Native Soul, il lato oscuro dell’amapiano
La nuova, elettrizzante musica della Z generation sudafricana arriva su Awesome Tapes from Africa
Dopo il disco d’esordio di Teno Afrika, l’etichetta statunitense Awesome Tapes from Africa pubblica Teenage Dreams, il primo album dei giovanissimi sudafricani Native Soul, a conferma che ormai l’amapiano ha varcato i confini del Sudafrica per conquistare i dancefloor più attenti. Il fenomeno sembra inarrestabile e i Native Soul potrebbero diventare gli alfieri della versione più evoluta di questo genere.
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All’inizio di questo mese l’Inghilterra si è arresa definitivamente all’assalto dell’amapiano: Major League DJz, vale a dire i gemelli Bandile e Banele Mbere, e Focalistic, the Pitori Maradona, hanno conquistato Londra, Manchester e Birmingham, loro che con Cassper Nyovest e Davido avevano dato la prima spallata a fine agosto facendo il botto alla BEC Arena di Manchester con il concerto Kings of Amapiano.
Nello slang sudafricano “ma2000” è il termine velatamente ironico per definire i giovani nati dopo il 2000 e che quindi non hanno sperimentato sulla loro pelle l’orrore e le difficoltà socio-economiche dell’apartheid. Kgothatso Tshabalala, 19 anni, e Zakhele Mhlanga (DJ Zakes), 18 anni, i due produttori di Pretoria che nel 2019 hanno dato vita al progetto Native Soul, sono quindi a tutti gli effetti dei “ma2000” ma, a dispetto della loro giovane età, in Teenage Dreams mettono in mostra maturità e abilità tecniche insospettabili. La loro tavolozza sonora è fatta di percussioni minimali, melodie contagiose di piano che sfociano in ondate di energia deep house rafforzata dal dub, senza mai raggiungere l’apice, privilegiando un lento ma costante lavoro di saturazione.
“The Beginning” – e non potrebbe essere diversamente – fa da apripista mostrando i principi percussivi fondamentali del duo – tom-tom elettronici, shaker e rullanti di sicuro effetto – e conservando le melodie per la successiva “Way to Cairo”. La title-track è un potente esempio di amapiano claustrofobica, mentre “Dead Sangoma” accenna in maniera chiara ai ritmi percussivi dell’afro-house.
Ciò che ha reso l’amapiano enormemente popolare all’interno della scena musicale sudafricana è il carattere DIY dietro di essa. Nel caso specifico Tshabalala and Mhlanga vivono entrambi nell’area di Pitori che circonda Pretoria ma a una distanza considerevole, il che rende le sessioni in studio difficili e quindi sporadiche. «Viviamo distanti e così le sessioni in studio sono rare», dice Mhlanga, «il più delle volte, quando lavoriamo su un progetto, ci scambiamo tramite internet ciò che abbiamo fatto per aggiunte o perfezionamenti, ma quando ci troviamo io mi occupo delle tastiere e lui delle percussioni».
Ciò che colpisce maggiormente in questo album, oltre alla sua compattezza, è la capacità messa in mostra dai Native Soul di creare un’atmosfera di scura claustrofobia, costringendo la mente dell’ascoltatore ad andare al di là dei confini delle singole canzoni: 14 brani che creano un groove incessante, quasi circolare, un viaggio attraverso il bizzarro panorama mentale di questo periodo. Un esordio che posso definire solo come fulminante.