella regione occitana francese, è un ritorno ai suoni dell’Africa e della Tunisia ma con lo sguardo rivolto al mondo del clubbing.
Come anticipato in apertura, se cercate percussioni ossessive e frequenze del Roland che facciano vibrare i muri, bene, Frigya è il disco giusto.