Helado Negro: gelatino pop
Ritorna con Far In la musica leggerissima di Helado Negro
Un paio d’anni fa avevamo preso una sbandata per This Is How You Smile, ammirandone poi dal vivo l’autore – deliziosamente impacciato – a Club To Club. Con quel disco Helado Negro – pseudonimo iperglicemico di Roberto Carlos Lange: cittadino statunitense figlio d’immigrati ecuadoriani, laureato in Computer Art e Animazione, artefice di video, sculture e performance, oltre che di canzoni – aveva cambiato passo, diventando visibile nei radar di media e operatori del settore, cosicché il nuovo lavoro – settimo della serie – deriva dal contratto appena stipulato con la prestigiosa indipendente londinese 4AD.
Siamo dunque all’apogeo di una carriera avviata sottotraccia nel 2009 alternando via via argomenti vari, dal “freak folk” in stile Devendra Banhart degli esordi ai successivi esperimenti sui canoni dell’elettronica e dell’hip hop, giungendo infine a una versione tutta sua di ciò che noi ultimamente chiamiamo “musica leggerissima”: il risultato a gravità zero di una scrittura melodica senza sforzo.
Avvisaglia dell’estro giunto a maturazione era stato nel 2015 il singolo “Young, Latin & Proud”, divenuto nel tempo un classico della comunità ispano-americana attraverso il passaparola digitale.
Una dichiarazione esplicita della fierezza etnica ostentata tuttora nei brani cantati in lingua spagnola, nel caso in questione “Aguas Frías”, elegia sintetica dal pallore ambient, e il seguente “Aureole”, animato da un ritmo pulsante e avvolto in atmosfera siderale per quasi sette minuti, ergendosi pertanto a fulcro dell’opera, ma soprattutto “La Naranja”, che nasce da un crescendo d’archi e sfocia in un andamento brioso pronunciando speranzose parole d’amore: “So che solo tu e io possiamo salvare il mondo”.
Immaginiamo siano rivolte a Kristi Sword, videoartista affermata e sua compagna da una vita. Con lei, al principio del 2020, Lange si era recato a Marfa per creare in loco un’installazione multimediale a quattro mani intitolata Kite Symphony, di cui si è avuta eco discografica nel giugno dell’anno passato: la residenza nella cittadina texana doveva durare una ventina di giorni, ma la coppia ci è rimasta – ostaggio del Covid-19 – sei mesi. Probabile alluda ai piacevoli effetti di quella convivenza coatta “Gemini and Leo”, dove su esotica cadenza funk scorre il racconto di come ciò abbia significato riscoprire il valore del rapporto fra i protagonisti zodiacali – lei Gemelli e lui Leone, appunto – dell’episodio, fra i più ispirati del repertorio: “Portami nella tua galassia, adesso, e mostrami come orbiti intorno alla mia mente”.
La metafora spaziale non è fortuita, poiché l’interessato ha confessato in un’intervista al “New York Times” di aver tratto spunto dalla fantascienza di stampo esistenzialista evocata tre decenni fa da Wim Wenders in Fino alla fine del mondo, aggiungendo di considerare questo album “un tributo ai fantasmi”: densità narrativa in apparente contrasto con la levità formale di canzoni quali “There Must Be a Song Like You”, in prossimità della bossa nova, e “Outside the Outside”, su avvincente groove disco (scuola Arthur Russell).
Sovente affiancato da presenze femminili (la diva alternativa Kacy Hill nell’iniziale “Wake Up Tomorrow”, la pianista avant-garde Kelly Moran in “Wind Conversations”, Raquel Berrios del duo Buscabulla in voce nell’afa di “Agosto”, la sperimentatrice newyorkese Taja Cheek – alias L’Rain – al basso in tre tracce), Helado Negro dispensa altre prelibatezze con sublime nonchalance e conferma la propria natura d’improbabile personaggio pop. E negando nell’intestazione di essere stravagante (in gergo far out), con l’espressione Far In sottintende forse una profonda esplorazione interiore: impresa consona a un uomo che da poco ha varcato la soglia dei 40 anni.