Proposta in prima nazionale lo scorso ottobre, la produzione di Lenz Altro stato sarà in scena alla quarantanovesima Biennale - Festival Internazionale del Teatro, che si svolgerà a Venezia dal 2 all’11 luglio. Un significativo riconoscimento per la fondazione che ha sede a Parma e che si contraddistingue da sempre per la sua originale ricerca sul linguaggio teatrale.
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Una realtà che la direzione di Stefano Ricci e Gianni Forte hanno voluto appunto coinvolgere nel cartellone della prossima Biennale Teatro, ospitando negli spazi dell’Arsenale l’assolo interpretato dall’attrice sensibile Barbara Voghera e tratto da La vita è sogno di Pedro Calderón de la Barca.
Una opportunità che ci è parsa un’ottima occasione per fare qualche domanda a Maria Federica Maestri e Francesco Pititto, artefici fondamentali della vita creativa di una fondazione della quale curano da anni con passione e dedizione la direzione artistica.
Partiamo dalla bella notizia: la partecipazione di Lenz alla Biennale di Venezia nell'ambito del quarantanovesimo Festival Internazionale del Teatro, in programma dal 2 all’11 luglio. Si tratta di un importante riconoscimento che arriva nonostante il periodo problematico che stiamo attraversando. Come vi state preparando a questa trasferta veneziana?
FRANCESCO PITITTO: «In realtà eravamo già a Venezia da un paio di mesi, Maria Federica dirigeva un corso intensivo allo IUAV per il dipartimento Teatro e Arti performative. Un’esperienza davvero importante per gli allievi e per Lenz, che ha permesso l’articolazione di un programma fitto di apprendimento dei linguaggi e di pratica creativa a diversi livelli. Io ho tenuto una lezione nelle prime fasi su “Imagoturgia e trasfigurazione”, poi Maria Federica li ha guidati nella regia, nella drammaturgia, nell’installazione site-specific – i tre esiti finali sono stati presentati alla Giudecca allo spazio Cosmo e a Dorsoduro nell’ex convento delle Terese. Poi, nel mentre, è arrivato l’invito alla Biennale Teatro per luglio».
A Venezia porterete Altro stato, pièce ispirata a La vita è sogno di Calderón de la Barca e interpretata dall’attrice sensibile Barbara Voghera. Ho avuto l'opportunità di seguirne la messa in scena lo scorso autunno e ricordo un’intensità espressiva pregnante, in cui anche l’aspetto sonoro e musicale rivestiva un ruolo non marginale bensì integrato con la struttura drammaturgica. Quali sono i principali caratteri di questo lavoro? E come avete immaginato il ruolo della presenza sonora?
MARIA FEDERICA MAESTRI: «Altro stato è uno dei tre assoli che introducono la grande creazione site-specific de La vita è sogno all’Abbazia di Valserena, prevista per giugno prossimo, a conclusione del progetto pluriennale Il Passato imminente, ideato e realizzato per Parma Capitale italiana della Cultura 2021. Abbiamo iniziato nel 2018 e nel 2019 con due autos sacramentales al Complesso Monumentale della Pilotta – il primo nella Sala delle Colonne e nel Teatro Farnese e il secondo nell’Ala nord della Galleria Nazionale – e nel 2021 nel perimetro esterno dell’Abbazia di Valserena, presenteremo La vita è sogno, il dramma più conosciuto e più direttamente connesso con i temi della contemporaneità, come la questione del libero arbitrio, della sofferenza nella costrizione, della disillusione di fronte alla morte».
«La musica composta da Claudio Rocchetti per tutte le creazioni del progetto di Lenz ha seguito passo a passo ogni passaggio drammaturgico, in risonanza con gli spazi monumentali, con la classicità e la traduzione musicale in dialogo con il succedersi dei testi, delle azioni, sempre in sintonia con le caratteriste individuali dei performer, che fossero attori sensibili o bambini o anziani o attori con grande esperienza. In particolare, in Altro stato, la sonorità aspra, dura e potentissima di Barbara Voghera è stata “trafitta” dalle sonorità fredde, fantasmatiche, contemporanee di Rocchetti e dalla perfezione barocca di alcuni brani delle Variazioni Goldberg di Bach, in un dialogo drammatico tra il monumento musicale e il monumento umano nella sua condizione di massima fragilità. Barbara, poi, è un unicum artistico. È stata Clarino, il gracioso o fool calderoniano, nel 2003 alla prima messa in scena del dramma, è stata in tournée in Spagna nel festival più importante del teatro del Siglo de Oro, è stata il Mondo ne Il grande teatro del mondo, e di nuovo Clarino in co-esistenza con Sigismondo il protagonista de La vita è sogno, in questo assolo invitato alla Biennale. Oltre naturalmente insostituibile presenza in numerose altre creazioni, una per tutte: Hamlet Solo al Teatro Farnese nel 2019».
La vostra realtà rappresenta un esempio originale e consolidato di ricerca e sperimentazione sul linguaggio teatrale, o meglio sui linguaggi che concorrono a costruire quel sistema espressivo complesso che è, appunto, il teatro. Qual è oggi la visione estetica che connota il vostro lavoro di ricerca?
FRANCESCO PITITTO: «Premesso che la nostra ricerca artistica è in continuo movimento e mutamento, come del resto la ricerca scientifica, non si è mai certi di aver raggiunto un risultato definitivo, tutto muta in un battito di ciglia. Però, certo, l’importanza dell’immagine rimane essenziale nel confronto del corpo reale, del corpo umano che rappresenta se stesso di fronte ad altri esseri umani con i quali entra in relazione empatica e visiva, e poi la questione dello spazio scenico che, per Lenz, entra alla pari come componente drammaturgica nella traduzione plastica dei testi indagati, piccolo o grande che sia lo spazio, il luogo, contemporaneo o storico rifrange con maggior intensità poetica la geometria complessiva del teatro».
Come tutte le realtà teatrali e culturali in generale, avete subito anche voi le conseguenze delle restrizioni dovute alla pandemia: al di là del dramma legato all'emergenza sanitaria – che, in ogni caso, va tenuto sempre ben presente – come avete “resistito” in questi mesi problematici?
MARIA FEDERICA MAESTRI: «Lavorando senza sosta e predisponendo Lenz Teatro alla totale sicurezza come indicato dalle norme, rilevando grande partecipazione sia alla presentazione dal vivo degli assoli, sia alla fruizione visuale di Mondi nuovi, una installazione di numerosi monitor dedicati, ognuno, a un singolo spettatore. Poi abbiamo richiuso e continuato a lavorare alla sistemazione dell’imponente archivio di scritti e immagini di Lenz, in oltre trent’anni di lavoro. Abbiamo vinto il bando del Ministero degli Esteri e della Cooperazione internazionale per la realizzazione di un video – La Creazione – che sta circuitando sul canale video del Ministero e in tutti gli Istituti culturali italiani nel mondo. Con questa produzione ci siamo trovati nella situazione paradossale di creare un’opera affinché vivesse una vita virtuale prima di una sua première. Poi, esteso rapporti e relazioni, laboratori, partecipato a convegni internazionali online, prove in sicurezza nelle sale fino all’impegno dello IUAV a Venezia e, infine, tanti streaming di opere integrali. Ripartiremo in questi giorni di maggio al Teatro Farnese, con Hipógrifo violento, assolo di Sandra Soncini, poi continua il complesso percorso che ci porterà a giugno a Valserena».
Guardando alla prospettiva di una ripresa delle attività culturali, quali sono i vostri nuovi progetti?
FRANCESCO PITITTO: «Penso continueremo ad indagare l’Inizio delle cose, del mondo, della vita. Con La Creazione abbiamo già iniziato un approfondimento, con la Creazione della Creazione il titolo che portava il corso di Maria Federica a Venezia abbiamo proseguito lo scavo e stimolato visioni, drammaturgiche e sonore, le Sacre Scritture saranno il nostro nuovo progetto per il futuro».