Iniziativa collocata nell’ambito delle manifestazioni di Parma Capitale Italiana della Cultura 2021, la nuova produzione de Il Trionfo del Tempo e del Disinganno della Fondazione Teatro Due propone nei giorni 26 (ore 19.30) e 28 giugno (ore 20.30) l’allestimento in forma scenica dell’oratorio realizzato su libretto di Benedetto Pamphilj e musica di Georg Friedrich Händel, ospitato in questa occasione negli spazi dell’Abbazia di San Giovanni Evangelista di Parma.
Protagonisti di questo progetto sono Fabio Biondi e la sua Orchestra Europa Galante per il lato musicale e Walter Le Moli impegnato sul versante della direzione teatrale, ai quali si aggiunge un ensemble vocale di solisti quali Francesco Marsiglia, Francesca Lombardi Mazzulli, Vivica Genaux e Arianna Rinaldi. Tutti artisti impegnati in uno spettacolo dal segno originale, concepito per essere rappresentato nello spazio affrescato della Chiesa di San Giovanni della città emiliana, valorizzato per l’occasione dall'allestimento di Tiziano Santi, con le luci di Claudio Coloretti e i costumi curati da Gabriele Mayer.
In occasione di questa produzione, abbiamo fatto quattro chiacchiere con Fabio Biondi, violinista e direttore d’orchestra che torna a dirigere quest’opera per la seconda volta nel corso della sua carriera.
Come ha approcciato questa nuova produzione de Il trionfo del Tempo e del Disinganno? Come influenza il dato musicale il fatto che si tratti di un allestimento in forma scenica dell’oratorio di Pamphilj e Händel?
«La prima volta che ho diretto questa pagina è stato una decina d’anni fa, in Norvegia, alla guida dell’Orchestra Sinfonica di Stavanger in occasione di una produzione in forma di concerto. Oggi come allora sono fortemente interessato a valorizzare i differenti caratteri di questa pagina. Un’opera la quale, nonostante sia stata composta nel 1707 da un Händel poco più che ventenne, racchiude una grande consapevolezza espressa da questo autore rispetto alla caratterizzazione della vita musicale del suo tempo, e nello specifico del panorama italiano».
«Osservando come riveste di musica il testo del libretto del cardinale Pamphilj, ci si rende conto di quanto l’autore conoscesse il clima dell’ambiente culturale romano nel quale ha debuttato questo oratorio. Si tratta di una pagina bellissima e, al tempo stesso, molto differente rispetto, per esempio, ad Agrippina, l’opera tenuta a battesimo a Venezia a distanza di due anni rispetto al Trionfo e che avviò il giovane musicista sassone a un consolidato successo internazionale. In questo oratorio Händel plasma un tessuto musicale sobrio, adeguato al clima culturale dotto e scevro da eccessi che caratterizzava l’arte e la cultura della società romana – molto diversa dalla più vivace società veneziana – all’epoca della prima esecuzione di questa pagina grazie all’impegno del cardinale Ottoboni. Tra le pieghe della partitura, per esempio, si possono rintracciare rimandi alla musica di figure quali Arcangelo Corelli o Alessandro Scarlatti, quest’ultimo omaggiato nel finale con la sua originale soluzione in pianissimo».
Oltre a dirigere la “sua” Orchestra Europa Galante, guiderà un ensemble di solisti come Francesco Marsiglia, Francesca Lombardi Mazzulli, Vivica Genaux e Arianna Rinaldi. Quali sono le caratteristiche principali dell’aspetto vocale sui cui ha lavorato con questi artisti?
«La scelta delle voci rappresenta un aspetto al quale ho sempre prestato molta attenzione. In particolare, io tendo a non impiegare controtenori in luogo dei castrati presenti con ogni probabilità in origine, anche perché ritengo che la pasta vocale sia molto differente e non si possa rievocare con l’uso del falsetto. In questo senso preferisco impiegare voci femminili come quella, per esempio, di Vivica Genaux nel ruolo del Disinganno, con la sua particolare cifra timbrica e coloristica. Inoltre, proprio per assecondare quella sorta di senso di una misura stilistica dotta e “osservata”, ho scelto di scrivere io tutte le ornamentazioni anche per le voci, al fine di dare coerenza al disegno espressivo nel suo complesso».
L’esecuzione avrà luogo presso l’Abbazia di San Giovanni Evangelista di Parma: sul piano acustico-sonoro, come ha gestito il suo lavoro per coniugare la sua lettura dell’opera e i caratteri di questo spazio? E quali sono i punti di contatto tra la sua interpretazione di questa pagina e la visione di Walter Le Moli?
«Sicuramente eseguire questa pagina in uno spazio così suggestivo da un lato apporta un elemento di grande fascino all’iniziativa nel suo complesso, ma dall’altro pone di fronte a quale inevitabile compromesso, primo fra tutti quello rappresentato dall’elemento acustico. Naturalmente abbiamo fatto alcune scelte anche in considerazione di questo aspetto come, per esempio, la decisione di posizionare l’orchestra sulle gradinate, quindi in posizione più alta rispetto al pubblico. Un altro elemento caratterizzante è rappresentato dalla visione drammaturgica posta in essere da Walter Le Moli la quale da un lato legge lo spazio plasmandolo come una sorta di box intimo, e dall’altro prevede movimenti minimi che non impattano sul dato vocale e musicale in generale. Anzi, una delle caratteristiche che ho sempre apprezzato in Walter, e che anche in questa occasione emerge in maniera determinante, è la sua capacità di rispettare il testo che mette in scena: il suo è un approccio da “interprete” e non da “autore”, elemento decisamente prezioso nel panorama musicale e teatrale odierno».
E proprio per approfondire l’idea registica che caratterizza questa nuova produzione abbiamo rivolto qualche altra domanda allo stesso Walter Le Moli.
Allestire un oratorio in forma scenica appare sempre come una scommessa affascinante: come ha immaginato il “suo” Il trionfo del Tempo e del Disinganno?
«Il poema del Cardinale ha all’interno una forza drammaturgica tale da portare alle estreme conseguenze il palese conflitto; pertanto, non è né strano né difficile immaginare il testo dell’oratorio come un libretto d’opera. Evidentemente, la proibizione per il genere operistico attuata nella Roma papalina ha spinto Pamphilj a comprimere la struttura drammaturgica del poema, trattandola, al contempo, in modo da competere con gli schemi operistici coevi. La mia immaginazione è stata impiegata a discoprire ciò che Pamphilj aveva già architettato».
Quali sono gli elementi peculiari della visione registica attraverso la quale ha coniugato i caratteri dell’oratorio di Pamphilj e Händel agli spazi dell’Abbazia di San Giovanni Evangelista?
«È stata una sorpresa di molti anni fa scoprire nella romana Galleria Doria Pamphilj una Allegoria della Verità di Correggio. È stato quasi un riflesso condizionato, pertanto, il collegamento con la traccia del Correggio a Parma, che inizia nella Camera di S. Paolo, attraversa il Duomo e arriva nell’Abbazia di S. Giovanni Evangelista. Bisogna sottolineare il fatto che il libretto non presenta “caratteri”, ma “allegorie” e come tali è necessario affrontarle, contrariamente all’uso invalso negli allestimenti frutto di Konzeptregie. Proprio per allontanarci da questo pericolo e dal rischio di banalizzazione insito in questa visione, abbiamo scelto di muoverci all’interno di un luogo sacro, immaginando di far dialogare il presbiterio della Chiesa di San Giovanni con l’azione scenica».
«Il messaggio racchiuso nelle parole del Cardinal Pamphilj è assai severo, una medicina amara cui la musica di Händel ha dato un abito di zucchero. La situazione dell’Europa agli inizi del Settecento, d’altronde, faceva presagire il peggio, come poi sarebbe accaduto con la Guerra d’Indipendenza in America e con la Rivoluzione francese, ma anche con l’affermazione della potenza inglese sotto il governo whig. La dimensione politica dell’opera del Cardinale diventa una severissima lezione verso coloro che hanno la responsabilità del governo del mondo, portandoci perfino a immaginare che Tempo e Disinganno rappresentino la Weltanschauung nord europea luterana e calvinista, mentre Piacere e Bellezza il cattolicesimo rinascimentale e barocco mediterraneo. Pare, infine, che il Cardinale voglia trovare un accordo con la severità religiosa nordica piuttosto che con il cinismo mercantile plutocratico dei whigs inglesi».
Come è riuscito a fare incontrare il senso drammaturgico racchiuso nell’andamento musicale di Händel e lo sviluppo della dimensione spaziale nel quadro scenico rappresentato dagli spazi dell’Abbazia?
«Non scordiamo che il libretto è stato scritto da un Cardinale, un Pamphilj, famiglia fra le più importanti di Roma, insieme ai Ruspoli e ai Colonna. Restituire una dimensione di “sacralità” è stata una scelta, non necessaria, ma utile per inquadrare la complessità di un’operazione teologica, letteraria, edificante, politica, eliminando le semplificazioni incentrate sulla “gioventù bruciata” e tenendo alto il livello del confronto con il contenuto ed il significato dell’opera. La decisione di sostituire un altare con uno specchio, simbolo rinascimentale e barocco dell’edonismo – ma anche della parola di Dio – che mescola sia la visione del falso come del vero, ha esaltato lo scontro insito nell’opera, il contrasto tra Piacere e Bellezza da un lato, Tempo e Disinganno dall’altro».
«Prendiamo ad esempio l’ultima aria, Tu del Ciel ministro eletto: proprio per la dimensione spaziale rappresentata dall’area del presbiterio, abbiamo la possibilità di allontanare la tentazione di ricorrere a facili “mezzucci”, facendo riacquistare al brano la struttura di un giuramento, cui Händel ha dato melancolia nei confronti di un’epoca che viene abbandonata e perduta».
Per un approfondimento relativo alle problematiche storiche, musicologiche, teologiche e teatrali sollevate dall’oratorio di Händel, domenica 27 giugno alle ore 17.30 presso la Biblioteca dell’Abbazia di San Giovanni Evangelista avrà luogo Voglio Tempo! Conversazione intorno all’oratorio del Cardinal Pamphilj musicato dal caro Sassone con la partecipazione degli stessi Fabio Biondi e Walter Le Moli, oltre a Luca Della Libera e Lorenzo Montenz. Tutte le informazioni sono disponibili sul sito www.teatrodue.org.