Little Simz, una diva introversa
Il nuovo album Sometimes I Might Be Introvert conferma il valore della giovane rapper londinese Little Simz
Crescendo nell’habitat grime del nord di Londra, ma avendo in mente Lauryn Hill, all’età di 21 anni Little Simz aveva messo già in cascina quattro mixtape, sei EP e un album, mentre ora che ne ha compiuti 27 pubblica il quarto, sulla scia del trionfo di Grey Area, datato 2019.
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Accanto a lei c’è nuovamente l’amico d’infanzia Dean Josiah Cover, alias Inflo, fra le tante cose principale forza motrice del progetto Sault: una garanzia. L’acronimo del titolo – Sometimes I Might Be Introvert – equivale al suo soprannome, Simbi, abbreviazione di generalità – per esteso Simbiatu Abisola Abiola Ajkawo – che denunciano le origini dei genitori, nigeriani di etnia Yoruba: ascendente rivendicato e nella circostanza incarnato da Obongjayar, con cui duetta sull’irresistibile cadenza afrobeat di “Point and Kill”.
E a proposito di questioni familiari: al padre assente dopo la separazione dalla madre è dedicata la canzone dell’amore e dell’odio. “Il mio ego non mi consente di dire esplicitamente mi manchi”, recita un verso a cuore aperto.
Sometimes I Might Be Introvert ostenta intensità autobiografica, opponendo alla visibilità da diva dell’hip hop britannico l’indole introversa confessata nell’intestazione. L’epico episodio iniziale – "Introvert", appunto – stabilisce il tono, alternando pubblico e privato: dallo scenario apocalittico dipinto preliminarmente (“Il regno è in fiamme, il sangue di un giovane messia, vedo peccatori dentro una chiesa”) a repentini scorci d’intimità (“Simz l’artista o Simbi la persona? Per voi sorrido, ma sto davvero soffrendo”).
In coda a quel brano si ascolta la voce da Grillo Parlante protagonista degli interludi che punteggiano la sequenza, appartenente all’attrice Emma Corrin (Lady Diana nella serie The Crown): «La tua introversione ti ha portata qui, l’intuito ti ha protetta lungo il cammino»: tipo la strega buona ne Il Mago di Oz, quando due dischi fa – in Stillness in Wonderland – l’allusione era a Lewis Carroll. In termini di suono, ciò corrisponde al respiro cinematografico degli arrangiamenti, fra Disney e Broadway, reso tale dall’impiego di una quarantina di orchestrali, benché non manchino vestigia dell’essenziale rudezza originaria, come dimostra l’impeto hardcore di “Still” e “Rollin Stone”.
Il ventaglio delle possibilità esplorate è ampio e contempla soluzioni che vanno dall’accento latino delle percussioni in “Fear No Man” al dinamico funk elettronico di “Protect My Energy”, percorrendo via via le strade del soul (“Two Worlds Apart”, dov’è campionato Smokey Robinson da “The Agony and the Ecstasy”), del jazz (“Miss Understood”, in chiusura) e dell’R&B (“Woman” con il prezioso cammeo di Cleo Sol).
Imponente nella stazza, 19 tracce per 65 minuti di musica, praticamente il doppio rispetto al lavoro precedente, Sometimes I Might Be Introvert associa comunque alla quantità una dose adeguata di qualità e avvalora dunque l’opinione su Little Simz espressa tempo fa da Kendrick Lamar, uno che se ne intende: «Attualmente la più tosta in circolazione».